Underground

L’autodeterminazione della macchina

Ex-Machina-Movie (1)
Ex Machina

Sembra che questo 2015 sia all’insegna dei robot.
Si procede a cicli, e stavolta tocca di nuovo alle intelligenze artificiali.
Ci sono ben tre film, due dei quali, almeno, degni di nota: Automata (di Gabe Ibanez, con Antonio Banderas), The Machine (datato 2013, ma rilasciato in UK solo nel Marzo 2014, ancora inedito da noi; di Caradog W. James; segnalatomi da Lucius Etruscus) e infine Ex Machina (datato 2015, diretto dallo sceneggiatore di Sunshine e 28 Giorni Dopo, Alex Garland).

Dell’ultimo di Garland è possibile guardare soltanto il trailer, che in ogni caso mostra abbastanza da farsi una opinione superficiale.
In breve, ancora una volta volendo trattare questa materia, non ci si è discostati di un passo dall’eterno mito del golem.
Dio crea l’uomo.
L’uomo uccide Dio.
L’uomo crea il robot.
Il robot uccide l’uomo.

film-automaton-570La storia del Prometeo, del mostro di Frankenstein, che in qualche maniera ci viene riproposta, sia pur con minime variazioni, sempre contornata dai medesimi problemi. Ovvero quale sia il giusto metodo di rapportarsi al robot, se in quanto esseri umani potremmo mai provare un coinvolgimento romantico nei confronti della macchina, l’essere superati dalla potenza evolutiva e illimitata dell’androide.
Problemi che si risolvono quasi esclusivamente col conflitto finale.
Di solito è il creatore a essere spazzato via da queste intelligenze iper-sviluppate che risolvono i nostri problemi morali in un nano-secondo, decidendo senza troppi indugi la distruzione. Nostra, in quanto singolo essere vivente, e/o dell’intera specie. A seconda delle risorse e dell’indole.

Altra caratteristica comune è il sesso del robot.
In tutti e tre i casi abbiamo a che vedere con robot femminili.
L’eterno femminino meglio si presta, esteticamente, a una raffigurazione scenica, lo sappiamo.
Un robot femminile ha forme più sinuose, che stimolano la creatività del nerd, chiamiamola così, una capacità di sofferenza empatica maggiore (o almeno tale è percepita), e soprattutto, una volta posto in campo il robot donna, si può ipotizzare, o sfiorare appena, il problema immediatamente successivo alla nascita dell’autocoscienza nell’anch’essa neonata intelligenza artificiale: se questa possa in qualche maniera riprodursi.
Siamo alle soglie di una nuova specie, con tipici problemi da nuova specie.

Sono un po’ stufo dell’ennesima riproposizione. Tema che viene semplicemente trattato dai film contemporanei, sfruttato, e poi accantonato, fino al quinquennio successivo (tanto più o meno è l’intervallo con cui il cyborg viene sfruttato nell’intrattenimento).
Non uno, finora, per lo meno in tempi recenti, che abbia provato a ipotizzare un rapporto tra essere umano e intelligenza artificiale che vada al di là dell’impatto della prima ora.
Ok, è bello immaginare la nostra reazione di stupore di fronte a una coscienza che non risponda a tono solo perché programmata per farlo, piuttosto perché ha deciso di farlo.
Ma sarebbe anche ora di guardare altrove.

E se gli attuali studi sull’intelligenza artificiale ci svelano più che altro che siamo lontanissimi dal crearne una (anche insegnar loro, ai robot, a camminare è un problema, figurarsi riuscire a farli pensare; a meno che non sopraggiunga una singolarità, ovvero un colpo di… fortuna), nulla ci vieta di ipotizzare una società che sia immersa in tale materia, direi quasi compromessa con la robotica.
Un esempio è la serie svedese Akta Manniskor, che ci narra di una società prossimo-futura invasa in ogni settore da replicanti d’uso quotidiano, ma anche lì ci si sofferma a trattare dell’individualità della macchina, o di un gruppo di macchine, e della pretesa indipendenza (nel pilota), che ovviamente genera conflitto con i creatori.

Akta_manniskorInsomma, pare che l’ingrediente base di una relazione umano-cyborg sia solo e soltanto il contrasto. La nuova specie che a un certo punto pretenderà di essere lasciata in pace.
Ecco, è una visione biblica che oggettivamente non giustifico più, proprio perché tale e che quindi, più che sulla teoria e sulla reale esperienza, si basa su valutazioni istintive che non vanno molto più in là del mito, della favola.
Il golem era monito per l’uomo, di non superare mai certi confini che a lui in quanto creatura di Dio e da Esso dipendente, non spettavano.
Ma ci siamo resi indipendenti, per fortuna, da questa visione.

Ipotizzando, per un attimo, di riuscire a creare una creatura artificiale autocosciente, noi otterremmo non un essere in partenza già insoddisfatto della sua natura (perché tale, perché non abbastanza umano e per il quale le normali vie di divertimento umano sono precluse, come il sesso) e quindi contenente il seme del futuro, inevitabile conflitto. Al contrario, noi creeremmo soltanto una forma di vita. Nuova. Inedita.
Che non sarebbe nostra immagine e somiglianza, a meno che non ci si soffermi alla forma del robot, una forma umanoide, ma una vita autonoma, capace di decisioni autonome e che, sempre in teoria, dovrebbe sviluppare una capacità di giudizio nuova, diversa dalla nostra. Ma non per questo ostile.

È la nostra natura umana a limitare il nostro stesso pensiero, la nostra immaginazione, a proiettare le paure che ci appartengono in quanto specie.
A mente diversa, corrisponderebbero paure diverse, non trovate?
Al di là dei piccoli o grandi ritocchi estetici, non mi risulta che esistano esseri umani in conflitto con la loro forma, che vogliano assomigliare, che so, a una zebra o a una tartaruga.
Questo per dire che, nell’eventualità di creare un’autocoscienza, essa sarà soddisfatta/rassegnata alla forma che noi le avremo dato, sarà completa/costretta nella stessa, e svilupperà passioni e desideri diversi dai nostri, perché organicamente diversa da noi.
L’unica cosa che potrebbe imitare, salvo diversa facoltà, sarebbe la spinta all’autoconservazione e quindi diventare ostile se minacciata nella sua stessa esistenza. Ma, nel caso in cui l’intelligenza di questa creatura, essendo essa frutto di tecnologia, cibernetica e informatica, possa essere facilmente copiata e trasferita, noi staremmo creando una forma di vita slegata dalle nostre tipiche paure, soprattutto quella della fine. Quindi nemmeno l’autoconservazione sarebbe motivo sufficiente per creare questo conflitto che io, ormai, percepisco sempre più come improbabile.

THE-MACHINE_Dir_Caradog-JamesAltro discorso spetta all’interazione con la macchina, un’eventuale coinvolgimento sentimentale/sessuale con la stessa. E qui potrei citare esempi di intelligenza artificiale incorporea, come in Her, oppure corporea. Sembra divertente, per gli autori che trattano la materia, mostrare un certo scetticismo, rifiuto, rigetto moralistico, descrivendoci esseri umani in qualche maniera scandalizzati dall’idea di copulare con una macchina.
Ebbene, mi trovo a pensare che anche questa idea sia falsa e bigotta: la cosa avviene già, senza aspettare i progressi, ma seguendo soltanto la disgregazione sociale. Le interazioni con la macchina (o con le bambole al silicone) esistono già, inutile negarlo, tipiche di coloro che hanno una limitata capacità sociale. Che sia sano o meno, non è questo il punto o la sede per dibattere, resta il fatto che il fenomeno è reale.
Così come è reale, perché avviene tutti i giorni, innamorarsi di un’entità incorporea, magari un profilo utente conosciuto su facebook, e mai incontrato. Poco importa che sia una persona fisica o una intelligenza aritificiale, l’amore è vero, esiste già in quanto astrazione che non necessita di una componente fisica.

L’idea quindi è che la specie umana sia prontissima ad amare un’intelligenza aliena, spogliata magari (oltre che degli abiti) dei difetti tipici dell’umanità stessa, ma che, allo stato attuale delle cose e per tanti decenni a venire, non possa farlo.
Resta da chiedersi perché mai, una creatura altra, dotata di diversa sensibilità, come possa essere un’intelligenza artificiale, debba accettare l’amore di una creatura così fragile e caduca come quella umana. Magari ci considereranno alla stregua di gattini affettuosi, da accudire e coccolare.

Link utili:
il mio ebook che tratta di cyborg e intelligenze artificiali
i miei speciali sulla robotica

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec
    • 10 anni ago

    Interessante e stimolante. Una sola osservazione: non credo che nel caso dell’infatuazione d’un profilo Facebook, o quello che è, si possa parlare d’amore, a meno che la relazione non sia profonda e continuativa. In quel caso però, non ci sarebbe dietro un’intelligenza artificiale. Nel caso di Her, spacciano il sentimento del protagonista per amore vero, ma non mi sembra realistico, tant’è che in poco tempo la verità viene a galla e il presunto innamorato si trova di fronte alla disillusione. Potrebbe nascere un affetto magari, che so, tipo Terminator 2, anche se a senso unico, perché l’uomo è capace di cose incredibili, ma niente di più, credo.

      • 10 anni ago

      Sì, più che altro mi riferisco al fatto che ci si innamora di un profilo utente. Ok, noi sappiamo che dall’altra parte c’è una persona, ma quante volte capita che questa persona menta sul proprio aspetto, persino sul proprio sesso? Quindi sarebbe più giusto dire che ci innamoriamo di un’idea, più che di un essere umano.
      E quindi l’idea di innamorarsi di un’intelligenza artificiale non mi sembra così remota. Pur con tutte le difficoltà del caso.

        • 10 anni ago

        Io distinguerei l’amore dall’innamoramento, piuttosto. L’innamoramento non ha collocazione, infatti si può tranquillamente perdere la capoccia per un profilo fb. L’amore è un sentimento concreto, che prende forma e sostanza una volta superata quella fase di perdita di capoccia. Ci si può innamorare intensamente di qualcuno appena conosciuto e nella fase di approfondimento della conoscenza si solidificano le emozioni tramutandole in amore, oppure il tutto scoppia in una bolla di sapone.

        • 10 anni ago

        Probabilmente.

        • 10 anni ago

        Capisco, è allora l’idea di amore che bisogna definire. Innamorarsi di un profilo, se per amore si intende un amore profondo, di quelli che ci sono tra le coppie migliori che stanno insieme tutta la vita e bla bla bla, mi sembra un po’ difficile. Se per amore invece si intende quel sentimento che nasce e non ci fa capire più niente nell’immediato, irrazionale, che una volta svanito ci fa sentire spaesati e degli imbecilli, allora forse sì.
        Però, oh, chi lo sa, qui parliamo di fantascienza, magari arriverà un’intelligenza artificiale in grado di “tenere” anche dopo la disillusione.