L'Attico

La strada

povertà
Povertà, Käthe Kollwitz (1896)

Capita che, dopo tanti anni online, si smarrisca il senso e il significato di ciò che si sta facendo.
E no, non parlo dei motivi sacri e inviolabili che vi hanno spinto a aprire un blog e a scriverci su per tutto questo tempo, come se fosse una missione assegnatavi dall’Altissimo o da qualche divinità ctonia, mi riferisco, piuttosto, allo smarrire tutto ciò che si è riusciti a fare, da soli (ché siamo tutti soli, qua online, così come sul cuore della terra). E capita che, guardandosi indietro, si scopra di aver fatto un sacco di cose interessanti.
Nonostante tutto.
Cose sulle quali, come da prassi, nessuno avrebbe scommesso neppure un centesimo.
Perché la gente fa così: è stata forgiata per minimizzare, quando non spalare tonnellate di merda, su chiunque provi qualcosa di diverso.

“Tanto non funzionerà”
“Non perdere tempo”
“Stai solo sprecando soldi”
“È tutto inutile”

La specie umana è davvero strana.

Perché lo sapete, come funziona. Gli altri esseri umani, vedendovi impegnati in qualcosa che non comporti uno sforzo fisico, o orari rigidi o una paga fissa, bollano tutto come una stronzata.

Scrivere storie e pubblicarle? Stronzate.
Scrivere un blog e guadagnare coi propri articoli e con la pubblicità? Stronzate.
Scrivere una sceneggiatura e far diventare la propria opera un film? Stronzate.

Meglio se vi trovate un lavoro serio. Vero. Faticato (ché la scrittura non è faticata, no? A quanto pare no).

Altrimenti non siete neanche fottuti esseri umani.
Be’, alla luce di ciò che invece vuol dire “esseri umani”, allora no, forse non lo sono.
Non lo sono mai stato, umano.

Lo sapete, no? Ci siamo passati tutti noi che coltiviamo aspirazioni letterarie.
Noi facciamo stronzate.
Loro no, loro sanno vivere. Loro fanno quello che conta davvero.
Che poi, se gli domandi cosa sia, tutta ‘sta cosa importante che fanno, non lo sanno manco loro.

Eppure, riflettevo stamattina al volante, nella vita la cosa che conta è la coerenza.
Quella ripaga sempre. E comunque.

La sfiga atavica riversata addosso da quelli che proprio non vogliono capire che la scrittura è un lavoro e come tale va pagata cessa di colpo di esistere. Le raccomandazioni di “non pensare a queste stronzate” e di “dedicarsi a qualcosa di serio” pure.
O, se proprio non scompaiono, si abbassano molto di tono. Perdono consistenza, efficacia, danno meno fastidio.

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Seizing Arms, Käthe Kollwitz (1902)

Quando accade? Quando si parla finalmente con un lettore e questo ti dice che sì, ha capito cosa volevi scrivere e che tu, con le tue stronzate narrative, gli hai fatto e gli fai passare delle ore molto belle.
Riuscire a far sentire bene la gente con la tua scrittura.
Ecco, questa è una cosa importante.
E bella.
Ed è una cosa che, mi spiace, ma pochi privilegiati possono provare.
Non certo quelli dell'”è tutto inutile”.

Così come riuscire a farla sentire impaurita, sognante, a scuoterla con le tue visioni narrative. Tutte cose bellissime.

Cinque anni ci sono voluti. Cinque anni di quotidiana scrittura su questo blog.
E solo adesso, in procinto di varare una serie di nuovi progetti nei quali credo fermamente, posso dire di essere soddisfatto di aver ignorato tutta quella gentaglia (non abbiatene a male, non posso chiamarli in altro modo, questi esseri capaci soltanto di rovinare la vita agli altri soffocando la altrui libertà espressiva e sognatrice) che mi sussurrava all’orecchio di lasciar perdere, ché la mia scrittura non sarebbe mai stata capita e apprezzata, tanto meno letta.
Avrei altre parole da dirvi e consigli peripatetici da dispensarvi, ma preferisco lasciarvi nella merda intellettuale in cui siete e rimarrete, voi consiglieri fraudolenti di vita, ladri di speranza e assassini.

È quella frustrazione, così magistralmente descritta dai Beati Lotofagi nella intervista a loro dedicata dal Tritacarne.
La frustrazione di chi ha vissuto e vive aggredendo il prossimo, anziché veicolare tutta questa energia in un atto creativo.

Ecco, mi sono ritrovato a scoprire il piacere della creazione. Piacere magnifico, che in pochi possiamo comprendere.

No, non sono arrivato a destinazione. Men che mai sono fatto e finito. Forse non lo sarò mai, forse al contrario lo sarò tra breve. Ho un sacco di problemi, e bollette da pagare, come tutti. Ma non importa. Non è a questo che mi riferisco.
Piuttosto, importa sapere che tutte le energie investite in questi anni di “stronzate” sono state recepite da alcuni. E apprezzate.
E magari sperare che questi pochi divengano molti.
Importa sapere di aver mantenuto, in tutto questo percorso, integrità e incorruttibilità. Di non essersi svenduti per un sorriso, per una recensione amichevole, per un fottutissimo link.
È davvero, davvero importante.

Per cui si continua.
Si continua con questo blog. E presto con uno nuovo di zecca.
Si continua a scrivere ebook, presto arriveranno altri due titoli.
Si continua con la mia attività di editor e correttore di testi.
Si provano altre strade mai tentate.
Solo i fessi si fermano frignando che tutto è perduto. Soltanto loro.
Lasciateli piangere. E lasciateli indietro.

Noi altri, se volete, proseguiamo la nostra strada.

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec
    • 10 anni ago

    una sferzata di energia mi serviva…thanks!

      • 10 anni ago

      😉

    • 10 anni ago

    Lo sai? Mi viene in mente un’immagine comico-lamarkiana (o satirica, forse). Un tizio che prende a martellate in testa le giraffe per impedirgli di allungare il collo. È quello che capita a chi vorrebbe scrivere, disegnare, fare qualcosa di creativo o ha aspirazioni diverse dal brucare i soliti cespugli e magari vuole assaggiare le foglie di acacia, anche se i rami hanno le spine.

      • 10 anni ago

      E non c’è niente da fare, eh. Qualunque cosa ci si appresti a fare nella vita vogliono sempre spezzarti le gambe con la loro sfiga.

    • 10 anni ago

    leggere questi post mi conforta. O non sono pazzo o siamo almeno in due ! 😀

      • 10 anni ago

      forse siamo molti di più

    • 10 anni ago

    A volte mi chiedo come facciano a non sentirsi vuoti certi figuri. Forse tirare merda a chi fa qualcosa di ”strano” riempie questo vuoto. Boh.
    Ieri ho letto il libro nuovo di Zerocalcare, che racconta la storia della sua famiglia. Ho pensato che sto tipo di trent’anni s’è messo a fare fumetti e ora riesce a campare di questo, quando tutti fanno le facce di cazzo ogni volta che gli chiedono ”Che lavoro fai tu?” e ricevono come risposta ”Faccio fumetti”. In pratica vive di quel che gli piace fare. Pensavo anche che lo fa bene, perché … cavolo io mi ci sono emozionato a leggerlo, e pensare che uno sconosciuto riesca a creare qualcosa e trasmetterlo a te, che non l’hai manco mai visto in faccia (beh in realtà sì in questo caso) è incredibile.
    Perché non ci provano tutti a creare qualcosa? Anche un cazzo di blog, anche due righe ogni tanto. E’ così… non lo so, incredibile quello che viene fuori buttando giù nero su bianco. E’ bello riconoscersi in altra gente, e venire stupiti.

    Mi sono lasciato andare un po’. As usual.
    Mi piace sto posto.

      • 10 anni ago

      Perché quelli che provano a evadere dal sistema, o ad aggirarlo, o a camparci bene lo stesso, magari divertendosi e non lamentandosi della squadra di calcio che non va o delle bollette da pagare vengono visti come alieni.
      O come emarginati.
      O anche solo diversi.
      E i diversi danno fastidio.
      Per cui devono essere messi al loro posto.

      È sempre la stessa storia.