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La storia di Grace

La storia è la materia più affascinante e preziosa che abbiamo.
A spulciarla, ci si rende conto di quanto il nostro comune immaginario debba a ciò che non è stato mai immaginato, ma che, al contrario, si è puntualmente verificato.
Hai voglia a scrivere personaggi femminili eroici che la cattiva letteratura ha privato e priva di attributi squisitamente femminili e ha lasciato andare alla deriva macchiettistica.

Proviamo a immaginare una storia. Anzi, un periodo storico in cui ci sono i pirati. In cui si combatte con le armi da fuoco, ma anche all’arma bianca.
Proviamo a immaginare una donna, una regina, in un mondo maschile. Elisabetta I.
E la sua controparte, la regina dei pirati, una donna, possibilmente, persino più forte di Elisabetta. Ché spuntarla e ottenere il rispetto di ciurme di tagliagole pare essere impresa assai più epica e difficile che sovrastare una corte di quarti di nobiltà in scadenza genetica.

Ecco, Grace O’Malley.
È esistita, è, oggi, giustamente, un’eroina in Irlanda.
Nata nel 1530, in un clan di pirati irlandesi. Già il nascere in un clan di gente di mare, che dominava l’area di Clew Bay, e che faceva affari sia leciti, commerciando con Francesi e Spagnoli, sia illeciti, depredando occasionalmente vascelli inglesi, precipita il tutto in un’atmosfera fiabesca.
Un mondo di albe veloci, assalti, salve di cannoni e ricche prede che, una volta sventrate, venivano lasciate colare a picco, come monito.
Un’era che, a tutt’oggi, immaginiamo con difficoltà.

Eppure Grace è esistita, nata in mezzo a questo caos da suo padre Owen, che del clan O’Malley era il capo. I clan sono un affare serio. Come serissime sono le dispute tra clan. Queste cose finiscono per portarsele dietro per generazioni.
Grace era una futura sposa, una risorsa. Un mezzo per guadagnare prestigio.
Si sposò due volte, e due volte riuscì a trarne vantaggio personale. Non già utensile vivente per garantire al suo clan un arricchimento, ma Regina del proprio ereditato clan, che lei non aveva alcuna intenzione di regalare a suo marito.
Anzi, era lui, loro, che portava a lei dei doni, dei vantaggi, che le garantiva il potere.

Il primo marito le portò in dote la sua prima nave, un vascello da combattimento. E un castello.
Grace aveva 23 anni, all’epoca.
Era già diventata vedova. E aveva una nave tutta sua. E un castello.
Anni dopo, nel ’67, a trentasette anni, età che ne faceva all’epoca qualcosa di più che una megera, divorziò dal secondo consorte e finì per guadagnarne un secondo castello e, in qualche maniera, anche la futura lealtà del suo ex.

Centinaia di uomini erano al suo servizio, imbarcati su decine di navi.
Dal castello di Rockfleet e Clare Island, Grace deteneva il dominio sulla Clew Bay, spesso pretendendo dazi per il diritto di transito nel territorio del suo clan.

Una cosetta sobria

Una dura. Molto di più di qualunque altra dura abbiate mai conosciuto o immaginato.
Testimonianza della sua durezza è l’aneddoto che la vuole puerpera sulla sua nave, che nel frattempo ha ingaggiato battaglia con un veliero turco.
I turchi dilagano sul ponte e Grace, che ha partorito il giorno prima, esce come una furia dalla sua cabina, imbracciando due archibugi.
Mira agli ufficiali, ovviamente, e sventagliando con entrambi i tromboni li falcia, gettando il panico nelle fila nemiche. I turchi battono in ritirata e lei, a sua volta, si ritira in cabina, per riposare.

E infine, gli inglesi.
Gli affari inglesi arrivavano anche in Irlanda, la Corona voleva irrobustire il controllo dell’isola verde e Grace era il potere con cui fare i conti, ché ovviamente gli O’Malley erano un clan che di sottostare alle pretese degli inglesi non ne voleva proprio sapere.
Un clan contro una nazione. Il risultato sembra scontato.
E sebbene la Clew Bay fosse divenuto l’incubo della Marina anglosassone, vulnerabile alle tattiche di guerriglia piratesca degli O’Malley, le risorse della Corona erano infinite.
Gli inglesi, dopo innumerevoli batoste, nel 1574 sferrarono un’offensiva inarrestabile. Decine di navi e soldati vennero inviati al Rockfleet castle per stanare la “Regina” rossa.
Vennero respinti. Una sconfitta umiliante.

Eppure, gli inglesi avevano appena nominato Sir Richard Bingham governatore di quella zona d’Irlanda. Bingham fu avversario temibile, uccise il primogenito di Grace e ne imprigionò il secondo, e arrivò a prendere il controllo del Rockfleet Castle.

Le storie della forza di Grace, del suo genio militare, forse addirittura l’aneddoto dei turchi e degli archibugi, erano arrivate alle orecchie della Regina d’Inghilterra. E quindi avvenne l’incredibile, nonostante Grace fosse in ginocchio, chiese e ottenne, contro il parere dello stesso Bingham, udienza con Elisabetta I.

Incontro che si tenne nel 1593, nel Palazzo di Greenwich.

Il climax del romanzo che avremmo voluto scrivere. L’incontro tra due donne iconiche, tra due anomalie culturali.
Secondo le cronache fantasiose, Grace rifiutò d’inchinarsi, “perché non avrebbe avuto senso, tra pari grado”.
Ciò che è certo è che Grace perorò la sua causa contro Bingham e, in qualche modo, riuscì a convincere Elisabetta a far rilasciare il suo secondogenito e a riottenere il controllo del suo castello e delle sue terre, in cambio, ovviamente, di ciò che Grace sapeva fare meglio: aiuto militare navale, contro i nemici della Corona.

Entrambe le parti furono soddisfatte, e l’accordo venne ratificato.
Grace era ormai vecchia. Morì dieci anni dopo, nel 1603, lo stesso anno della Regina.

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