Pittore dalla California del Sud, Michael Hussar ha insegnato per circa dieci anni ritrattistica all’Art Center College of Design di Pasadena, e continua a farlo in giro per gli Stati Uniti e l’Europa.
Vive a Roma.
Guardando certi suoi dipinti, non è una sorpresa.
È specializzato nella pittura a olio.
La prima cosa che mi viene da dire, ammirando le sue creazioni è: la sostanza di cui sono fatti gli incubi.
Davvero, si fa molto parlare della comunicazione di un’opera d’arte. Quel “Che ti comunica?”, come se fosse una qualità irrinunciabile, dell’opera, farsi latrice non di solo messaggio simbolico, ma d’emozione.
Ecco, i lavori di Hussar colpiscono su più livelli, probabilmente spaziando dal reame conscio, a quello istintivo, ferale.
Chi possiede una cultura umanista non potrà fare a meno di notare i riferimenti classici di certi suoi lavori, a cominciare da questa vasca da bagno colma d’acqua scura, sulla quale galleggiano mele, usata forse da un orco, sistemata su un prato di papaveri.
Simbolismo, quindi, che fa ricorso a elementi noti: la presenza del cigno, oppure la (ma)donna col bambino, intrisi in ogni caso di sfumature sulfuree.
Se proprio volessimo esagerare nell’interpretazione, riferendoci alla donna con l’infante potremmo notare il copricapo di quest’ultimo, a spirale, simbolo dell’eterno ritorno, e il fiore di loto della figura femminile, stretto al petto quasi a simboleggiare una ferita mortale, nonché il velo funebre che ne ricopre il volto.
Ma queste, come detto, sono suggestioni che possono derivare solo da un substrato di studi umanistici, che tuttavia non è essenziale. Perché i dipinti a olio di Michael Hussar colpiscono anche a un livello immediato, superficiale, come magli.
Soffermatevi a guardare i suoi ritratti, ritrattistica per la quale è celebre, c’è del morboso, in questa serie di volti che mangiano gelati (?) di sangue (le Cherry Pie). Quasi fossimo in presenza di demoni, pallidi perché lontanissimi dalla luce di Dio, ma che pasteggiano col sangue dei dannati.
I lineamenti sono subdoli, sovrannaturali, tanto simmetrici da sconvolgere. la loro perfezione risulta, per l’appunto, disturbante. Impossibile, a meno di non essere morti, restare impassibili di fronte a tali creature.
Creature che dimorano nell’immaginario di Hussar, ma che è come abitassero anche nel nostro e, grazie a lui, venisseno alla superficie.
Vediamo medici di qualche olocausto, sacerdoti dell’Anticristo dal naso menzognero e dal crocifisso capovolto,
Il tutto affidato a una luce che non nasconde niente, ma che sembra anzi pretendere di spogliare queste creature di ogni mistero. È il sovrannaturale che si mette in posa e ci innervosisce attraverso proporzioni e colori che pure ci sono familiari, ma che non sono mai stati impiegati in questa forma e in queste sfumature.
Una serie di creature al di là del bene e del male, che fanno della loro perfezione uno spettacolo osceno, sovvertendone la semantica.
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