A volte, direbbe Freud, una scazzottata è solo una scazzottata. Senza che dietro di essa ci debbano essere significati reconditi, o che la lotta in sé debba essere per forza considerata metafora del confronto sociale.
E tuttavia, Essi Vivono (They Live) è un film fortemente simbolico, critico e satirico.
Impossibile, quindi, non intravedere nel confronto fisico tra Nada (Roddy Piper) e Frank (Keith David) un dialogo. Dove, al posto dell’abilità retorica, la persuasione dell’altro e la difesa delle proprie posizioni vengono esercitate tramite la violenza fisica.
La scena fu coreografata dai due attori, con Roddy Piper che, essendo wrestler di professione, la caricò di mosse tipiche, come fossero sul ring.
Altri tempi, carichi di sfumature che hanno del surreale: immaginate John Carpenter su in ufficio, insieme a produttori, assistenti e altri membri della troupe a discutere sul girato, e Piper e David giù nel vicolo, che poi è il vicolo che si vede nel film, proprio lo stesso, situato sul retro degli uffici della Alive Films, materassi stesi a terra, a esercitarsi, picchiandosi senza sosta.
La scena doveva durare tanto, perché Carpenter voleva renderla memorabile tanto quanto quella di Un Uomo Tranquillo di John Ford, tra John Wayne e Victor McLaglen.
Sei minuti di lotta senza tregua, quindi, dove i due contendenti difendono posizioni antitetiche:
– Nada vuole aprire gli occhi al suo amico, tramite quel paio di occhiali che consentirà a quest’ultimo di vedere, per la prima volta, la realtà per ciò che è
– Frank che si ostina, per puntiglio, a non voler indossare quegli occhiali
La lotta è la prima e l’ultima forma di dialogo.
Ma il segreto dietro questa scena è non tanto la difficoltà che Nada incontra a rivelare la verità, quando la pervicace ostinazione di Frank a pascere beato nell’ignoranza.
D’altronde, c’è una logica ben precisa alla base di questo rifiuto: se ti hanno mentito per tutta la vita presentandoti una realtà distorta, questa sarà per te l’unica realtà possibile. Negarla vuol dire essere pazzi. Da qui la reazione violenta, ineccepibile, naturale.
Al di là del fatto che le due figure trascendono così i limiti fisici sublimando in veri e propri simboli di intere classi sociali, dove pochi ardimentosi predicatori tentano con ogni mezzo di mostrare ai ciechi la verità e vengono da questi derisi e osteggiati, il duello è caratteristica di una specie, quella umana che, pur soffrendo, non ama il cambiamento, ma lo rifugge sempre, e che lo accoglie al contrario solo quando imposto e/o inevitabile: un gioco del fato.
Qualcosa del genere lo vediamo, anni più tardi, nella celebre scena delle due pillole, rossa e blu, offerte da Morpheus a Neo, in Matrix (1999), che è in nuce l’intera filosofia del primo capitolo della trilogia.
Una menzogna che occupa lo spazio di una vita è pur sempre preferibile allo sfacelo e alla desolazione che si presentano davanti ai nostri occhi, una volta compresa, o vista, la verità.
E c’è dell’altro. Dopotutto stiamo parlando, in ogni caso, di una distopia. Essi Vivono si presenta ai nostri occhi, prima di indossare gli occhiali, già come una distopia: tasso di disoccupazione elevatissimo, pubblica amministrazione disfunzionale, classe al potere disinteressata al benessere dei dipendenti e alla loro sorte, ormai ammassati in bidonvillae, al di sotto della soglia di povertà.
Poco importa che quella distopia i cittadini statunitensi, nel 1988, ce l’avessero fuori dalle finestre, più reale del reale, o che noi italiani ed europei, nel 2015, ce l’abbiamo giù in strada, essa è comunque una distopia, uno scenario utopico, negativo e venefico negli aspetti più sottili e determinanti, che venuti a mancare minano la conservazione della dignità umana.
Ma, nonostante lo scenario dominante (e falso) sia per l’appunto negativo nell’essenza, lo spirito dell’uomo è stato, nel frattempo, talmente bastonato da essere ormai inerte, fino al paradosso che conduce ad accettare supinamente uno status quo dannoso e asfittico, visto come assolutamente reale e perciò stesso ineluttabile.
Coloro che, come Frank, rifiutano di indossare gli occhiali non lo fanno perché vittime del sistema, ma perché di quel sistema sono finiti per diventare complici involontari, dal momento che sono stati educati a ritenerlo l’unico sistema possibile.
Non esiste, per Frank e per quelli come lui, altro modo di vivere.
E di certo, un paio d’occhiali scuri non cambierà nulla.
Una consapevolezza che custodisce dentro e dietro di sé un’amarezza insondabile, probabilmente la stessa che provava John Carpenter rispetto alla società coeva, e che ha voluto trasmetterci con quella scazzottata.
Nessuno, a meno di non aver fatto germinare dentro di sé il seme del dubbio, indosserà mai quegli occhiali solo perché un altro ci domanda di farlo.
Ecco perché gli alieni hanno vinto.