È con vero piacere che oggi vi parlo di Pawel Kuczynski.
Polacco, del 1976. Mio coetaneo.
Ed è importante, perché siamo cresciuti con le stesse suggestioni, impresse nelle nostre coscienze dal medesimo periodo storico, seppur vissuto a diverse longitudini.
Ancora più importante, abbiamo visto i cambiamenti sociali dell’internet con la stessa mente, avendo trascorso lo stesso tempo, su questa roccia.
Magnifiche.
Avrei ben poco da aggiungere per introdurre le illustrazioni di Pawel Kuczynski.
Quando la scorsa volta si parlava di arte come puro fatto estetico che non sottrae dignità all’opera in quanto tale, qui, nelle tavole di Pawel Kuczynski, assistiamo a una profondità di significato infinita, agli antipodi, ottenuta attraverso singoli oggetti di uso quotidiano.
È la realtà che ci circonda, reale o virtuale, quella in cui siamo immersi, in cui, per l’appunto, siamo cresciuti.
Ancora di più, Pawel Kuczynski non scopre significati reconditi. In un certo senso si limita a mettere a fuoco ciò che per noi tutti è palese, forse a un livello inconscio, ma sempre e comunque evidente.
Eppure, eppure, siamo così assorbiti da questa distopia da non arrivare a immaginare un’alternativa.
A cominciare da facebook, uno dei soggetti preferiti da Kuczynski quando si tratta di mettere in azione il fuoco sulla realtà.
Facebook è l’illusione di conoscenza, è “arma” contro il vero potere (come se già l’idea di considerarla un’arma non fosse già abbastanza ridicola), è la nostra finestra sul mondo reale, quasi sempre preferita rispetto al mondo reale, è il nostro confessionale dove ci viene sussurrato costantemente che la nostra privacy è al sicuro, garantita contro le ingiustizie del mondo.
Ma non solo facebook. Facebook è solo l’ultima stortura, in ordine di tempo. Ci sono mali e ipocrisie antiche, sempre quelle: i liquami che sono i discorsi dei politici, che dal pulpito finiscono dritti nella fogna:
la scalata sociale della donna nel mondo del lavoro, che passa da sotto la scrivania di un uomo. Ancora oggi, nonostante le chiacchiere:
il popolo gregge che va dove c’è l’erba:
c’è chi appicca incendi, l’unico sistema, in un inferno di siccità e fiamme, per avere un po’ d’acqua:
i bambini ricchi e quelli poveri, e un modo di giocare che riecheggia di disparità sociali nell’età adulta:
e infine, la più forte, forse, di sicuro la mia preferita: i disabili mentali, che rifiutano a priori la difficoltà della conoscenza, e si accontentano di asssorbire passivamente le informazioni che altri hanno preparato per loro:
Queste sono solo alcune delle decine e decine di bellissime creazioni di Pawel Kuczynski, un cantore dell’età contemporanea. Bella, folle, brutta che sia, non importa. Ce la siamo inventata noi, abbiamo permesso noi che attecchisse, che scandisse il ritmo delle nostre vite, che le rendesse piccole piccole, in certi casi, o false, nel migliore di essi.
Perché se non si ha la forza di cambiare le cose, che almeno le si chiami per ciò che sono in realtà.
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LINK UTILE:
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