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La Regina della Costa Nera

C’era un omone texano, si chiamava Robert e faceva lo scrittore. Per qualche strano motivo, questo gigante alto un metro e novanta era sfortunato con le donne. Vuoi per carattere, vuoi per le circostanze. Nel 1934 Bob aveva ventotto anni, e tutti, non solo lui, erano poco felici. Forse la colpa era ancora della Grande Depressione di sei anni prima. In Texas, tra polvere e deserto e moralità d’accatto, il clima di frontiera e solitudine, magari quel senso di estraneità culturale era ancora più accentuato.
Vennero fuori molti scrittori in quegli anni difficili. C’era chi addirittura pur di mangiare qualcosa e riuscire a mettere da parte i soldi per un viaggio a Parigi, era disposto ad andare in California a raccogliere le arance, o a far prostituire la propria donna.
Parigi era il sogno di completezza, l’esame di maturità con la vita e la scrittura.
Quest’ultima, come l’arte, era una cosa seria.
E Bob? Bob se ne stava laggiù, nel suo Texas, scambiando carteggi con gli amici, gente che con le rispettive vedute avrebbe in seguito condizionato il fantastico del loro e del secolo a venire.
Si stava facendo, insomma, la storia. Non tutta e non importante come quella di circa dieci anni più tardi, ma un pezzettino di storia sì, lo si stava scrivendo.
L’aspetto più bello di tutta la vicenda è che, come sempre accade, coloro che la storia la scrivono, ne sono inconsapevoli.

***

[contiene anticipazioni]

La Donna

Bob sognava una donna. La sua, e quindi anche di Conan, il suo alter-ego. Quella donna la conoscete tutti. È nel cuore di tutti gli uomini, diversa per ciascuno di noi. Non è quasi mai quella che riusciamo a fare nostra perché lei è, per antonomasia, irraggiungibile.
Questa donna è Bêlit, la Regina della Costa Nera (“Queen of the Black Coast”, 1934). Mi piace pensare che Robert l’abbia vista in strada, magari a bordo di un autobus, mentre partiva diretta chissà dove, per cambiare vita. L’abbia vista e ne sia rimasto folgorato.
E che, da quel pallido incontro univoco, lui ne abbia tratto talmente tanta energia che abbia deciso di darle un nome e di concederle un racconto epico col quale consegnare l’idea che aveva di lei, il suo simulacro, all’eternità.
Conan, qui più che in altri racconti, è un ancora un ragazzo. Forte, più forte di tutti quanti gli uomini civilizzati, e ignorante. Puro, se si può dire, nel suo essere ancora grezzo e inattaccabile ai vizi della società.
Sceso dai monti della Cimmeria, vive alla giornata vendendo la sua spada, inconsapevole, da buon barbaro ingenuo, persino del proprio effettivo valore. S’è messo nei guai per difendere i propri princìpi contro le sottili manipolazioni della giustizia del mondo civile e ha trovato rifugio, lasciando dietro di sé una scia di sangue, sull’imbarcazione di Tito, un mercante diretto da Argos verso sud, verso i Regni Neri, le calde regioni equatoriali sconosciute, dove prolificano leggende oscure, terrore e superstizione.
Nella sua rotta, la nave di Tito incontra i primi segni di devastazione lasciati dalla Regina della Costa Nera e dalla sua galera da guerra, la Tigre.
Mentre Conan lo ammiriamo fin da subito descritto con dovizia di particolari e tratteggiato come un uomo allegro e gaudente, per quanto pervaso della folle ira che lo trascina in battaglia, di Bêlit giunge prima il suo mito, la paura che ella instilla nel cuore dei naviganti. Le parole prima del corpo. Non è la prima volta che Conan personaggio si fa da parte di fronte a comprimari più grandi di lui.
Lei è lì vicino, e guarda quella nave come un preda tra le innumerevoli.

***

La Dea

Bêlit è una shemita dalla pelle eburnea, così in netto contrasto con il colore nero dei suoi guerrieri. Sul ponte della Tigre è pari ad una dea, per grazia e beltà e per la devozione, la venerazione e l’assoluta fedeltà che i marinai le tributano.
Conan spicca tra le sue vittime per la sua ferocia in battaglia, per la sua attitudine al massacro e per il suo aspetto incontaminato. Lui è il suo compagno naturale.
L’amore che nasce tra i due protagonisti è quindi ineluttabile.
Particolare, invece, è la qualità e la portata aulica di questo sentimento. La brevità del racconto impedisce a Howard di sviluppare sapientemente quello che rimane un tratteggio di un legame inconsueto, per l’uomo Robert e per il giovane Conan, non ancora avvezzo alla profondità di tali manifestazioni reciproche. Ma non è solo amore fisico quello che raffoza questo scambio tra Conan e Bêlit: esso è trascendenza.
Conan dice:

“Ho conosciuto molti dei. Colui che li rinnega è altrettanto cieco quanto colui che si fida troppo di loro.”

Frase che, senza tanti giri di parole, è una sintesi eccezionale nonché un’implicita dichiarazione di fede. Quella giusta, rispettosa e consapevole. L’uomo, tuttavia, deve soprattutto fare affidamento sulle proprie risorse, sulle proprie forze. Data la particolare confessione di Conan, che rivolge le sue richieste a Crom, un dio disinteressanto della sorte di tutti gli uomini, ne scaturisce una visione agnostica alla quale Bêlit, inconsapevole destinataria, risponde con una dichiarazione sibillina circa un possibile ritorno dall’aldilà.

***

Vestigia e Spoglie

Pochi sanno che “La Regina della Costa Nera” è il racconto howardiano che più di ogni altro ha influenzato la storia e la mimica del film di Milius “Conan The Barbarian” (1982).

“Se io fossi immobile nella morte e tu ti stessi battendo per la vita tornerei dagli abissi per aiutarti…”

Così Bêlit si rivolge a Conan, in una sorta di presagio funesto, pia accettazione del proprio fato, che è anche profezia e sguardo benevolo.
Risalendo, infatti, il corso del fiume Zarkheba, l’equipaggio guidato da due divinità, quali sono considerati Conan e Bêlit, si imbatte in vestigia di una civiltà perduta, intrappolata dai capricci del caso nella stretta morsa di paludi infette, acquitrini melmosi e vegetazione selvatica che soffoca lo splendore marmoreo di templi ancestrali.
L’intreccio non sembra essere in effetti parte portante del racconto. Maggiore attenzione è stata data alla costruzione delle singole scene, dei dettagli onirici, del sentimento soddisfatto e trafitto, della forza d’animo capace di trascendere gli oscuri limiti della morte.
Conan è spettatore passivo della parabola terrena di Bêlit. La donna, la regina spietata, inarrendevole, ambiziosa e crudele, priva di vergogne e pudore, perfettamente padrona di sé e del proprio destino.
Bêlit non è mai stata di Conan eccetto che nei momenti in cui lei ha voluto essere sua.

***

La Pira

I fiori di loto nero annuiscono sopra il barbaro suscitandogli sogni e visioni del passato e del futuro buio che egli vivrà di lì a poco. Egli dovrà misurarsi, come sempre nella sua esistenza, con i resti, potenti e letali, di civiltà pre-umane. Medita, quindi, col pugno sotto al mento, in una posa che diverrà iconografica, sul da farsi, riflettendo sulla grandezza selvaggia di quella donna, Bêlit, un’aliena ai piedi della quale il mondo si è chinato, e sulla forza antica e maligna che l’ha privata, forse giustamente, di un futuro fatto di vecchiaia, decadimento e sofferenza.
In uno scontro che sa di epica, Conan da solo affronterà nemici in numero e forze soverchianti e sarà aiutato, come gli era stato predetto, dall’apparizione del suo amore, tornata dall’oltretomba al suo fianco.
Bêlit è morta. Come si addice a una divinità. Ha serbato intatta la sua esuberanza, il suo spirito indomito e la sua indipendenza. Conan, per l’unica volta, non è riuscito a salvare sé stesso grazie soltanto alla propria insopprimibile spinta vitale, ma è stato oggetto di amore.
A lei egli deve tutto. Non può far altro quindi che celebrarla con una pira funebre ai piedi della quale ha deposto tutte le leggendarie ricchezze che il suo equipaggio ha rinvenuto in quel luogo arcano e nefasto. Per onorare la Regina della Costa Nera. Per ringraziarla della propria vita e di aver voluto condividere un briciolo della sua esistenza, terrena e ultraterrena, con un semplice uomo come lui.

“Così se ne andò la Regina della Costa Nera e Conan, chino sulla spada macchiata di sangue, restò lì, silenzioso, fino a che il bagliore rosso non fu svanito nelle brume azzurrine e l’alba tinse di rosa e d’oro l’oceano”

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Link Utili:

ComicArtFan (per le splendide illustrazioni di Steve Fabian)

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  • Pensa, a quasi tre da questo articolo, lo sto leggendo.
    Però in inglese, quindi con ritmi molto lenti ma merita davvero, è maestoso.

    • Ottimo, e mi fa piacere che l’abbia gradito. È uno dei racconti migliori. 😉

  • […] Magari vi piacerà leggere cosa scrissi su La Regina della Costa Nera. […]

  • […] di una trentina di pagine divise in tre capitoli che corrispondono a tre fasi ben distinte. Come La Regina della Costa Nera, che parte dall’interno della società violenta e corrotta, dai tribunali, massima […]

  • […] lo riserva all’unica donna, indomita e fiera, che è riuscita a strapparglielo dal petto: Bêlit. Shadizar la Corrotta è la capitale del Regno di Zamora. Fedele al suo nome, all’interno […]

    • 13 anni ago

    Per me è solo chiacchiere e distintivo! 😀

    • Se non la smettete co ‘sto distintivo ve lo ritroverete dove non vi piace. Vi ho avvisati. 😆

      @ Mettiu
      Vado a leggere la mail! 😉

  • La storia dell’eBook è OTTIMA, ti mando una mail a riguardo, così vediamo se vuoi farlo davvero o sei solo chiacchiere e distintivo 😉

    • 13 anni ago

    L’idea di un ebook raccolta mi piace proprio.
    Interessante è questa particolare ipotesi sulla quantità di autobiografia presente nei racconti di Howard e mascherata con le sfumature Sword & Sorcery.
    Siamo inoltre sicuri di sapere proprio tutto sulla vita dello scrittore?

    • @ Nick
      Thanks! 😉

      @ tutti
      Vedrò che riesco a organizzare per l’e-book. Prima, ovviamente, completerò la stesura degli articoli.
      Tracce auobiografiche nei testi di Howard? Be’, credo che Conan gli servisse anche come valvola di sfogo. Ovvero sognava di essere ciò che nel mondo reale mai avrebbe potuto. Conan era lui stesso migliorato. Quindi perché non pensare che alcuni, non tutti, ma alcuni dei personaggi dei suoi scritti non siano anch’essi stati reali?
      Cavolo, ad avere la possibilità di andare di persona laggiù, ne verrebbe fuori un resoconto davvero interessante!

      🙂

    • 13 anni ago

    Come sempre un ottimo articolo.LA REGINA DELLA COSTA NERA è forse il più atipico tra i racconti Howardiani separato com’è in due blocchi distinti.Tra un lato la conoscenza tra i due e dall’altro la morte di Belit.In mezzo il lettore è libero di immaginarsi tutto il resto.La storia tra loro due.Un pò come ha fatto Roy Thomas e lo staff Marvel,quando hanno creato i comics di Conan negli anni settanta.E’ sintomatico come Belit,sia agli occhi di Howard LA compagna,lui che di storie a parte la Pryce non ne ha vissute proprio.
    Mi piace pensare che fosse fisicamente il tipo di donna che Howard desiderasse avere.
    Però è intrigante anche la tua visione della donna effettivamente conosciuta dallo scrittore.In fondo l’uomo Howard era disperatamente solitario e sopratutto SOLO.

  • Un signor articolo. Io penserei bene di raccogliere tutti questi a tema howardiano e di “rilegarli” in un ebook.

    Anyway, mi piace molto il passaggio in cui immagini Howard che nota questa donna, la futura Belit, magari su un autobus o in una stazione, e la trasforma in un personaggio dei suoi libri senza nemmeno conoscerne il nome.
    Questo è il potere e l’audacia della creatività, una dote che magari si può affinare con qualche corso di scrittura (mah…), ma che si acquisisce soprattuto guardandosi intorno e imparando a manipolare la realtà – intendo dire in senso positivo – partendo dai particolari piccolissimi.

    • Grazie mille. Lo apprezzo molto. 😉

      Te l’ho già detto, la tua proposta e-book mi attizza.
      Faccio qualche piccolo spoiler. Dunque, tra i prossimi arrivi howardiani abbiamo:

      Il Corno di Azoth (e non ridete! È la graphic novel da cui è tratto il film “Conan il Distruttore”. Molto meglio del film, ndr)
      Lo Stagno dei Neri
      I Gioielli di Gwahlur
      La Torre dell’Elefante
      Ombre su Zamboula
      L’Ombra che scivola

      Però, secondo me andrebbero integrati con qualche altro contenuto… Voi che dite? Non so, immagini d’epoca. E non mi dispiacerebbe anche costruire qualche parallelismo tra l’Era Hyboriana e il Texas, simile a quello fatto con “Al di là del Fiume Nero”.

      Sul discorso scrittura… sai benissimo come la penso. I corsi di scrittura creativa, a mio avviso, non servono. L’unica è un buon corso di grammatica e sintassi, ma queste due cose dovrebbero essere insegnate a scuola. O, almeno, tempo addietro si insegnavano. Ora non più.
      Più che manipolare la realtà, a me piace il termine trasfigurare. È un potere alla portata di tutti coloro che inventano mondi. Difficile e complicato da gestire, che a volte fa soffrire, ma anche appagante.
      Non so, leggendo di Bêlit, e vedendo come spicca rispetto alle altre conan-girls, credo che la mia fantasia non sia poi così lontana dalla realtà. Difficilmente uno scrittore crea un simile personaggio dal nulla.

  • Touché. 😆

  • Ognuno ha le lacune che si merita.
    Io non leggo Bob.
    Tu non guardi Dexter…
    😉

  • Thanks!
    Però, credo sia ora che colmi queste lacune.

    Non credo siano testi perfetti. Anzi, sono molto lontani dall’esserlo.
    Mi va di parlare di quello che ho provato/provo leggendoli. Contento, quindi, che questi articoli piacciano…

    😉

  • Come già sai di Howard ho letto pochissimo, quindi non posso commentare i contenuti di questi tuoi articoli.
    Comunque li leggo sempre volentieri per la passione con cui li scrivi (e figuriamoci poi quando parli di donne!) che mi fa vivere almeno in parte le storie di Bob.