L'Attico

La Persona e il Tempo

Articolo per un weekend veloce veloce. Parte da due presupposti:

a) sono tornato a scrivere con divertimento e profitto (nel senso che quello che scrivo piace)

b) voglio vedere di dare un senso all’appendice Book, insita nel nome di questo blog, quando capita

Ragion per cui, parliamo di narrativa, se vi va. Ma niente tecnicismi, né polemiconi su teoria, manuali e tutte quelle altre cose che trasformano una bella discussione in una roba mortale e noiosa, che fa il sangue cattivo.
Parliamo di scrittori e di lettori. So che molti di voi scrivono, vi conosco. Altri leggono, alcuni di sicuro più di me.
La domanda riguarda il narratore e il tempo del racconto. Quale preferite?
Prima, seconda, terza persona?
E poi, racconto al tempo presente, oppure al passato remoto?
E ancora, impostazione classica, con periodi esplicativi, oppure stile frammentario?
Preferite vedere o leggere?

***

Questi interrogativi nascono dal confronto coi lettori. E sì, probabilmente anche dal gusto personale che, per quanto se ne dica, fa sempre la sua piccola e sporca parte, ma essenziale.
Da scrittore, non da sempre, prediligo l’io narrante e il tempo presente. Ovvero, il protagonista descrive ciò che vede e, in misura minore, ciò che gli passa per la testa.
Queste due quantità, visione e pensiero, possono variare a seconda del taglio del racconto e della situazione in cui egli (l’io) versa.
Alcuni lettori/scrittori partono, riguardo l’impiego dell’io narrante, dal presupposto che un testo, indipendentemente dal tempo in cui è stato scritto, narra fatti già avvenuti, condizione senza la quale verrebbe meno la natura stessa di esso: ovvero il fatto che giaccia lì, sulla carta, e che qualcuno si sia disturbato a comporlo.
La mia visione è più radicale. Spesso, la mia prima persona appare essere una finestra, in diretta, dalla quale vedere ciò che accade al personaggio.
Questa concezione, per quanto affascinante, si presta a delle forzature: una delle tante, ad esempio, è che l’io narrante continua a esercitare la propria funzione, ovvero narrare, anche in situazioni nelle quali, per forza di cose, non potrebbe farlo. Ad esempio quando è coinvolto in una rissa e inizia a buscarle.
Prende colpi alla testa, ma la scrittura continua a essere chiara e descrittiva. Un paradosso che, però, regge e rende l’esperienza di lettura stimolante.
Altra versione dell’io narrante è quella usata nel SB. Lì ho usato il tempo presente, ma per descrivere avvenimenti dati come già avvenuti nel corso della settimana. Sussiste la sospensione di incredulità persino quando, come nel capitolo 8, ho narrato il combattimento con un infetto nel bosco come stesse accadendo in quel preciso istante. Una falsa percezione, ovvio, perché quel determinato evento era accaduto già una settimana prima, tenendo conto dell’assunto che portava a gestire il Survival Blog in tempo reale, ovvero tenendo presente che ogni post fosse scritto a sette giorni di distanza l’uno dall’altro, come resoconto dell’intera settimana.
Scelta precisa la mia, quella relativa al falso presente, dettata dalla mia convinzione che la lotta, descritta, sia molto più coinvolgente se vissuta come un incontro di boxe. Guardandola svolgersi. In quel caso, già si sapeva che avrebbe vinto il Signor Hell, ma l’incontro è stato efficace in ogni caso.

***

Come tutti ho iniziato a scrivere in terza persona, impiegando il narratore onnisciente e spostando, di volta in volta, il punto di vista da un personaggio all’altro. Ovviamente, distribuendo il cambiamento di visuale per singolo capitolo. Mescolarli nel corso della stessa pagina o dello stesso dialogo non fa bene, no.
Ora, influenzato dalla prima persona, quando ritorno a scrivere in terza tendo a mantenere fisso il punto di vista su un solo personaggio e a escludere il narratore onnisciente. In breve, io scrittore, posso utilizzare nelle mie descrizioni e considerazioni, solo ciò che il personaggio può sapere e vedere.
Quello che cerco di evitare, con tutti i mezzi, sono gli spiegoni. Che poi, è la parte più difficile di un qualsiasi racconto ambientato in una realtà che sia dissimile, anche per pochissimi tratti, dalla nostra.
Bisogna spiegare come e perché quest’altra realtà funziona così, giusto?
Voi come lo fate?
Attraverso il dialogo, attraverso le azioni dei personaggi, o attraverso l’inserimento di schede esplicative, come appendice al testo? E perché scegliete questo o quel metodo?
Io preferisco di gran lunga che sia l’ambiente a parlare. Partendo dai dettagli e proseguendo via via, coi fatti capitati ai protagonisti del racconto. In questo senso, la costruzione dell’ambientazione fittizia e la conoscenza di essa da parte del lettore, si svolgono di pari passo con la lettura del testo. Per conoscere una realtà distopica, ad esempio, fino in fondo, potrebbe occorrere l’intera lettura del testo. Trovo che sia un metodo soddisfacente, da lettore. Ma chissà…
Be’, adesso, se volete, tocca a voi.

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
  • Parafrasando M.N.Shyamalan: “Non avrei saputo riassumerlo meglio” 😉

    • Shyamalan mi deve molto. 😀
      And the Banner goes to…
      Ah, no! Questo era fuori concorso!

      :mrgreen:

    • 13 anni ago

    A me piace molto leggere. Credo che il tempo e la persona siano da assoggettare alla storia e a ciò che si vuole trasmettere.
    Una prima persona, al tempo presente può essere efficace, ma ci sono storie che vanno raccontate in terza ed al passato.
    I tempi narrativi non mi influiscono in ciò che preferisco leggere, do maggiore priorità alla storia e soprattutto al coinvolgimento.
    Ci sono libri che mi han tenuto talmente incollato alle pagine da non riuscire a dormire finchè non finivo il capitolo e anche li, i capitoli erano conclusi con un pathos che ti imponeva di iniziare subito il successivo.

    • Quindi… riassumendo:
      mi sembra che nessuno di voi abbia a cuore la tecnica più del contenuto. Ovvero, purché scorra e sia interessante, la storia può essere anche scritta in un linguaggio alieno. Se è comprensibile e accattivante è un buon racconto.
      Sbaglio forse?

      😉

  • Non sono mai stato particolarmente categorico, nel leggere così come nello scrivere. L’importante è che narratore e tempo siano adeguati alla storia che si va a raccontare.

    Una bella prima persona gestita bene, col ritmo giusto e che permetta di calarsi veramente nel personaggio va bene così come una terza persona e il classico remoto.
    E per ora sono l’unico tra quelli che conosco ad aver usato pure la seconda persona 😉

    Sull’ambientazione… a me piace l’idea che non sia necessario descrivere il funzionamento di oggetti che il lettore non conosce, ma che si possa mostrarli e lasciare alla mente e alla fantasia il resto del (duro) lavoro di definizione della realtà.
    Detesto in genere le parti spiegose dei libri, preferisco siano il dialogo, l’azione e qualche giusta descrizione a darmi l’idea di ciò che succede e come funziona il mondo in cui succede. Anche perché spesso noto che di tutte le nozioni delle quali vengo infarcito come un takkino solamente una parte saranno necessarie alla storia.
    Ah, tra l’altro a me piace la poesia e gli autori che riescono a narrare senza dimenticare la bellezza delle parole, oltre al loro scopo.

    • 13 anni ago

    Domande interessanti e non facili da rispondere su due piedi…
    Mettendo un pò d’ ordine nella mia lunga carriera di lettore direi che preferisco di gran lunga la terza persona e che un bel distacco un romanzo dove le parti narrate in prima persona siano narrate da più personaggi all’ antitesi tra di loro…
    Non mi piace la confusione di mezzi, scrittura con il cinema , quindi in un libro voglio il passato , in un film gli avvenimenti al presente e in senso continuo ininterrotto( l’ uso continuo dei flashback in un film meriterebbe la castrazione\defenestrazione del regista e sceneggiatore).
    Amo i dettagli e non disdico le appendici; da un libro storico anche se tratta di storia “alternativa” voglio i particolari e l’ origine della diversità spiegati in dettaglio sopratutto se superate le trecento pagine, discorso diverso per i racconti dove preferisco che sia lasciato spazio assoluto all’ azione.
    Come scrittore ho una miserrima carriera di qualche piccola digressione umoristica scritta durante le lezioni di scuola, in quel caso solo terza persona\narratore onnisciente.

    • 13 anni ago

    Qualsiasi punto di vista usi l’autore a me sta bene, fintanto che rimane coerente con questo. Se usa la prima persona, pretendo che interpreti sempre e solo un personaggio, poiché lo scopo della prima persona è quello di immedesimare completamente il lettore nel protagonista. A stare dentro la testa di troppi personaggi si finisce per diventare schizofrenico.
    Per le descrizioni, quasi sempre le trovo superflue. La fantasia del lettore è più che sufficiente per coprire quelli che agli autori potrebbero sembrare “buchi”. Sopratutto nelle ucronie, credo che evitare di descrivere i motivi che hanno portato al “cambiamento” renda il racconto-romanzo più stuzzicante. È importante che l’autore sappia bene questi motivi, ma ai fini della storia non servono quasi mai. Alla fine l’ucronia è solo un’ambientazione, dove all’interno succedono dei fatti. Fintanto che i fatti vengono raccontati bene, tutto funziona. Per gli autori è difficile non cadere nell’infodump, perché dopo aver perso tanto tempo a costruire un’ambientazione che funziona sentono il dovere di mostrare al lettore quanto sono stati bravi. Ma secondo me è un errore: il come è costruita l’ucronia sono tecnicismi interessanti per gli autori, ma nozioni noiose per i lettori. O almeno, noiose per me 😛
    In effetti, odio le spiegazioni storiche XD

  • @ Alex: hai ragione, “trapassato remoto” suona molto zombie! Non avevo mai fatto l’associazione! 🙂

    @ Hell: concordo, la sensazione del lettore alla fine è quella che conta. 🙂
    Aspetto la mail, non c’è fretta 🙂

  • @ Alex
    Fantastico! Visto così mi piace! 😀

    @ Zeros
    Mail in arrivo…

    Infatti! Anche il sembrare lunghe è indice di pesantezza del testo. Ed è senza dubbio il difetto peggiore.

    😉

  • Remoto suona bene. Se poi ci aggiungi anche “trapassato” davanti, sembra quasi una cosa di zombie.
    Mi piace.

  • Certo, scritte e inserite bene, anche le ricette di cucina aggiungono spessore all’ambientazione! Il punto è tutto lì: fare le cose bene.
    Pratchett lo fa, e riesce anche a farti scompisciare dalle risate.
    In “Jonathan Strange e il Signor Norrell” ci sono (dice wikipedia inglese) circa 200 note ma non ricordo che abbiano rovinato l’atmosfera, anzi, ti ci calavano ancora di più perché contenevano informazioni tratte da libri del mondo d’ambientazione.
    Invece “Dune” l’ho trovato fastidioso, nei suoi approfondimenti a fine libro. Utili, non ci piove, ma in alcuni punti del romanzo non capire una cippa di quel che stava succedendo e dover andare a fine volume a leggermi le spiegazioni per capirci qualcosa non aiutava a mantenere l’immersione. Che poi: io ste spiegazioni me le ricordo lunghissime, ma se mi sbagliassi e fossero corte? Vorrebbe dire che lunghe lo sembravano solo, il che è quasi peggio! 🙁

  • @ Alex
    Uhm… non so, ha persino un nome inquietante. Remoto
    😛

    @ Zeros

    a calci nei tenerini

    Altra espressione da inserire negli Annali di B&N. Ormai sto creando un archivio ben fornito… eheheheheh

    😀

    Mah, non so, le appendici o schede, se scritte bene, come un saggio, possono essere una lettura interessante.
    Però, come ho detto, preferisco di gran lunga ricavare le nozioni utili attraverso la lettura del testo. Meglio inserite risultano, più piacevole diventa la lettura…

    😉

  • Come lettrice, non ho più grandi fisime legate al tempo e alla persona, l’importante è che la storia scorra e non si inceppi. Di qui l’unica grande fisima da lettrice, il fastidio (che a volte sconfina nell’odio) per l’infodump sciatto, goffo e mal fatto.
    Ok, è un mondo nuovo, dovi spiegarmi come e perché, ma ci sono modi e modi per dire le stesse cose.
    Le schede a fine libro non le trovo il massimo, perché slegano dalla storia; le note a piè di pagina possono essere carine, se scritte con la dovuta arte (vedi Pratchett; vedi “Jonathan Strange e il Signor Norrell”), ma vanno usate con giudizio per non buttarti fuori dal mondo fantastico a calci nei tenerini; il paragrafo esplicativo che riesce a non sembrare ciò che è, è il meglio, ma non è facile da concepire o scrivere.

    Come scribacchina, ho cominciato anche io con il passato remoto e la terza persona. E con tanti di quei salti da una testa all’altra… Ho la scusante che ero piccola? Mah, chissà.
    Da un po’, invece, il passato remoto mi sta stretto e non solo per una questione di immediatezza del racconto, ma anche per una più generale goffaggine…

  • A me il passato remoto è sempre piaciuto 🙂

  • Oggi ho lavorato a un racconto… presente 🙂
    Be’ è vero, porca miseria, i vizi sono brutti da superare, però ho smesso di fumare, posso anche cambiare i tempi verbali dei racconti:-D

  • Non ti senti un po’ braccato dal passato remoto? Tutti quei verbi accentati!
    Magari ambienti una roba nel 3024 e scrivi di cose accadute quando? Tra più di mille anni? ^__^
    Magari per i romanzi storici ce lo vedo…

    🙄

  • Leggere, un pochino in più che vedere.
    Scrivo in prima o terza persona, senza tante distinzioni ma prediligo il passato remoto e un’impostazione classica.
    però ogni tanto ci metto anche qualche seconda persona la presente:-)

  • Sì, il Cointreau è un corroborante per la mia creatività 😀

    Le mie risposte vogliono dire tutto e niente, perché io mi faccio piacere tutti gli stili, purché le storie siano buone 😉

    Quando parlo della lieve preferenza per la terza persona è tutto estremamente indicativo… Per esempio il tuo SB in prima persona è molto più gradevole di altri libri il terza che ho letto nell’ultimo anno.

    Se poi dovessi dirti il punto di vista da scrittore e non da lettore, potrei quasi affermare che lo stile “finto-giornalistico” che sto sperimentando in queste settimane è uno di quelli che mi diverte di più in assoluto, ma mi rendo conto che è raro da trovare e difficile da utilizzare.

    Comunque bel post 😉

    • Thanks! 😉

      Lo stile finto-giornalistico è molto interessante. E anche più difficile di quanto appaia in realtà. All’apparenza può sembrare poco curato dal punto di vista formale, mentre occorre documentazione e molto impegno per creare l’illusione e mantenere alto l’interesse del lettore.

  • “Versone” sarebbe Verdone prima del mio cicchetto di Cointreau, si capisce…

    • Ah, ma il Cointreau non è lo stesso che ti ha fatto partorire, tipo Zeus, il SB?
      In quel caso, vai di Cointreau!
      😉

      Questo vuole essere per l’appunto una sorta di articolo sondaggio. Per capire un po’ quali sono i tecnicismi, se vogliamo chiamarli così, che il lettore preferisce.
      Diciamo che ormai ti conosco abbastanza bene per non sorprendermi delle tue risposte.
      😉
      E grazie del complimento.

      P.s.: quando ho scritto vedere o leggere non mi riferivo necessariamente al binomio cinema-letteratura, ma anche agli stili di quest’ultima. Ovvero, preferisci uno stile descrittivo (che mostra) oppure quello che racconta?
      Ok, show don’t tell, ma non solo. A me, da lettore, per esempio piace anche un misto tra i due. Non grido allo scandalo se mi imbatto in una parte raccontata…
      Però, ecco, quando scrivo non racconto molto volentieri, preferisco mostrare… ma ripeto, se lo faccio, è una cosa inconsapevole, non certo perché mi sono mangiato un manuale.

      🙂

  • Con me caschi male: mi va benissimo sia leggere che vedere film, e sicuramente mi impegno per fare entrambe le cose il più possibile 🙂
    Di certo io ADORO la narrativa, anche se sono estremamente settoriale (odio qualunque romanzo mainstream, romantico etc). Per quel che riguarda il cinema sono invece di vedute molto più larghe. Mi piacciono sia i film di Versone, AG&G, che quelli di cui parliamo di solito, e non disdegno nemmeno le ‘mericanate tipo Avatar, Transformers etc.

    Riguardo ai tempi e modi di narrazione non ho particolari preferenze.
    Di solito mi piace di più la terza persona, ma è davvero una preferenza molto generica e mutevole 😉
    Non commento sui tecnismi della scrittura perché ora non ne ho tanta voglia, eh eh eh… però, come ben sai, io non ho particolari problemi con gli infodump “buoni”. E, tra il sapere e non sapere certi dettagli, preferisco sapere.
    Non a caso uno dei miei generi finiti è l’ucronia, dove la bravura dello scrittore sta proprio nel dettagliare.

    E cmq tu scrivi bene, questo è un dato di fatto.