In questi giorni ho pensato molto al tempo, alla predestinazione, al destino, all’illusione che c’è dietro tutte queste cose, ma… non ho visto uomini vestiti da conigli. Proprio no.
Mi sono ricordato di Donnie Darko, tanto per cominciare a causa della splendida colonna sonora. E, in secondo luogo, perché è un film che tratta temi universali, di quelli che a pensarci più del dovuto, a acquisire quell’attimo di coscienza assoluta, filosofica, ti fanno saltare in aria la testa. Sì, proprio come temeva Nietzsche e come forse, poi, accadde davvero, il tutto concentrato nel muso d’un cavallo incontrato per strada…
Film d’altri tempi, mi verrebbe quasi da dire, visto che appartiene, anzi apre gli anni duemila, fottendosene delle limitate capacità mentali degli spettatori, se non fosse che, proprio questo film, ci insegna che il tempo, come tutto il resto, dipende soltanto dalla percezione umana. Siamo noi, a vederlo così, in questa forma, in parole povere. Forma che non è detto sia quella esatta.
Ma non distraiamoci, in Donnie Darko sussistono tre fattori in lotta, ciascuno dei quali spiega perfettamente gli altri e con essi si incastra, permanendo la struttura narrativa in un perfetto equilibrio delle parti. Andiamo a esaminarli, se vi aggrada.
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I fattore: la schizofrenia.
Donnie è uno schizofrenico paranoico. Possiede l’età giusta, scolare, il carattere introspettivo e crepuscolare, normali pulsioni sessuali che tuttavia trovano quale unico sfogo la masturbazione e un conflitto sedimentato contro l’apparenza sociale, la sovrastruttura che taluni abbracciano come unica via e che, nonostante tutto, appare per ciò che è, solo una menzogna creata ad arte per arricchire l’artefice di tale bugia (un predicatore) e per far persistere gli sciocchi in una campana fatta d’illusioni, rendendoli padroni, forse, del controllo tra bene e male.
Ma la schizofrenia è soprattutto (perdonate la generalizzazione) un’alterata funzionalità, uno squilibrio elettrochimico del cervello. Un disturbo della frequenza. Alcuni sostengono che a percezione alterata corrisponda una realtà alterata, o altra. Con questo si vuol sostenere che il mondo, così come lo vediamo noi, non è reale, non in misura maggiore o minore, rispetto a quello visto da uno schizofrenico, che risulta diverso, più ricco, movimentato, forse in definitiva più pericoloso e crudele e… senza alcuno scopo. Proprio come il nostro.
Quindi, vedere il tutto dal punto di vista di Donnie non rende l’affresco del mondo mostratoci in questo film meno reale, o più complesso, o folle, lo rende solo diverso.
La maggioranza di una visione non rende automaticamente quella stessa visione la più giusta.
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II fattore: l’aldilà.
In Donnie Darko, lo sappiamo, ci sono i morti. Gli spiriti dei morti che, nella più classica percezione shakesperiana, sono messaggeri. Spiriti che sono (presumibilmente) semplice evoluzione della nostra forma corporea (lo stupido costume da uomo) e che, in conseguenza del distacco dalla carne e dalla “normale” percezione, possono avere coscienza del tutto, in ogni momento. La percezione umana del tempo è lineare, ma la domanda è: qual è la percezione del tempo di uno spirito? Può davvero, lo spirito di Frank, vestito da coniglio (perché tale era al momento della morte), sapere tutto ciò che succede ora e sempre?
In questo senso, le profezie che egli dispensa a Donnie sono nient’altro che suggerimenti di ciò che accade, forniti prima rispetto alla linea del tempo (che richiama in un certo senso la linea della vita della professoressa con la scopa in culo) onde operare, come agenti esterni, godenti una visuale più elevata, privilegiata, cambiamenti. Quale sia lo scopo di questi cambiamenti è arduo stabilirlo, forse una deviata concezione di giustizia, che si esplica in un atto di distruzione (la scuola, la casa di Jim Cunningham; riguardo quest’ultimo, visto che dopo l’incendio viene scoperta la sua segreta natura pedofila si potrebbe persino configurare uno schema di vendetta, perfetto per il genere tragico, col classico fantasma che dispensa morale tramite uno strumento terreno più o meno consapevole: Donnie) onde dare inizio a un nuovo processo creativo.
Si potrebbe arrivare al punto da considerare lo stesso Donnie un fantasma, tenendo presente il finale del film, il fatto che lui muoia e che quindi non abbia davvero vissuto quegli eventi se non da agente ultraterreno, visto che nelle sequenze immediatamente precedenti alla chiusura, durante la festa di Halloween, sceglie come costume quello della morte.
Visto che anche Frank il Coniglio altro non è che un morto parlante, il fatto che anche Donnie sia una proiezione non stupirebbe.
Ma chi potrebbe proiettare Donnie? Un po’ tutti: i genitori, talmente legati al figlio da definire una “cosa meravigliosa” avere un “figlio schizzato”, la psicanalista che sogna Donnie durante la notte, la fidanzata che lo saluta (prima ancora di conoscerlo) mentre lo vede sotto il lenzuolo, le sorelle, gli amici etc…
III fattore: il viaggio nel tempo.
Ritorna la percezione del tempo, che è tale, ovvero una linea sempre proiettata in avanti, solo perché siamo stati noi a crearla così. Perché il nostro organismo la percepisce come ineluttabile. Si dice, invece, che un essere assoluto potrebbe percepire il tempo come perennemente compresente a se stesso. In quest’ultimo caso, i concetti di presente, passato e futuro non avrebbero alcun senso, coesisterebbero nel tutto. Sempre.
Sembra che nella città di Donnie Darko avvengano strani fenomeni, già studiati da un’anziana signora poi impazzita per una malattia mentale degenerativa. Il tempo è in “disordine”, tanto che un motore di un jet (che non si sa da dove venga) precipita sulla casa di Donnie, più esattamente nella sua camera, mancando di ucciderlo perché, nel frattempo, un’entità dal prossimo futuro l’ha svegliato, facendolo spostare. Un’entità che annuncia la fine del mondo. Fin troppo semplice capire, in questo caso, che non si tratta di una fine del mondo in senso assoluto, ma della fine del mondo nella percezione del singolo. Una doppia fine, quella di Frank il Coniglio, ucciso da Donnie in un tempo compresente a se stesso, e quella di Donnie, ucciso (prima o dopo non fa differenza), da quello stesso motore dal quale era stato salvato da Frank perché Donnie stesso potesse procedere a ucciderlo, dopo 28 giorni e dopo che lui stesso ha ammazzato, per errore, Gretchen, la fidanzata di Donnie. O meglio, la futura fidanzata.
In questo senso, la schizofrenia di Donnie, o alterata percezione della realtà (e quindi anche del tempo), l’ha reso il soggetto ideale per “vivere” su di sé questa alterazione, distinguerla e magari interpretarla, in aperta contraddizione con la teoria scientifica del percorso (quella protuberanza liquida che si estende dal nostro torace e che è il percorso della nostra esistenza, del nostro tempo, già tracciato e compresente a se stesso che, dal momento in cui diventa visibile, può essere alterato a piacimento).