Ciò che noi occidentali fatichiamo a comprendere, a livello meramente concettuale, è che nell’Unione Sovietica non tutti erano schiavi e oppressi dal regime comunista. Così come la cinematografia reaganiana ci ha sempre mostrato.
Come ogni politica, anche gli ideali dell’URSS avevano i propri sostenitori. Persone sinceramente persuase che quel modo di vivere fosse per il meglio, che ottenere e garantire l’uguaglianza sociale tramite lo Stato fosse il mondo migliore possibile.
Persone, come Geliy Korzhev, che avvertirono come un tradimento l’apertura del Soviet verso l’occidente, che presagirono come catastrofico il crollo del regime comunista. Il crollo di un ideale di patria, di uno stile di vita. Il tradimento delle tante, innumerevoli morti che quello stesso sistema avevano creato.
Niente di sorprendente, in questo. Si tratta di visione alternativa, o altra, di pensiero alternativo, non per forza di cose sbagliato, stando agli esiti storici.
Geliy Korzhev è stato (è scomparso nel 2012) un artista viscerale, proprio come quell’Unione Sovietica che tanto aveva amato e che pianse dopo il suo crollo.
Un artista, un vero artista, è la voce del proprio tempo e, sebbene questo artista in particolare si esprimesse attraverso allegorie, a ben guardare l’intento è palese, per quanto mascherato. La critica sociale anche. La potenza dell’immagine soverchiante.
Quasi mai agli occhi coevi. Chi vive il cambiamento non percepisce la critica, se non evidente.
I politici, i rappresentanti del popolo e del partito, fin dagli anni Settanta del XX secolo, stavano ammorbidendosi, stavano diventando trasparenti, informi: dei mutanti.
Quello dei mutanti, accanto a creazioni più classiche, è il ciclo di dipinti di Geliy Korzhev che più ci interessa. A mio avviso il più notevole, per esiti e significati, della produzione dell’artista.
L’idea di rappresentare i traditori dello Stato e degli ideale come mutanti è eccellente. Il mutante è colui che devia, che si trasforma pian piano, che, per l’appunto, abbandona i suoi ideali pur mantenendo, con le unghie, il potere nelle proprie mani.
Una mutazione sottile, ineluttabile. Genetica.
Geliy Korzhev non fa altro che applicare la lente dell’artista per dipingere questi mutanti celati nella società col loro aspetto reale.
Le sue tavole grottesche, colme di riferimenti al cibo, alle funzioni corporali grossolane, all’atto del divorare, alla carne, non sono altro che la visione del mondo reale dietro lenti speciali.
Quelle stesse lenti che mostravano, stavolta in un film reaganiano d’opposizione, gli alieni d’aspetto scheletrico che avevano schiacciato il nostro mondo sotto un sistema di disvalori assoluto, convicendoci che quello fosse l’unico stato di cose.
Quello stato di cose che, nell’ex Unione Sovietica, stava cambiando pian piano. La gente dell’epoca, almeno quella sensibile ai cambiamenti, per quanto sottili, non poteva fare a meno di percepire il disagio della fine di un’era, di constatare quanto i leader politici fossero lontani da ciò che il sistema stesso pretendeva ancora di incarnare. La gente dell’epoca non poteva fare a meno di vederlo, e di denunciarlo.
Geliy Korzhev lo fece attraverso i suoi dipinti.
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(Special thanks to Lucy)