Qualche giorno fa mi imbatto in un articolo.
Il passo interessante, dopo aver descritto le virtù di un racconto recitato da una splendida voce, che è un valore aggiunto, è il seguente:
Hearing ghost stories in a heatwave especially lends the experience a dreamy indistinctness, a sensation of journeying back in thought, images muted with heat and distance, with lobed sun flecks and patterns of greenery.
Il caldo.
Il gran caldo migliora la fruizione di una buona storia dell’orrore. Il gran caldo ci precipita in uno stato parimenti di insofferenza e torpore mentale, abbassa le difese della ragione, ci induce a ritenere possibile l’impossibile.
Forse aiuta la sospensione dell’incredulità.
Il genere horror e il caldo estivo vanno a braccetto.
Non è una novità. Tutti noi ricordiamo Notte Horror. La mia amica Lucia, d’estate, ogni estate, fa la rassegna dei filmacci horror che, altrimenti, in qualunque altro periodo dell’anno, non consideriamo che poco più che schifezze.
Eppure, il caldo ci rende più indulgenti, verso queste perle dimenticate.
Qui al sud è un fattore culturale, fa parte della tradizione. Ne parlai già, in questo articolo dedicato al Demone del Meriggio. Ovvero, tutto quell’insieme di entità sovrannaturali – e maligne – che sogliono manifestarsi in pieno giorno, quando la canicola incombe, il caldo ottunde il normale flusso del pensiero e la ragione s’arrende all’impossibile.
È un po’ come la storia dell’ammazzadraghi. Uno spadone impossibile per mostri impossibili.
Il caldo impossibile permette l’ingresso nel mondo reale di mostri che esistono solo nel sonno della ragione.
Teoria affascinante, che ho omaggiato in questo ebook. Horror, ovviamente.
Ma c’è un altro aspetto poco considerato, che qui è parte integrante del binomio caldo – manifestazione di creature impossibili.
Il tempo.
Se il buio, con la frescura della sera, favorisce gli incontri spontanei di desiderosi d’ascoltare storie dell’orrore, i demònii feroci e terribili sogliono manifestarsi a una data ora del giorno.
O meglio, in un intervallo che non appartiene al consueto e normale flusso del tempo, ma che si separa da esso. Proprio così, un’ora impossibile, che non esiste: la cosiddetta controra.
Difficile darne una definizione esatta. Ogni zona del meridione, della Puglia specialmente, la descrive come più gli aggrada.
Le versioni però concordano poche caratteristiche.
La controra è:
– un intervallo di tempo imprecisato, teoricamente compreso tra la Mezza (mezzogiorno e mezzo) e le tre del pomeriggio (l’ora del demonio).
– un fenomeno estivo, coincidente col gran caldo (quello che nei paesi anglofoni è definito “heatwave”). Ne consegue che la controra esiste solo nei mesi estivi, o quasi.
– un intervallo in cui il tempo è sospeso. Ovvero, il flusso del tempo, scandito in ore, minuti e secondi, durante la controra cessa di esistere, per poi riprendere al termine della stessa. Tale sospensione, magica e naturale insieme, è scandita dal cessare dei suoni consueti della natura, sostituiti unicamente dal frinire delle cicale e, se c’è, dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi e sui campi di grano. Il frinire delle cicale, specialmente, col suo ritmo incessante, favorisce la componente ipnotica che, insieme al gran caldo, induce la sonnolenza.
– dal suo stesso nome, un’ora al contrario, un’ora negativa, estranea, aliena. Perciò anche e soprattutto, ostile.
Ne consegue che, durante la controra, non appartenendo la stessa ai fenomeni mondani, le intelligenze sovrannaturali riescano a entrare nel nostro mondo, per predarlo di anime.
Gli incontri con gli spiriti più malvagi avvengono, per tradizione nel meridione, durante la controra. Che viene lasciata volentieri all’abbandono e alla solitudine, preferendo, i saggi contadini, trovare rifugio nelle abitazioni imbiancate a calce, a godersi un riposino.
Mentre fuori, gli incauti viandanti sferzati dal vento bollente e martellati dal caldo, s’imbattono in creature da un altro mondo.