Underground

La condizione umana – Xue Jiye

Un’altra folgorazione.
Xue Jiye è cinese, nato nel 1965 nella regione del Dalian. E dipinge assecondando bisogni che potrebbero risuonare banali.
Dipinge perché la realtà è noiosa. Così lui la trasfigura rendendola appetibile. Siamo ai confini del surrealismo.
A suo dire, ha talmente tante immagini nella testa che non basterà la sua intera vita a ritrarle tutte.
Si potrebbe pensare di essersi imbattuti nell’ennesimo fantoccio che fa dell’arte il suo vanto e atteggio, più che opera.
Poi, però, basta dare uno sguardo attento al suo lavoro, per ricredersi.

Folgorazione, dicevo, perché Xue Jiye è un altro di quelli che gradirei avere nella mia collezione privata.
La società, creata dall’uomo, è il male di quell’uomo.
Questo, per riassumere.
Poi ci si addentra, tela dopo tela, dipinto dopo dipinto. E si comincia a cogliere i motivi ricorrenti.

La nudità. Intesa come impossibilità di difendersi. Si nota bene che l’essere umano di Xue Jiye è uomo universale, non appartiene a nessun gruppo etnico, è colto da vicino, in spazi angusti.

O che via via si fanno angusti. È schiacciato, o senza identità, o veste maschere che gli sono imposte e per liberarsi delle quali deve strapparsele di dosso, come fosse pelle.

Estrema vicinanza al soggetto uomo, quindi, oppure al contrario estrema distanza.
Quando l’uomo è colto nel suo insieme sociale, non è dissimile, nella sua indefessa operosità, a una formica operaia, che lavora nella costruzione di impianti complessi, statue, oggetti astratti che rappresentano valori simbolici che lui stesso, il piccolo uomo, ha inventato.

Oppure è colto mentre combatte contro i suoi simili. Piccole formiche che si fanno la guerra su un pezzo di roccia, per ragioni imperscrutabili.

La società ci ha reso via via più stupidi e ingenui, e ciò che un tempo era interessante, fantastico, stimolante, ora è divenuto improvvisamente noioso e privo di senso.
È questo contesto, trasferto in un ricchissimo universo immaginario, che Xue Jiye ritrae. La nostra nudità e la nostra illusione.

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