“Nei giorni come quello, in cui il cielo era coperto di nuvole, Robert Neville non era mai sicuro di quanto mancava al tramonto e a volte li trovava già nelle strade, prima di riuscire a rientrare in casa.”
Loro sono i vampiri, quel che resta della civiltà umana spazzata via da un virus diffuso da tempeste di sabbia e zanzare.
Lui è Robert Neville, l’unico superstite di quella ormai estinta civiltà. Egli è sopravvissuto suo malgrado, quando, dopo aver perso tutto, avrebbe voluto morire più di ogni altro. Eppure il suo sangue che lo rende immune al contagio e la vigliaccheria che gli impedisce di farla finita lo costringono ad una lotta infinita, giorno dopo giorno, fino alla fine che, probabilmente, avverrà per mano di quei mostri, tra i quali ci sono i suoi ex-amici e colleghi, che assediano la sua villetta notte dopo notte.
Io sono Leggenda (I am legend – 1954) di Richard Matheson non ha nulla a che vedere con il recente film omonimo con Will Smith. Non c’è posto per la speranza, neppure effimera. E’ un progressivo avvicinamento ad una fine liberatoria quanto ineluttabile.
Robert Neville è la leggenda del titolo, egli è l’essere umano, sopravvissuto all’estinzione dei suoi simili, sempre sull’orlo della follia, che è tenuto in piedi esclusivamente dalle sue manie e dagli obiettivi a breve termine, aggiustare un motore, fabbricare paletti, portare i cadaveri alle pire funebri che bruciano costantemente fin dai primi giorni del contagio, e a lungo termine, quali scoprire il significato del vampirismo, la causa della morte di sua figlia, sua moglie e di tutta l’umanità, che egli stesso si pone; egli è il mostro che ha ucciso centinaia di vampiri per portare avanti questi suoi folli esperimenti, egli è la morte personificata, è il diavolo per i vampiri, come il vampiro era il diavolo per gli uomini. E con questo ribaltamento di prospettiva unico si chiude uno dei romanzi più innovativi del genere.
Non è insolito che la fonte sia superiore ai suoi derivati cinematografici, ma raramente come con questo libro ci si compiace che sia così.
Il testo possiede una purezza e un’immediatezza rara, oltre che solidità d’intreccio e coerenza stilistica.
Da leggere per riconciliarsi col mondo, nel caso in cui si sia visto prima il film.