L'Attico

Il vecchio del futuro

Ho quasi quarant’anni.
E no, mi spiace per gli adoratori di stereotipi, ma non mi sento strano/a un traguardo/più saggio o più vecchio. Niente di tutto questo.
Pensavo a quando ne avevo otto o nove, di anni e tentavo, ignorante del mondo, di proiettare la mia esistenza più in là, verso i venti, trenta e passa anni. Verso i quaranta.
Non so se i bambini lo facciano, se sia abituale. Io, poi, sono sempre stato strano. Oggi, figlio delle mamme attuali, sarei di certo un bambino in cura da qualche specialista, di cosa poi non si sa, specialista. Forse nel complicare ciò che invece dev’essere lasciato sbrogliarsi da solo.

(soundtrack)

oldwomanAl di là dei miei tentativi, quindi, d’immaginare un futuro per me, come se dovessi invecchiare solo io al mondo, ricordo però che la vita, all’epoca era chiara: era stata stabilita dai miei genitori e non solo, dalla società, che credo fosse, all’epoca, un enorme insieme di genitori che avevano deciso, non so bene quando, che il loro way of life, il loro modo di vivere fosse l’unico socialmente accettabile. Di più, l’unico che funzionava davvero. Quindi, per forza di cose, da riprodurre all’infinito, secondo una concezione male applicata di industrializzazione e produzione in serie.
Tutto doveva diventare una copia, di una copia, di una copia… compresi i loro figli. Io, nella fattispecie.

Questo era il loro modo di vivere:

famiglia, matrimonio in chiesa
due figli
automobile
festività comandate con i tuoi
ferie al mare
e via, di anno in anno, come una sorta di perverso deja-vu, fino alla pensione e oltre, verso l’infinito

Il tutto scandito in rigide tappe forzate, che grossomodo iniziavano col finire della scuola dell’obbligo. Per questo, io appena diplomato avrei dovuto:

trovarmi un lavoro
fidanzarmi (fidanzamento massimo di un anno, di più era percepito come scarsa volontà di impegnarsi)
fare un matrimionio in chiesa per non vivere nel peccato
fare un figlio entro il primo anno (stesse ragioni di cui sopra, in caso superata la soglia psicologica dei dodici mesi, altrimenti i vicini e i parenti avrebbero cominciato a sparlare e a ipotizzare infedeltà e/o impotenza e/o infertilità)
fare il secondo figlio dopo circa due anni (ci volevano due figli, altrimenti avrei vissuto la mia vecchiaia in un misto di felicità e malinconia per l’occasione perduta)
trascorrere le festività comandate con i miei
fare le ferie al mare
e via, di anno in anno, fino alla pensione e oltre, fino alla tomba (di famiglia, possibilmente)

live free or dieCapite bene come io che, da quando sono nato, si può dire, sono sempre stato refrattario agli schemi abbia potuto accogliere questo destino tracciato per me da terzi. Quei terzi che pretendevano pure di essere ringraziati dell’opportunità che loro mi offrivano.

Non l’ho mai preso in considerazione, questo destino.

Così, quel bambino di nove anni è diventato adulto.

Un adulto che non ha fatto il militare perché non volevo essere “raddrizzato”, in special modo da individui volgari e incapaci di esprimersi correttamente nella mia lingua madre…
Un adulto che ha sfanculato un professore universitario pubblicamente a due esami dalla fine, e s’è laureato lo stesso.
Un adulto che non ha mai creduto che esistesse un modo di vivere più giusto, rispetto a un altro…

Mi rendo conto, oggi, di essere sempre quel bambino che a nove anni già pensava a come sarebbe invecchiato e morto, sognando di indossare almeno le nike autoallaccianti e di farsi una corsetta con l’hoverboard di Ritorno al Futuro.
Mi guardo intorno:
si discute in parlamento (!) non al bar, ma in parlamento, di quale sia il concetto giusto di famiglia… di chi debba o meno, a seconda che gli piaccia il cazzo o la figa, avere il diritto di adottare i figli… che già, a ridurla in questi termini, mi pare una cazzata, discuterci su, ma invece c’è gente che, cazzo, ci litiga, su ‘sta storia, come se al bambino importi qualcosa di diverso rispetto all’amore che deve ricevere…
Vivo in un mondo in cui gente in tonaca stabilisce come io debba vivere, o peggio ancora com’è giusto che io viva, altrimenti, sticazzi, mi scomunica…
Io, che pure ero un credente, sono spinto all’ateismo distruttivo, che sia dannato se mi faccio condizionare l’esistenza da un branco di vecchiacci…
In un mondo in cui gente ti guarda storto perché mangi una bistecca e si sente superiore nei suoi cavoletti di Bruxelles.
E intanto, tutt’intorno, esplodono case e città…

proverbMi pare proprio un mondo di merda. Sorvolando su tutte le altre, infinite violenze…
Non so se sia frutto del precedente, o se sia ancora lui, il mondo dei miei genitori, che s’è solo deformato a causa del progresso e della tecnologia.
Mi sembra più una cosa così, una distorsione arrogante di un mondo già schifoso di per sé, perché convinto di essere perfetto.

Senza pensione, con un lavoro da schiavi oppure, oppure, vivendo dei frutti dell’orto… perché l’antico way of life sta crollando su se stesso e chi mi guardava storto, fino a qualche anno fa, perché a trentacinque anni suonati ancora non avevo messo la testa a posto, non mi ero sposato, non avevo ancora fatto i miei due figli, è stato annichilito dal suo stesso fallimento e ora passa il tempo a fumare e guardare attraverso i vetri la vita scorregli attorno veloce, confuso e devastato, perché il mondo gli è rotolato via da sotto i piedi.

Mi sembra quasi sussurrarmi, quell’individuo rotto, che, fanculo, ho fatto bene e faccio bene a andare avanti per la mia strada, ad aver rigettato tutti gli schemi che mi avevano proposto con tanto amore.

oldmanSe ho paura del futuro?
Cazzo sì, ho una paura fottuta.
Guardo indietro a quel bambino di nove anni e gli dico che i sogni sono belli e che se anche la realtà, trent’anni dopo, non è minimamente simile a quella che sognava, va bene lo stesso, perché ho ancora la testa sulle spalle, non ho mai venduto il culo e posso guardami allo specchio sapendo di essere integro, per quanto un po’ ammaccato.

E poi guardo al vecchio del futuro, di ottant’anni e passa, e me lo immagino spezzato, col bastone, ma mai piegato, con qualche nipotino che corre qua è là, inseguendo il gatto, nel giardino. Hai raggiunto quello che volevi, vecchio mio, ma a modo tuo, senza farti fregare.
Sii fiero.

E siatelo anche voi, di voi stessi. Non pensate di aver perso qualcosa, solo perché non l’avete colta, qualcosa stabilita da altri per voi.
L’unica cosa che potete perdere davvero è il tempo. Quello non ve lo restituisce nessuno.
Non sprecatelo soddisfacendo i sogni altrui, ma i vostri. Sempre, cazzo.
Sempre.

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