Tempo di una nuova Operazione Nostalgia. E così, mentre si discute di luoghi comuni, degli amati e odiati anni ’80, e si lavora al nuovo Thor cinematografico io mi sono lasciato cullare dai ricordi.
Se dovessi esprimermi in merito a ciò che penso sarà il film di Kenneth Branagh, verrebbe fuori un articolo simile a quello di ieri su Conan e il suo reboot. E io non amo ripetermi.
Ma il dio del Tuono ha comunque un ruolo fondamentale in questa faccenda. A lui è dedicato, infatti, il primo albo a fumetti che ho acquistato: The Mighty Thor, mensile di Luglio 1991, edizioni Play Press, lire 3000.
1991. Avevo quindici anni. Non che, prima di allora, non avessi mai acquistato fumetti, ma quegli anni, i novanta, segnarono la rinascita della Marvel in Italia, dopo i fasti e la decadenza della Corno.
Un mio amico, compagno di scuola, li comprava già da qualche mese. E non capivo sinceramente cosa ci trovasse ne “Il Punitore”, e nel brakka-budda-budda, che altro non era che l’onomatopea associata alle sue armi automatiche quando puniva i criminali. Sempre questo mio amico, che nel frattempo ha fatto perdere le sue tracce avviluppato dalla vita che ha in serbo un labirinto per ciascuno di noi, trattava i suoi albi con un rispetto e una cura che sfociava nella venerazione. C’era Jim Lee, a quel tempo, a guidare e disegnare il Punitore. Jim Lee era eccezionale. Lui e le sue matite.
Uscendo da scuola con un’ora d’anticipo mi propose: “Perché non compri qualcosa anche tu? Non il Punitore, però. Qualcos’altro, così ce li scambiamo!”.
“Uh? D’accordo…” risposi. Anni più tardi quello stesso tono l’avrei usato con una ragazza che volevo mollare. Riuscendoci.
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Diecimila Lire
Avevo in tasca diecimila lire. Alessandro Volta ammiccava con gran gusto, da furbone che la sa lunga, dalla carta filigranata azzurrognola.
Nella vetrina dell’edicola, tra gli altri, vidi due numeri del possente Thor. Uno accanto all’altro: il numero 10 e il numero doppio 11/12.
Prima che me lo chiediate, era Settembre, la scuola era riaperta e quegli albi se ne stavano a prendere polvere già da qualche mese.
Thor, il dio del Tuono, era una novità assoluta. La Marvel era una novità assoluta. E tutto il suo universo di supereroi vestiti in modo ridicolo.
Era ancora lontano il tempo delle rinascite cinematografiche a cura di registi che, nelle intenzioni, avrebbero dovuto concedere loro, agli eroi mascherati, dignità letteraria. C’era solo il Batman di Michael Keaton e il Joker di Nicholson che, dal canto loro, erano già divenuti immortali. E c’era anche la prospettiva di uno Spiderman di James Cameron che, proprio in quell’anno, aveva dato vita al sequel più spettacolare, dopo “Aliens”, che la storia ricordi, nonché al morphing. E il cinema non sarebbe stato più lo stesso dopo il metallo liquido del T-1000.
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L’Orologio
Ma torniamo a Thor. Sulla copertina del numero 10, l’asgardiano si tramutava in un ranocchio. Copertina stuzzicante e colorata. In fondo la storia non mi interessava più di tanto. Sempre di prova si trattava e, importante, il contenuto di quel tipo di albi, pensavo, quasi mai corrispondeva a ciò che si vedeva all’esterno.
Ero stato abituato male.
Sia come sia, tornai a casa. Sulla strada venni derubato da due delinquenti. Mi fregarono l’orologio e le mille lire di resto. Ne presi un bel po’, ma le diedi anche. E poi, due contro uno…
‘Sto cazzo di Thor, tre per due, mi era costato 9000 lire, uno Swatch anni ’80 prima serie, che chissà quanto vale ora, magari qualche migliaio di euro, e una prima serie di cazzotti.
Ma vabbé, cose che capitano a chi andava in giro vestito Best Company come un cazzone figlio di papà per non sentirsi escluso.
In ogni caso non avevo segni permanenti. E le botte mi erano servite. E sarei avanzato, come sempre, da allora, a testa bassa. Come Rocky. Da quel giorno, ho fatto a botte altre tre volte. Una di queste per una donna.
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Il dio-rospo
Sfogliandolo avvertivo la caratteristica puzza di carta marcia dell’edizione PP e apprendevo che in Asgard, il dio Odino era scomparso, e sua moglie Frigga aveva indetto un althing, l’assemblea generale, caratteristica dei popoli nordici, per nominare un nuovo dio alla guida del Reame Dorato.
Thor, nel frattempo, era restato intrappolato su Midgard (la Terra), vittima di un sortilegio del suo nemico storico, il dio Loki.
Il maleficio era scaturito da un bacio dato a Thor da un’ammiratrice e, come risultato, il dio del Tuono si era tramutato in un rospo.
Ok, ci sarebbe anche da ridere.
Dopo quello che mi era successo, certamente non mi sarei mai aspettato di dover leggere la storia di un dio-rospo a Manhattan, in un’epica lotta che lo vede schierato al fianco della Stirpe delle Rane, contro il selvaggio Popolo dei Topi, il tutto nella verde cornice di Central Park. Quel giorno conobbi quel grandissimo disegnatore che è Walter Simonson e la sua firma a dinosauro. Ebbi modo di apprezzare la svolta che egli seppre imprimere alla testata di “The Mighty Thor” che prima di lui aveva conosciuto tempi di crisi. E capii che, a dispetto dell’apparente leggerezza o bizzarria di una storia condita di elementi fantastici, quel che più conta, dopo aver sospeso l’incredulità, è la qualità della stessa.
E credetemi. Questo breve episodio in compagnia di anfibi, gang di ratti e i famosi coccodrilli delle fogne di New York, eccezionalmente guidati da un barbone pifferaio magico, è una delle storie più divertenti che abbia mai letto, con momenti di puro genio. Tra i tanti:
1) Thor che, appena trasformatosi in rospo, saltando qua e là, si reca al palazzo dei Vendicatori, il gruppo di supereroi che ha da poco abbandonato. Entra direttamente dalla finestra cucina, fa cadere con un calcio il barattolo dello zucchero e inizia a scrivere un messaggio per chiedere aiuto, quando sopraggiunge il maggiordomo della magione, Jarvis, il quale, a colpi di scopa, lo scaccia con brutalità.
2) L’incontro col Pifferaio magico, che avviene nelle fogne, mentre Thor/rospo sta fuggendo da un branco di Topi che vuol fargli la pelle. Accortosi che l’uomo sta suonando per un gruppo di coccodrilli, il dio del Tuono esclama: “Alligatori! Le favole di New York City sono vere!”.
Ma Thor, anche da rospo, è sempre il dio del Tuono. Picchia a più riprese i ratti, risolve i problemi delle Rane, aiuta anche la popolazione di New York, dal momento che i Topi, pur di avere ragione dei loro nemici giurati, vogliono avvelenare l’acqua della città versandoci dei barattoli di veleno, mettendo così a rischio anche gli umani; dopo di ché, rifiutata una gentile offerta di matrimonio dalla Principessa delle Rane, con tanto di cuoricini tutt’intorno ai balloons, ritrova il suo martello per riacquistare sembianze umane. Ma le cose non vanno mai per il verso giusto…
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Limbo
E voi? Qual è il vostro primo fumetto?
Il Thor di Simonson mi ha dato una splendida lezione. Ha aperto le porte al weird, all’elemento bizzarro, al fantastico. Davvero un peccato che non si consideri seriamente la possibilià di trarre da questo e da altri capolavori a fumetti, sceneggiature per altrettanti film. Si preferisce, invece, restare nel Limbo dei reboot, narrare, come in una sorta di maledizione universale, sempre la stessa storia; quella del dio ribelle, dell’eroe, del ragazzo licantropo, dei parvenu, di tutti coloro che, partiti male, devono apprendere la lezione, e la morale, per potersi integrare anche loro in società.
Questa storia non è ormai solo banale. È anche disperata.
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