Stamattina ho letto un post interessante, via fb: questo.
Per cui vi invito a fare altrettanto. Ossia leggerlo, prima di continuare questo.
Dato che, in questa realtà virtuale, conta anche l’ “età”, e dal momento che bazzico in rete dal 2009 e che di cose (e oscenità) ne ho viste parecchie, aggiungo la mia, senza troppi sbrodolamenti.
Innanzitutto dico che, secondo me, essendo stato a suo tempo uno dei fautori della protesta citata a inizio articolo linkato, inerente alle donazioni ai blogger, gli argomenti “donazione” e “mutuo scambio” non sono collegati.
Sono, a mio avviso, entrambi dei malcostumi. Il primo si basa fondamentalmente su una presa di posizione arbitraria del “tutto gratis”, spesso enfatizzata da certe teorie libertario-pseudo anarchiche che fanno ridere i polli. Ma su questo argomento ho già dato a suo tempo, e non ho alcun interesse a riaprire la questione. Si è creato, da allora, un nuovo equilibrio, e le cose mi stanno bene così come sono adesso.
Mi interessa invece in particolare la seconda parte dell’articolo, quella del “mutuo scambio”, o del “do ut des”, come l’ho sempre chiamato io. Atteggiamento che, in soldoni, si può riassumere nella maniera seguente:
io commento da te se tu commenti da me (gne gne gne)
Con, a corollario, una condivisione o un “+1” o un “mi piace”, e via dicendo. Sempre, rigorosamente, in regime di favore reciproco.
In pratica, un continuo (e spesso inteso in maniera vincolante) scambio di commenti tra blogger (su qualunque post, con qualunque tipo di commento, a volte solo una faccina), pena, in caso di mancata esecuzione, la messa al bando, e la conseguente perdita di “utenza”.
Sarò breve: il fenomeno esiste. Da sempre. Esiste anche nella vita reale. Fuori si danno mazzette. Qui, nella rete, nel mondo dei bit, la valuta è “il commento”, “il carburante di un blog”.
Cazzate.
Tutto questo fa una gran pena.
Perché la sensazione è di avere a che fare con bambini in guisa di trenta-quarantenni. Gente capricciosa che non si limita a togliere il saluto, in caso di mancato commento, ma inizia ridicole faide che durano anche mesi. E che portano a nulla. Oltre che a esacerbare gli animi dei contendenti.
Ma, al di là dei casi limite appena citati, che pure esistono, il do ut des è consuetudine radicata, stupida, e purtroppo praticata dall’oltre il 90% dei blogger. Così, a una stima superficiale.
Ora, ammettendo che la maggior parte dei lettori (e quindi dei commentatori) siano a loro volta anche blogger, si sta assistendo a una sceneggiata epocale, che probabilmente negli anni a venire sarà studiata come fenomeno sociologico di massa: la blogosfera si alimenta dei commenti dei suoi stessi autori.
In pratica, i veri lettori (quelli che dovrebbero smuovere gli ascolti e la circolazione delle notizie) mancano, e a commentare sono gli stessi autori. Ognuno che tenta, disperato, di difendere il proprio orticello e allo stesso tempo di ingrandirlo, coi solchi lasciati dall’aratro.
Un po’ come battere moneta e attribuire a essa un valore nominale, senza però possedere metallo prezioso nelle casseforti del regno.
Una catastrofe annunciata. Senza oro non c’è valore. Senza veri lettori, non c’è blogging.
Soluzioni?
Una sola.
Quella che sto attuando da tanto tempo, circa tre anni: fregarsene.
Per meglio dire: scrivere quello di cui si ha voglia, senza badare alle correnti. Leggere solo i siti che si vogliono leggere davvero, commentarli se proprio si ha qualcosa di intelligente da dire e condividere sui social network, se ci pare il caso; ignorare gli adulti-bambini che frignano appellandosi a una (falsa) netiquette che esiste solo nella loro testa. E che in realtà vogliono soltanto instaurare in rete una imitazione (pallida, ma efficace) del degradante sistema di favori che vige nel mondo reale: io aiuto te se tu aiuti me.
Questo è il mio blog, ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio!
Il mio blog è il mio migliore amico.
Senza il mio blog io sono niente!
Senza di me, lui è niente!
Bisogna fare ciò che si vuole, non smarrendo mai una cosa fondamentale, che altri predicatori, in questi anni, vi hanno spinto a ignorare: la cortesia.
Che non è accettare di scambiare i favori, ma comportarsi civilmente. In ogni ambito. Cosa che ormai pochi riescono a concepire.
Sperando, sempre, di non smarrire mai lo spunto originario, quello che ha spinto ognuno di noi ad affacciarsi alla rete, convinto di avere qualcosa da dire, volendo farlo e trovando ricco e divertente il confronto con altre menti.
Il resto è: nulla di cui preoccuparsi. La vita è troppo breve per star dietro ai capricci di bambini troppo cresciuti.
Mai dare agli altri più importanza che a se stessi e ai propri sogni.
Ad maiora.