L’altro giorno, mentre pensavo a come mandare avanti la baracca, mi son guardato qualche film. Tanto per ricordarmi che questo è un blog di cinema e dintorni.
Due aventi come protagonista Jennifer Lawrence, la ragazza che mangia come un cavernicolo (parole sue), ed è bellissima, e ha vinto l’Oscar a 23 anni, ed è una di quelle che se hai l’occasione e te la fai scappare sei un fesso:
Il Lato Positivo
e
House at the end of the Street
E uno con protagonista Amber Heard: Syrup.
Sì, esatto, li ho visti per le attrici in questione, normalmente li avrei schivati come pallottole.
Sì, sono in grado di schivare le pallottole e ho gusti superficiali, contenti? ^^
Per cui, per comprendere appieno il seguente sproloquio NON conviene tanto aver visto i film in oggetto, bensì comunque aver visto almeno un paio di film in vita vostra, e aver letto un buon libro, perché si andrà a discutere (con la vostra partecipazione, mi auguro) di narrazione. Nella fattispecie di finali.
[per cui sì, ci sono spoiler multipli e ad assetto variabile…]
Due dei film precedenti, Lato Positivo e Syrup, sono commedie romantiche. E quando dico commedie non intendo film comici, come molti credono.
Il terzo, quello della Casa in fondo alla Strada, è un horror/thriller vecchio stampo.
Ora, Lato Positivo e Casa in fondo alla strada sono persino inquietanti, se visti per le loro analogie, uno di seguito all’altro.
Il fatto poi di avere la stessa protagonista rende il tutto anche più divertente. Perché se nel Lato Positivo c’è una sorta di elogio della follia, in cui protagonisti disastrati dalla vita, sotto psicofarmaci, trovano nell’amore reciproco la forza motrice per superare la loro pazzia e la fragilità che ne deriva, inscenando un finale pieno di zucchero (che comunque ci sta tutto) nel secondo, a parità di disagio mentale, questo diviene ostacolo insormontabile: i pazzi sono pazzi, e per di più pericolosi, e vanno fermati con le maniere forti, altrimenti ti fanno la pelle. Pessima scelta, per messa in scena e resa, non tanto per contenuti.
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Comunque, c’è un particolare, del Lato Positivo, che mi ha fatto riflettere: il protagonista maschile, impegnato a leggere un libro di Hemingway per distrarsi dalle sue ossessioni, lo getta dalla finestra perché non riesce a sopportare il finale tragico, in cui la protagonista femminile muore subito dopo aver recuperato un travagliato legame sentimentale col proprio uomo.
È un libro di Hemingway, un capolavoro della letteratura.
Il finale di Syrup è invece tragico: i due protagonisti non riescono a superare l’etichetta imposta loro dalla società e a trovare un motivo per far funzionare la loro storia al di là della recita che quotidianamente sono costretti a compiere. È così tanto radicata in loro, la finzione, che ormai è diventata reale. Quindi la loro storia non può avere un futuro.
Il Lato Positivo è l’unico film dei tre ad avere un finale ottimista in cui tutti sopravvivono e sopravvive, fiorisce persino, la storia d’amore, in aperto contrasto con Hemingway e coi finali tragici, tanto vantati dai critici. E amati dai radical chic (il che mi porterebbe a odiarli per reazione, ma non divaghiamo).
Come il vecchio Love Story: legame travagliato, ostacolato da differenze sociali, alla fine i due si mettono insieme, lei si ammala e muore.
Fiumi di lacrime.
E anche qualche risata, decenni dopo. Sapete, le nuove generazioni… ^^ (balle, ho riso anch’io, perché quando è troppo è troppo XD)
Eppure, la letteratura vuole i finali tragici. Li considera migliori, più sentiti, più realistici, meno banali, in sostanza. Anche la critica li considera tali. E se ciò non è dogma ufficiale, diciamo che viene rispettato in via ufficiosa.
Come se fosse poco conveniente fornire allo spettatore un po’ di speranza, giusto quel po’ che gli servirebbe a non gettare il libro dalla finestra.
Scherzando, ma anche no, qualche settimana fa mi si faceva notare che il finale del mio libro, GfH, avrebbe potuto essere diverso, ma solo in senso tragico, non sospeso, com’è in realtà. La bambina che sarebbe dovuta venire alla luce avrebbe dovuto portare con sé qualche lutto… magari morire insieme alla mamma, o morire lei, o far morire la mamma. Insomma, tragedie all’ombra della pandemia gialla…
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C’era anche un vecchio adagio, che poi è quello seguito da Martin nel suo Gioco del Trono. Se vuoi bene ai tuoi personaggi, devi rovinargli la vita. Perché una storia interessante è una storia difficile. E i lettori soffriranno, ti malediranno, ma poi ti ringrazieranno, perché avrai rispettato i personaggi e soprattutto loro, i lettori.
Ecco, magari Martin radicalizza un po’ troppo, anche se lo sapeva benissimo, il volpone, che sarebbe stato un successo assicurato. Ma il senso è quello.
Le nozze rosse rendono onore ai personaggi? O li sprecano?
Parliamo di esiti.
Esiti in generale, senza fissarsi su Martin, che in ogni caso ho addotto come esempio lampante.
Abbiamo il finale:
Tragico
Sospeso
Inquietante
Vittorioso, ma che sa di disfatta
Positivo
(e se ve ne vengono altri in mente, aggiungete pure)
Ecco, uno dei finali più belli, per quel che mi riguarda, è quello de La Cosa di John Carpenter. Due sopravvissuti (a stento) alla battaglia contro la creatura, che si scambiano una bottiglia di whisky in mezzo alle macerie fumanti del loro campo base al polo sud.
Quando il fuoco si spegnerà i due moriranno assiderati.
E non importa, perché è un finale da brivido. Sospeso, tragico, e vittorioso insieme. Non si può chiedere molto di più.
Altro giro altra corsa, Ripley che va in ipersonno nella capsula insieme a Jones il gatto, subito dopo aver ammazzato lo xenomorfo, sperando che la navicella di salvataggio venga intercettata da altre navi, altrimenti…
E per concludere, tra i finali preferiti, il director’s cut di Blade Runner, che nega il finale ecologico imposto dalla produzione, con Rick e Rachel che si allontanano in auto tra verdi colline, e fissa il momento alla chiusura delle porte dell’ascensore. Non sapremo mai cosa ne sarà stato di loro. Ed è giusto così.
Senza considerare poi l’altro finale, quello di Roy Batty, e le lacrime che si perdono nella pioggia…
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Quindi sono un patito dei finali grigi, ambigui, magari sospesi. Non di quelli tragici, e nemmeno di quelli zuccherosi. Eppure, proprio come il protagonista di Il Lato Positivo, c’è stato un momento in cui non sopportavo di leggere tragedie, quindi anelavo un finale tranquillo, dove ogni cosa andasse al suo posto, senza scossoni.
Voi che finale preferite? Sono molto curioso di saperlo. E, al di là dei gusti, quale finale è il più efficace, secondo voi? E perché?