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Il fascino opulento dell’Hotel

ahshotelPer la prima volta, avendo Silvia trattato, qui su Book and Negative, la quarta stagione, Freakshow, mi accingo a parlare di American Horror Story.
Nessun motivo particolare, per questa scelta, ma i più affezionati ricorderanno che, più o meno un anno fa, ho messo da parte gli intenti prettamente cinematografici del blog, preferendo un’impostazione generale che avesse il bello e narrativamente interessante alla base degli articoli.

ahsh_sgc_gallery_hires2 (Mobile)E così, veniamo, nuovamente, al lavoro di Ryan Murphy (e del suo amico che dimentico sempre di citare, Brad Falchuk). E alla quinta stagione di AHS: Hotel.
Della quale è andato in onda un episodio soltanto, bastato però a colpirmi, proprio per quei valori suddetti.
Sotto certi aspetti, considero il pilota come il manifesto della serie. Forse lo è, non sto a sottilizzare sull’altare delle definizioni e delle categorie.
Sta di fatto che, questo, proprio pilota non è, ma se consideriamo l’esperimento AHS, ovvero stagioni singole che sfruttano medesimo cast, ma che inscenano storie differenti, sia pure collegate da un sottilissimo fil rouge, allora eccolo, il pilota.

Ed è, Cheking In, trionfo della narrazione. E intendo assoluta: abbracciando sia quella letteraria che quella cinematografica.
Talento già affacciatosi prepotentemente nella costola Scream Queens, qui si apprezza invero ogni dettaglio: dalla messinscena sontuosa, che prende un albergo, il Cortez, a Los Angeles, un asfittico residuato architettonico, a metà tra l’art Deco e quella Nouveau, che attraverso geometrie e prospettiva, ci viene presentato in strane angolazioni che vogliono in qualche modo suggerire una delle caratteristiche peculiari: che il tempo, nell’albergo, non è da considerarsi una costante, come nel resto del mondo.

Lady-Gaga-_3465926b (Mobile)Prima di tutto per la presenza di Lady Gaga che, messi da parte i pettegolezzi e le anticipazioni susseguitesi in questi lunghi mesi di attesa, fa il suo mestiere e lo fa bene.
Partiamo da una struttura architettonica, allora, abitata da strane presenze, come ogni vecchio hotel che si rispetti, per passare puntuali alla complicatissima architettura dei personaggi. E qui, l’abilità da veterano di Murphy, che in questo caso ha curato anche la regia dell’episodio, emerge con prepotenza.
Al solito, abbandonata ogni velleità di natura esplicativa, atta a prendere per la manina lo spettatore confuso, obbedendo alla logica commerciale, Murphy riserva per sé tutto il fascino della narrazione impostando sequenza dopo sequenza e suggerendoci, tassello dopo tassello, una struttura estremamente ricca e complessa, quasi sfacciata, tipica di chi possiede, ormai, un’imbarazzante padronanza dei mezzi che utilizza: un professionista.
Alcuni la definiranno “autocompiaciuta”, ma sono dei poveretti.
A noi interessa la magnificenza delle immagini e la potenza espressiva. Oltre che, di pari importanza, la costruzione dei personaggi: di ogni singolo personaggio.

ahshotel3Facile scorgere riferimenti. Abbiamo, tra le altre cose:

– un numero di camera, particolare, la 64, che è la camera di tutte le camere infestate. Può corrispondere alla 237 dell’Overlook e a miriadi di altre camere nei più disparati alberghi del mondo.
Ogni hotel ne possiede almeno una.
È una camera particolare, in cui… sono successe tante cose non proprio giuste, nel passato e che, in qualche modo, sono sopravvissute nel presente, come ricordi attecchiti alle pareti.
La 64 è la camera che, più volte, già a partire dal pilota, ha il compito di muovere la storia, farla progredire: la fucina degli eventi.

ball roll to danny (Mobile)la moquette; i più attenti avranno ravvisato, nel motivo geometrico della moquette nella hall del Cortez, una somiglianza, anche cromatica, con la labirintica moquette di Shining. Per intenderci, quella dove Danny giocava con le automobiline, e dove viene raggiunto dalla pallina da tennis, guarda un po’, lanciata proprio dalle oscure presenze della camera 237.

– e ancora, l’ufficio della polizia che, coi suoi soffitti alti e ariosi, pieni di volte e di archi, tanto ricorda quella biblioteca dove Morgan Freeman in Se7en trafficava coi volumi per cogliere l’ispirazione atta a risolvere il caso di omicidio.

ahshotel2– E gli omicidi su cui indaga John Lowe (Wes Bentley – che tra parentesi mi ricorda molto l’agente Cooper), con le vittime composte in modo da suggerire punizione e espiazione, che rammentano ancora Se7en e gli omicidi rituali dei vari Hannibal Lecter.

– E inoltre, i sette minuti che ci introducono Lady Gaga che rappresentano quasi un’attualizzazione della scena d’apertura di The Hunger (Miriam si sveglia a Mezzanotte).

Perché sì, più che i fantasmi, anche se la presenza di presenze è palese e attestata, coraggiosamente si va a ripescare ancora il vecchio mito dei succhiasangue, esseri decadenti e lussuriosi, che in qualche modo, data la loro natura altra, infestano i luoghi in cui abitano, contaminandoli.
E in effetti torna, benvenuto, quel binomio orrorifico appartenente a tutta la vecchia cinematografia vampirica, quel rapporto indissolubile e in qualche modo biunivoco, fra la creatura ultraterrena e il luogo che essa occupa, che incarna, come fa l’hotel Cortez, quella sfumatura particolare propria del padrone.
In questo caso, il suggerire che il flusso del tempo non scorra, all’interno dell’albergo, come nel resto del mondo, è simbolico dell’essenza immortale degli esseri che, per antonomasia, ne sono fuori.

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec