Sembra che questa sia la settimana dedicata ai blog. Qualche autore s’è intrattenuto, infatti, dissertando sulla natura e sugli scopi di questi aggeggi. Meglio sarebbe chiamarle piattaforme, ma io preferisco la parola aggeggi. Qualcosa di non meglio identificato che, in teoria, sopperisce alla natura carceraria di riviste a siti sugli argomenti più disparati. La libertà e i blog. Ci torneremo tra poco.
Questo è il mio blog, il blog di Hell. Siamo partiti in tre. Io e altri due amici. Uno l’abbiamo perso per strada, il secondo, Norys, resta come un fantasma a sorvegliare le funzionalità della nostra interfaccia, la più buggata dell’universo-mondo. Non che si impegni molto, devo aggiungere…
E poi ci sono io. Ecco… credo di averlo già detto/scritto da qualche parte, ma è utile ribadirlo: ci sono io che, a giugno 2009, quando si trattò di trasformare un morente forum omonimo in un blog, non sapevo neppure cosa volesse dire la parola blog.
Ne avevo una vaga idea, certo. Ma la prospettiva di aggiornare, ovvero scriverci sopra ogni giorno, mi atterriva. Cosa dire? E di cosa parlare?
Mi sono riversato in rete, letteralmente. Non a caso, amo dire che questo posto è estensione della mia personalità. Pieno di spigoli, severo per certi aspetti, giocoso per altri. Non è che non voglia crescere, ché ancora mi diverto a fantasticare su amori e passioni impossibili. Il fatto è che ho sempre pensato che, per crescere, non è necessario morire dentro.
Un po’ di musica, va…
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Un blog giovane. Book and Negative ha solo due anni. Due anni difficili per me. Ho perso mio padre e arranco, come molti altri, nelle spire della crisi economica globale. Ma, come faceva anche lui, non ho mai smesso di scherzare e di combattere. Di ridere. Lui rideva anche della sua malattia.
Ho scritto quasi ogni giorno, spaziando, riflettendo insieme a voi, incazzandomi, ma spesso dando vita a discussioni produttive e interessanti. Ho anche scritto un libro, e subito tentativi di seduzione da parte di chi ufficialmente ci porta in spregio, noi blogger, ma in privato pretende di utilizzarci come discarica di pubblicità gratuita.
Oggi ho capito che non ho intenzione di chiudere il blog. Esso potrà conoscere pause, più o meno lunghe, o forse no, forse continuare a produrre materiale, ogni giorno. O quasi. Ma non chiuderà.
Questa decisione è merito vostro. Di voi che leggete e che mi avete dato forma. Concetto difficile, quest’ultimo.
Alex l’altro giorno parlava di responsabilità. Quel senso che attanaglia mentre scriviamo articoli, sapendo che saranno letti, non è esagerato affermarlo, da centinaia di persone. Vero.
Ma leggere questa frase di Lucia,
il mio amico Hell, che leggo da prima che aprissi questo blog e che è stato un po’ il mio punto di riferimento quando ho deciso di mettermi a scrivere
be’… cambia la prospettiva.
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È responsabilità, ma è anche gioia. Perché mi fa capire di essere arrivato a qualcuno, pur con tutte le mie contraddizioni e il mio essere scontroso. Non voglio che si parli di politica o di religione. Pretendo che i miei utenti mantengano il decoro nei loro interventi. Non tollero insulti e attacchi. E interventi da troll, mascherati da bambinate.
Non permetto i commenti agli anonimi, e anche commentare coi sistemi alternativi è difficile da queste parti. Ma anche no.
Gli anonimi, se hanno deciso di restare tali, qui non avranno mai voce. Tutti gli altri, quelli che hanno voluto commentare davvero, chissà come, ci sono riusciti. E ora sono tra i più cari amici che ho.
Il problema, quindi, non è nei commenti. Ammesso che esista un problema.
E magari, l’incertezza che avete nel commentare, è anche colpa mia. Ferruccio credeva fossi una specie di cannibale, prima di fare il grande passo e scrivere. Chissà voi altri, cosa pensate del sottoscritto.
Di sicuro, senza andare troppo lontano c’è gente che mi detesta e che mi rema contro, perché sono strafottente e arrogante. E ok, non si può stare simpatico a tutti. E, in fin dei conti, me ne frego di stare simpatico. Molti altri mi vogliono bene, o vogliono bene a questo posto, il blog. Anche per loro continuo a scrivere. Un blog di cinema che odia il cinema, e che rifiuta di inserire simboli cinematografici nella sua pagina: uno per tutti, la dannata pellicola. Non la vedrete mai, lassù, nell’header. È perfetto, va a braccetto col padrone, io, che odia la letteratura, pur avendola studiata (persino bene). Contraddizioni, o forse solo personalità.
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Ho letto una rivista pubblicata online, l’altro giorno. Ne ho lette diverse. Mi è stato anche offerto di collaborare con altri siti, a volte in modo un po’ arrogante. Capirai, chiedere, a uno come me, le cose con arroganza, significa voler accendere la miccia, a cui seguirà l’esplosione.
Quello di cui mi sono reso conto è che il blog (non questo, parlo in generale) è e sarà la migliore rivista. Perché non è legata, come tutte le altre manifestazioni settoriali, da alcun vincolo. Non si hanno limiti di lunghezza, non si deve ricavare il posto alle pubblicità del cazzo, non si deve ascoltare l’editore o il caporedattore che limitano il libero pensiero. Non si dipende da nessuno e, in più, si può guardare i lettori negli occhi, consapevoli e fieri di non aver mai scritto manfrine. Di non essersi venduti. Ovvio e stupido ribadire che esistono riviste meritevoli, ma pare che sia necessario dire che: il mio è un discorso generalista, ma che esistono le eccezioni. Contenti?
Il valore universale (almeno in teoria) dei nostri diari virtuali: l’indipendenza.
Ora, sarebbe interessante trasformare questa attività in un lavoro, guadagnarci. Per vivere, per non diventare vecchi in un ufficio, pensando a ciò che abbiamo perso, mentre siamo diventati grigi e depressi. Ma questa è un’altra storia.
La mia conclusione, per ora, è: amate i vostri blog e non fatevi comprare.
Da parte mia, resterò tempo e connessione permettendo, a inquinare l’etere ancora per un bel pezzo. A domani. E grazie a tutti.
N.B.: non ho inserito alcun link, in questo articolo, eccetto uno. È una scelta voluta.