Al tempo in cui ero parte dei cinefili dell’internet, il fenomeno stava nascendo. Oggi, che sono passati anni e cinefilo non sono più, è esploso in tutta la sua potenza.
Il fenomeno dello spettatore che, salito in cattedra, blatera a proposito di competenza, coerenza, intelligenza dei personaggi.
Lamentando il fatto che, a volte, la stupidità di certi personaggi è il casus belli, l’origine di tutti i guai del film che ama odiare.
Se ci fosse stato lui, lo spettatore, la situazione l’avrebbe risolta in cinque minuti. Bastava usare il cervello.
Peccato che, se ci fosse stato lui, il film non sarebbe neppure cominciato.
Stesso spettacolo ammorba la narrativa.
Credo che, personalmente, toccai il culmine di questa teoria con Gravity, colpevole, oltre di avere Clooney e Bullock nel cast (“attovi commevciali, puah), di avere, per protagonisti, personaggi troppo americani, scanzonati, poco professionali.
Insomma, che un astronauta, che tra mezz’ora avrebbe dovuto chiudere la sua semestrale missione nello spazio, sprecasse un po’ di carburante della sua tuta per fare il coglione intorno alla stazione orbitante fu giudicato come un atteggiamento troppo leggero.
“Nella realtà quelle cose non le fanno mica”.
Infatti, fanno di peggio. Gli astronauti, quelli veri, improvvisano pure delle cover di Life on Mars, dalla suddetta stazione spaziale.
Però no, non possono cazzeggiare con la loro tuta.
Ora, facciamo un passo indietro.
Vita e narrativa sono due cose diverse. In un certo senso opposte.
La vita è naturale, spontanea, casuale, al limite.
La narrativa è quanto di più artificiale esista sulla faccia della terra.
Ogni cosa, in narrativa, avviene seguendo uno schema preciso. Gli avvenimenti vengono dosati, pensati, ragionati, così come i dialoghi, le azioni, le reazioni dei personaggi.
L’ottima narrativa è quella che prende in giro il lettore (lo spettatore), facendogli credere di essere spontanea.
Ma non lo è. Mai.
La vita, ancora, esige massima professionalità, in ogni settore. O almeno lo vorrebbe. Poi però esistono i comandanti di transatlantici che fanno affondare una nave-palazzo perché impegnati a farsi fare un servizietto in cabina, accanto al timone.
Ecco, se la vita vuole ufficiali preparati, professionisti integerrimi che sanno valutare e agire propriamente in ogni situazione, la narrativa è il suo opposto anche in questo.
La narrativa vuole quegli ufficiali debosciati, quelli che si fanno fare il servizietto e fanno andare a picco la nave. Perché l’eroe possa salvarsi e salvarli.
La narrativa vuole gli idioti.
Un film, un libro, o meglio una storia, per essere interessante, deve essere disfunzionale.
Qualcuno, da qualche parte, deve fare la cazzata.
Da quella cazzata scaturità tutto il film.
Da quella cazzata l’eroe potrà mettersi in mostra e salvare capra e cavoli.
Ma allarghiamo il tiro. Non solo ci deve essere quello che fa la cazzata. La maggioranza dei personaggi devono essere idioti. Chi più chi meno.
Solo il protagonista, alla fine, la deve spuntare.
Vedete anche voi quanto ci possa essere di casuale in un intreccio del genere.
Siamo a percentuali prossime allo zero.
Senza le cazzate, senza che qualcuno guardi dentro l’uovo che contiene il facehugger, non ci sarebbe mai stato Alien.
Perché, protocollo vuole che prima di entrare anche solo in contatto visivo con una forma biologica extraterrestre debbano essere messe in atto tutta una serie di procedure.
Kane starebbe ancora a bordo della Nostromo, a valutare come avvicinarsi neanche tanto all’uovo, ma all’astronave.
Alien sarebbe durato qualcosa come 75 ore, se avessero dovuto optare per un approccio realistico.
Ho detto realistico, non vero.
Se fosse stato vero, e preciso, probabilmente saremmo arrivati alle svariate centinaia di ore comprensive di centinaia di test, prelievi, valutazioni, analisi, ipotesi ragionate e prove sul campo.
Invece, non solo Kane guarda nell’uovo, e viene abbracciato dal facehugger, ma Ash, contrariamente al parere di Ripley – che è una professionista, l’unica intelligente e coerente da voler rispettare le procedure di quarantena, infatti è lei l’eroina – fa la seconda cazzata, ovvero fa entrare Kane e l’organismo alieno a bordo.
Che poi se li inculerà tutti.
Sì sì, lo so che Ash lavora in segreto per la compagnia, però fa lo stesso una cazzata a farlo entrare a bordo, il facehugger, perché ne ignora la natura letale.
Alien è, a ben guardare, una cazzata dietro l’altra.
Però è bellissimo.
Uno dei capolavori della fantascienza, si dice in giro.
Alien è artificiale.
Perché per la maggior parte degli esseri umani che si dilettano nel creare storie è per l’appunto quella la cosa da cui sono ossessionati: la storia.
L’artificio per eccellenza. Il meccanismo a orologeria.
D’altronde, c’era chi non la pensava così. La storia, in certo cinema francese della nouvelle vague, era solo un orpello che mascherava la vita.
La vita, si diceva, è quello che ti capita.
Non l’ha deciso nessuno. Tanto meno chi la subisce.
Eppure, oggi si fa confusione, si pretende professionalità e coerenza, perfezione di comportamenti e di intenti, ignorando il fatto che senza errore non c’è narrazione. Per lo più.
Non c’è storia.
Soltanto vita.
Una narrazione realistica è quello che vogliono. La narrazione realistica è… quello che ti capita. Ovvero molto poco, da un punto di vista di ciò che universalmente viene ritenuto figo: mostri, assassini, alieni, astronavi in fiamme e raggi B che balenano nel buio. Più che altro assomiglia a un cumulo di dati da interpretare. A una serie di avvenimenti senza senso, che si accavallano e si susseguono senza fine.
Fighissimo, certo, ma solo da un certo punto di vista.
Ecco, non è tanto la cazzata che dovreste stigmatizzare, quando guardate un film, o leggete un libro, ma il fatto di averla notata.
Perché, se l’avete notata, allora avete notato lo schema. E la sospensione di incredulità è andata a farsi benedire.
Non è colpa del cattivo personaggio, senza il quale non ci sarebbe nemmeno, la storia. Ma del cattivo narratore.
È lui che vi ha tradito, vi ha mostrato il trucco, lo schema, come un pessimo prestigiatore.
E l’illusione è morta con la sua pessima scrittura.
E voi avete visto, sì, un film di merda*.
°
Quest’articolo è dedicato a Lucia
*o forse no, forse avete voi dei gusti di merda. E non capite niente di ciò che guardate. Tutto può essere.