Lo Pan: “Una ragazza dagli occhi verdi per soddisfare Ching Dai. Una ragazza tanto coraggiosa da affrontare la grande lama! E quando l’avrò trovata la sposerò! Così Ching Dai sarà appagato e mi toglierà la maledizione!”
Jack: “E tu potrai divertirti a governare l’universo da questo sepolcro…”
Lo Pan: “Eh, eh, eh, l’hai detto!”
Jack: “Se fossi in te prima passerei un momento da uno psichiatra!”
Credo, anzi, sono fermamente convinto che un blog di cinema non possa dirsi tale se non vanti, tra le sue schede, almeno una dedicata a Grosso Guaio a Chinatown (titolo originale Big Trouble in Little China), action-comedy a tinte fantastiche del 1986 diretto da John Carpenter.
Più e più volte sono stato tentato di scriverla. Più e più volte ho rinunciato per timore.
Perché affrontare l’argomento è una faccenda delicata.
Credo di essermi deciso dopo aver visto l’ennesima reinterpretazione della locandina che vi ho mostrato qui.
Una volta scritto quest’articolo non si torna indietro, sappiatelo.
Sappiate anche che questo è un articolo parziale. Sarò estremamente parziale nel parlarvi di Jack Burton, del suo amico Wang Chi e della sua fidanzata cinese dagli occhi verdi, di Gracie Law, delle Tre Bufere e di David Lo Pan, spirito alto “tre metri e mezzo”, il “gigante che neppure i camion schiacciano” e contemporaneamente “mummietta sulla sedia a rotelle” che “si diverte a governare il mondo dal suo sepolcro”.
Grosso Guaio a Chinatown è un capolavoro. Semplice e definitivo. E, come tutti i capolavori, unico nel suo genere e destinatario di tutto il mio affetto e la mia indulgenza verso le inevitabili pecche.
Quando venne trasmesso in Italia la prima volta? Qualcuno se lo ricorda? Distribuito negli States nel 1986, sarà giunto da noi quando? Nell’87 o forse ’88? Quel che è certo è che ero un bambino. Ora sono un uomo di trentatré anni, siamo nel 2010, ma, ogni volta che lo rivedo, torno indietro nel tempo e mi diverto come fosse la prima.
Questa, forse, è la vera essenza della magia di cui parla Egg Shen.
Gracie: “Io ero lì per lei, per proteggere il suo diritto civile di esercitare il mestiere!”
***
La conoscete tutti, vero? Eppure, per coloro che, rapiti evidentemente dagli alieni, se lo fossero perso, ecco…
Un accenno alla storia
Jack Burton (Kurt Russell), camionista, giunge a San Francisco con il suo Pork Chop Express per fare una visita al suo amico Wang Chi (Dennis Dun), proprietario di un ristorante a Chinatown. Quando i due si recano all’aeroporto per prendere Mao Jin (Miao Yin, interpretata da Suzee Pai), la fidanzata [dagli occhi verdi] di quest’ultimo in arrivo dalla Cina, i Signori della Morte, una gang di Chinatown, la rapiscono.
Jack e Wang, all’inseguimento, si addentrano nel cuore di Chinatown scoprendo un microcosmo caratterizzato da secolari rivalità tra gruppi di combattenti, creature ancestrali che riposano nel sottosuolo e incantesimi della magia nera cinese. Domina su tutti e su Chinatown un certo Lo Pan (James Hong), metà stregone e metà spirito, una potente entità demoniaca che, per ritornare di carne e sangue, deve sacrificare una ragazza cinese dagli occhi verdi al dio-demone Ching Dai, che gli inflisse una maledizione più di duemila anni prima. I due eroi sono aiutati da Gracie Law (Kim Cattrall), avvocatessa di San Francisco, e da Egg Shen (Victor Wong), autista di pullman a Chinatown, ma allo stesso tempo mago buono dallo straordinario potere.
Jack: “Scusa, ripetimi che effetto fa.”
Egg: “Di una bomba!”
“Vedrete cose che nessuno può vedere, farete cose che nessuno può fare!”Jack: “Cose reali?”
Egg: “Reali come Lo Pan!”
Jack: “Ah, che si può chiedere di più alla vita!?”
***
In origine, un western
Proprio così. Grosso Guaio a Chinatown fu concepito dagli sceneggiatori originali, Gary Goldman e David Weinstein, come un western da ambientarsi sempre a San Francisco, sempre a Chinatown, ma nel 1880. Jack Burton avrebbe dovuto essere un cowboy che giungeva in città, esattamente come nel film, ma non a bordo di un camion, ma di un cavallo. Cavallo che sarebbe stato rubato dai Signori della Morte, esattamente come avviene con il Pork Chop Express.
Beghe di produzione con la 20th Century Fox, ma soprattutto il parere fortemente contrario di Carpenter, che definì la sceneggiatura “oltraggiosa, ma contenente ottimi spunti”, favorirono l’inserimento di un terzo sceneggiatore, W. D. Richter, che rimaneggiò pesantemente lo script originale giudicandolo poco efficace nel suo miscuglio di fantasy e western, attualizzandolo alla fine del ventesimo secolo. A lui si deve, inoltre, il maggior peso del personaggio di Gracie Law (Kim Cattrall).
Jack: “Un momento, un momento! Rallenta! E io chi sono qui, un cretino di passaggio?”
Gracie: “Infatti!”
***
Curiosità
# Per il ruolo di Jack Burton, Carpenter pensò prima a Jack Nicholson e a Clint Eastwood.
# A Clint Eastwood, e precisamente al suo personaggio più famoso, Harry Callahan (Dirty Harry), fa riferimento Victor Wong quando consegna a Kurt Russell una 44 Magnum per farlo sentire “un uomo arsenale”.
# È un film estremamente “violento”. Il Body Count arriva a 46 decessi.
# Kim Cattrall e Suzee Pai, le due ragazze con gli occhi verdi, hanno in realtà gli occhi marroni. Furono per questo costrette ad applicare lenti a contatto del colore appropriato.
# I Chang Sing ed i Wing Kong, ovvero “gialli” e “rossi”, le due famiglie rivali di Chinatown riecheggiano persino nei nomi gli Hip Sing e gli On Leong, due gang storiche della New York dei primi del Novecento.
# Il Pork Chop Express di Jack Burton è un Freightliner FLC 120.
# Il film fu un disastro al botteghino. Incassò nel Nord America appena 11 milioni di dollari contro i circa 25 spesi per la produzione. Nonostante il palese insuccesso, causato anche dalla pessima campagna pubblicitaria con la quale venne accompagnata la sua distribuzione e dalle pesanti critiche della stampa, il mercato dell’homevideo risollevò le sorti della pellicola. Le vendite furono enormi e diedero origine alla produzione di gadget e vario merchandising. Il film, da quel momento, è stato considerato di culto.
# Grosso Guaio a Chinatown fu girato contemporaneamente a Il Bambino d’Oro (The Golden Child) di Michael Ritchie, protagonista Eddie Murphy. Preso atto della strana coincidenza che vedeva due importanti case di produzione, la Fox e la Paramount, parimenti impegnate nella realizzazione di due film improntati sul misticismo e la magia orientale, si instaurò una competizione informale che puntava, ovviamente, a completare i film nel minor tempo possibile, in modo tale da distribuirli per conquistare per primi il mercato. Alla fine la spuntò la Fox, con ben cinque mesi di anticipo rispetto a Il Bambino d’Oro. Anche a questa fretta, presumibilmente, si può imputare la scarsa partecipazione di pubblico nelle sale.
Jack: “Vuoi che creda a queste stronzate!? In duemila anni non ha trovato una puttana qualunque che lo soddisfacesse? Andiamo, David, vuol dire che hai qualche difetto molto grave!”
***
Fantasy inverso
Grosso Guaio a Chinatown è stato definito in tutte le maniere. Un esperimento, uno strano miscuglio di generi disparati, una parodia del genere fantasy e dei film d’azione. In effetti, a pensarci, è così che può sembrare.
Gli elementi base del classico intreccio heroic fantasy ci sono tutti:
1) La fanciulla rapita
2) Lo Stregone e Signore Oscuro
3) L’eroe o promesso sposo
4) I comprimari forti, allegri e leali
5) Il viaggio alla fortezza del Malvagio attraverso reami dell’oltretomba.
6) La presenza di creature grottesche e deformi
7) Lo scontro finale
Persino Margo (Kate Burton) giunge a definire, in una delle tante battute del film, questa storia come un “Alice nel Paese delle Meraviglie molto radicalizzato”.
La trama non è tutta invenzione degli sceneggiatori. L’intreccio, nei suoi motivi fondamentali, si basa su vere leggende cinesi. Soprattutto sulle azioni del leggendario primo imperatore della Cina Qin Shi Huang. È lui l’imperatore folle che getta la maledizione su Lo Pan, costringendolo a vivere sotto forma di spirito incorporeo per duemila anni fino a quando non avesse sposato una fanciulla dagli occhi verdi.
I motivi dell’heroic fantasy sono [quasi] tutti presenti e rispondenti all’appello, ma essi sono ribaltati o suddivisi tra più personaggi e vanno a creare quell’effetto dissacrante, dirompente e comico, unico nel suo genere. E se Mao Jin, la fanciulla rapita, resta fedele al ruolo classico di comprimaria oggetto del contendere, poco più che una comparsa anonima, l’eroe Wang Chi, colui che avrebbe dovuto essere il protagonista, perché direttamente legato a Mao Jin, viene messo da parte per far posto a Jack Burton, un camionista che, suo malgrado, si ritrova invischiato in avvenimenti ai confini della realtà, ai quali egli, di volta in volta, oppone incredulità e strafottenza, laddove, invece, avrebbero dovuto esserci lirismo e devozione. Anche il ruolo di eroe che gli si attribuisce è, in realtà, solo di facciata. Jack è, infatti, protagonista inefficace, ovvero fallisce ripetutamente tutte le prove alle quali è sottoposto, eccetto l’ultima, lo scontro con Lo Pan, che lo riscatta.
Alla fanciulla in pericolo (Mao Jin) viene affiancata Gracie Law che non ha alcun motivo per farsi coinvolgere nella storia eccetto il fatto che ha anch’ella gli occhi verdi; ella così diviene automaticamente preda del cattivo che, vanto del modernismo, vuole sacrificare l’americana e tenere per sé la ragazza cinese e funge anche da scopo all’agire di Jack, altrimenti immotivato.
Lo Pan e i suoi sgherri, le tre bufere, sono fantastici, sia nei costumi che nel ruolo ad essi concesso: pur potentissimi e potenzialmente imbattibili, sono costantemente scherniti e ridicolizzati da Jack, che dà vita a siparietti comici indimenticabili, coadiuvato da eccellenti spalle, Egg Shen sopra tutti gli altri.
Chinatown, ricostruita in studio, è una realtà parallela, separata dal comune scorrere del tempo e dalla realtà del mondo esterno. Tra i suoi vicoli e nei cunicoli che si dipanano sotto di essa si susseguono scontri tra forze potenti e ancestrali, da vero reame delle fiabe, e si aggirano creature oscene e terribili, frutto di arti arcane oramai dimenticate.
Come non citare la battaglia all’ultimo sangue tra Chang Sing e Wing Kong nei vicoli di Chinatown o il combattimento tramite veri e propri avatar che vede contendenti Lo Pan ed Egg Shen?
Non so se fosse nelle intenzioni di Carpenter sovvertire i canoni del genere o se, semplicemente, questo film sia il frutto di una parentesi illuminata nel lavoro di tutti coloro che vi presero parte. Una cosa è certa, purtroppo:
Grosso Guaio a Chinatown è esemplare, in quanto incarna perfettamente una stagione del cinema, gli anni ’80, in cui tutto fu veramente possibile.
Jack: “Lo sai cosa dice il vecchio Jack Burton in situazioni come questa?”
Thunder: “Chi!?”
Jack: “Jack Burton, qui presente! Il vecchio Jack dice sempre: basta, adesso.”
***
Il decennio magico
A ragione molti, me compreso, affermano che un certo tipo di film, tra i quali questo in esame, oggigiorno non avrebbero ragione di essere. Anzi, peggio, non sarebbero neppure presi in considerazione.
La fantasia febbrile, incontenibile di quegli anni spinse registi e sceneggiatori a trasformare qualsiasi sogno, anche il più improbabile, in realtà, almeno sul grande schermo. Al di là dei possibili, ma non probabili, messaggi politici che tutti questi lavori potevano contenere, mai più la fantasia è stata al potere come allora.
Adesso, a parte la speranza [vana] di rivedere simili spettacoli, rimane la nostalgia, un misto di affetto e felicità, nel ripensare a questi sogni di celluloide che ci hanno accompagnato nel momento più bello e libero delle nostre vite.
Fonti e approfondimenti:
Scheda del Film su IMDb
Scheda del Film su Wikipedia ENG
The Wing Kong Exchange (fan site)