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Glen Cook e la bella scrittura

Spesso mi domandano perché non mi piaccia – quasi – nulla di ciò che leggo. La risposta è variegata, e non voglio sottrarre spazio a Cook.
Ecco, lui è il problema. E quelli come lui. E il fatto che la maggioranza non sappia scrivere. Non come lui.
Glen Cook è un autore fantasy. Il fantasy, lo sapete se ascoltate Chiodi Rossi, non è il genere che prediligo. Saltiamo a piè pari lo sconcerto derivante da “Ma come, tu hai un podcast sul fantasy!” e proseguiamo.
Non ho detto che non mi piaccia. Mi piace meno degli altri, perché, in media, è scritto peggio degli altri. Non vi scaldate, non è che la fantascienza sia scritta tanto meglio.
La cosa, temo, sia legata alla spendibilità del genere. Il fantasy è pensato per un certo pubblico, in certe situazioni, non è il genere in cui, di norma, si cerca la bella scrittura. Ho scritto “di norma”.

Poi aggiungiamo che di mestiere guardo la scrittura con occhio critico, e dopo tanti anni è difficile separare l’editor dal lettore. Il mestiere di quest’ultimo è stupirsi, e io mi stupisco ben poco, ormai.
Prima è arrivato Leiber. Ed è stato amore a prima vista. Leiber è uno dal quale mi sarebbe piaciuto saccheggiare lo stile.

E poi Glen Cook. Che con Leiber ci ha passato del tempo. Beato lui. E ovviamente l’ha pure saccheggiato. Ma non basta saccheggiare per saper scrivere. Voglio dire che se Cook non avesse avuto il manico, non starei qui, oggi, a scrivere di lui.

Cook è un altro del fantasy che possiede la bella scrittura. Gli riesce, si diverte, racconta storie, è vero, ma non rinuncia a farlo secondo la sua personalità e i suoi gusti.
Decenni di manualistica e dogmi ci hanno convinto che non si sfugga da un certo modo di narrare. Sbagliato.
A proposito di incipit belli, La Compagnia Nera inizia così:

Bello.
È uno di quei passi che lascerei stare così come sono, non aggiungerei una virgola, né cambierei sfumatura alcuna. Nemmeno il tono, vagamente canzonatorio.
Cook ci presenta Cerusico, senza dirci di lui: è il suo pensiero. Ed è un pensiero dannatamente vero. Profeti e profezie sono, quasi sempre, il nerbo centrale del worldbuilding fantastico. Su di essi si costruisce l’epica del fantasy. Ma questo vale per il lettore. E Cerusico non lo è: è un mercenario, stanco e scazzato. E profeti e profezie, così nobili per tutti quelli che bazzicano il fantasy, per lui sono solo coglioni e stupidate.

BAM.
Non parliamo di “regole” di buona scrittura. Primo perché non sono tali, sarebbero “consuetudini”. E poi perché questo passo funziona. È perfetto, è irriverente, è introduttivo, ci sussurra che il mondo in cui si muove la Compagnia Nera è impegnativo, afferma che quella della Compagnia Nera non sarà una storia come tutte le altre, non sarà una storia fantasy fatta da chi dice di amare il fantasy, ma che in realtà sente solo l’effetto di una scopa in culo.
È l’effetto della bella scrittura. Non sapete cosa vi è successo, mentre leggevate, ma è successo. Incontratene altri, di passi così, e non ne potrete più fare a meno. Godiamocela.

Sì, ne parleremo ancora.

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Ovviamente questo articolo contiene link commerciali.
L’immagine in copertina è di Johann Blais.

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