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Game of Thrones – stagione 3 (ep. 1)

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E così, eccoci a parlare di Game of Thrones (Il Trono di Spade), la terza stagione, avendo già visto e trattato le precedenti: QUI, QUI e anche QUI.
Prima di tutto, due parole introduttive: ho letto solo il primo volume della saga di George R.R. Martin, m’è piaciuto ma non abbastanza da diventarne un fan accanito.
Il telefilm invece lo guardo sempre, perché è un prodotto di qualità. Tutto questo per dire che qui si tratterà di GoT non da fanboy, ma da semplice spettatore che ammira il lavoro ben fatto, e che lo critica quando (e se) fa schifo. Non è il caso (finora) di questo telefilm della HBO, che pur negli episodi meno efficaci, ha mantenuto un livello qualitativo altissimo. Caratteristica, questa, tipica delle produzioni di questa emittente. Non ricchissima, ma che impiega al meglio le proprie risorse.
Ne tratterò persino con toni ironici e scherzosi, ammettendo che ho un’unica debolezza, verso la Madre dei Draghi, Daenerys (Emilia Clarke).
Vi potrà sembrare, quindi, che sia leggermente pro-Targaryen. Be’, non è che sembra… È così, fatevene una ragione.

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[Ovviamente, contiene spoiler]

La Battaglia delle Acque Nere ha sancito un nuovo rapporto di equilibri. Tyrion Lannister (Peter Dinklage) è stato ferito e, come ricompensa per aver salvato Approdo del Re da Stannis Baratheon e dal suo esercito, gettato dal padre Tywin (Charles Dance) in un buco, tanto non gli serve assai spazio per vivere. Nel mentre, dal Nord, i morti stanno scendendo oltre la Barriera, e Jon Snow (Kit Harington) incontra il leader dei suoi carcerieri e delle sua nuova (unica) fiamma, Ygritte (Rose Leslie)…
Puntata introduttiva, che riprende i discorsi lasciati in sospeso dal finale della seconda stagione, non c’è azione quindi, ma tanta politica, come sempre, e un leccarsi continuo di ferite reali e psicologiche.

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La costruzione dei personaggi non s’è affatto fermata, in tre anni, continua scena dopo scena, dialogo dopo dialogo. Il piacere degli sceneggiatori di GoT è curare ogni singola parola pronunciata.
Mi sovviene, pensandoci, una frase di Henry Miller, i cui temi nulla hanno a che fare con quest’ambientazione, ma che sembra perfetta per descrivere questo episodio:

Non un granello di polvere, non una sedia fuori posto. Siamo soli, e siamo morti.

Eccola, direttamente da Tropico del Cancro, rappresenta al meglio la situazione in cui versano tutti i protagonisti, oltre che la cura insita nella messinscena, i vincenti che appaiono sbattuti, fuori posto, insicuri pur avendo ottenuto una schiacciante vittoria, Jon Snow che mette da parte i propri giuramenti e ideali per cercarne, dubitando, di nuovi, Tyrion Lannister che, pur essendo Primo Cavaliere e la mente vittoriosa della battaglia, viene ridimensionato dal disprezzo paterno: nonostante il nome, egli è pur sempre uno sgorbio, e mai salirà ai più alti onori dei Lannister, sedendo sul trono di Castel Granito.
Questo è uno scambio di battute tra padre a figlio che però non sono un padre e un figlio qualunque, possiedono il potere, lo maneggiano, lo usano per assecondare i propri fini e le proprie ambizioni. Spettacolare.

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Il Gioco del Trono, dopotutto, consiste in questo, politica e intrigo, senza nascondersi dietro il velo della retorica e dell’ipocrisia.
Rivediamo quasi tutto il vecchio cast, Sansa (Sophie Turner, diventata alterrima), ancora ad Approdo del Re, Cersei (Lena Headey, cui come sempre il colore biondo non giova), Margaery (Natalie Dormer), che tenta di sanare l’aliena distanza creatasi tra Joffrey Baratheon (Jack Gleeson) e il popolo di Approdo del Re, afflitto da carestia e dall’Inverno che arriva (finalmente)…
Spazio a Daenerys, i cui draghi volteggiano intorno alla nave, mentre lei si reca di porto in porto in cerca di un esercito con cui compensare, almeno in parte, la giovane età e la lenta crescita dei piccoli.
Da sottolineare, in particolare, lo scambio di battute tra Daenerys e  Kraznys mo Nakloz di Astafor, intenzionato a vendere alla Targaryen 8.000 Immacolati (Unsullied), guerrieri insensibili addestrati fin da bambini alla guerra. Battute in cui, approfittando della differenza di lingua,  Kraznys mo Nakloz insulta a più riprese Daenerys, confidando nella saggezza e nel senso di autoconservazione dell’interprete. Non è tanto il contenuto, quanto la verosimiglianza storica, a essere fantastica. Gli incontri tra personalità straniere, spesso, si attestavano su questi livelli informali.
Dopotutto, la nobiltà è solo ricchezza e potere, non vero rispetto. Opportunismo e senso degli affari, non sangue. Anche se la nostra ha i draghi dalla sua parte e quando la vedo mi vien voglia di inginocchiarmi (XD). Ed è protagonista di un tentato omicidio ai suoi danni, per mezzo di una sfera contenente una manticora, in una scena che ha scatenato la satira online. Daenerys, Signora dei Pokemon.

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L’attesa, ancora una volta, è quella di vedere scatenarsi l’azione, intanto è un piacere starli a sentire, vederli muovere tra set perfetti e panorami esotici in CGI che paiono reali, complottare e scambiarsi battute sagaci.
Tyrion, il folletto dall’ombra lunga, ancora una volta la fa da padrone, personaggio, attore e scrittura affidatagli sono una miscela portentosa. Al suo confronto non ce n’è per nessuno. E stavolta, non ha dato nemmeno il meglio di sé, solo scambiato qualche chiacchiera con la sorella, col papà (che ha minacciato di ammzzargli tutte le puttane che troverà nel suo letto) e con Bron, la sua Guardia del Corpo. Però vi assicuro che basta e avanza.

Alla prossima.

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