Antologia del Cinema

Firefox (1982)

Firefox è uno di quei film che spunta regolarmente il sabato o la domenica, quando non si ha altro da guardare e a cui pensare. Strano caso, quello di questo film, prodotto nel 1982, ma in qualche modo appartenente ancora al decennio precedente e, si dice, basato su una storia vera.
Meglio chiarire: la verità non è nel pilota americano che si infiltra in una base militare in territorio sovietico e si frega l’aereo più sofisticato e tecnologicamente avanzato dell’arsenale russo, ma in un più prosaico ammutinamento; un ufficiale della Madre Russia che, in aereo, si dice sia fuggito in Giappone verso la metà degli anni ’70.
Argomento interessante e di sicuro attraente, tanto da trarne un film e, dal momento che si era in piena Guerra Fredda e che Reagan governava già da un anno, perché non rendere il tutto ancor più avvincente con una bella spy story?
Ma, quello che più affascina, di prodotto come questo, figli del loro tempo, è non tanto la verosimiglianza della trama, che pur mostra qualche elemento di pregio, quanto la scoperta che anche Firefox è figlio del riciclo e che, a sua volta, è stato riciclato.

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Oggi pratica abbandonata, anche se Ridley Scott ogni tanto ci tiene a deliziarci ancora facendone ingenuo impiego nei suoi stessi film, all’epoca e ancor prima era la norma; budget di soli 21.000.000 di dollari, era normale, quindi riciclare le immagini di un film del 1968, Ice Station Zebra, per mostrare il sommergibile che spunta dalla calotta polare artica. Oppure quell’Aérospatiale che, l’anno successivo, sarebbe divenuto Tuono Blu (1983). Oppure ancora, e qui tocca a Zemeckis, alcune tra le svariate sequenze di volo associate, stavolta, alla Delorean di Ritorno al Futuro – parte II (1989).
Pratica accettata, il riciclo, quasi sicuramente passata inosservata durante le proiezioni, e che contribuiva ad alleggerire i costi. Come dicevo, oggi è impensabile, però all’epoca faceva parte dell’atmosfera ancora artigianale di quel modo di fare e concepire il cinema.
E poi c’era Clint Eastwood, e la guerra in Vietnam era ancora dietro l’angolo, e il conflitto tra superpotenze nucleari avanzava tramite la propaganda e la macchina dello spettacolo.
Impostazione classica, per Firefox. Eastwood è Mitchell Gant, ufficiale degli Stati Uniti in congedo e con un mucchio di problemi psichici, doni di quella guerra sporca, richiamato in servizio per compiere una missione delicatissima in territorio sovietico: rubare un aereo, il MIG 31, da quello che si dice, un’arma rivoluzionaria.
Attore già simbolo come protagonista cazzuto (e lui lo è davvero), rispetto e timore per l’avversario politico, sebbene sbeffeggiato in continuazione, e avverarsi di un incubo ricorrente, già a partire dal 1946: l’essere superati dall’URSS nel campo della tecnologia bellica e, di conseguenza, sullo scenario mondiale.
Il MIG 31, o Firefox, è un aereo iperveloce, invisibile ai radar e che può essere pilotato col pensiero, tramite un casco in grado di tradurre gli impulsi neurali in comandi.

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Caratteristica di questo film, e insieme motivo di pregio, è proprio la rappresentazione di Mosca, e per estensione, dell’Unione Sovietica. Stiamo parlando, in effetti, di una terra misteriosa e sconosciuta per la maggior parte degli spettatori dell’epoca, dalla quale provenivano storie d’ogni genere, il più delle volte nere e senza speranza. L’arrivo a Mosca di Gant, l’atmosfera di rigido controllo e di oppressione, la scenografia dell’aeroporto e le luci a illuminare le strade fredde e ghiacciate di una Russia straniera e malvagia, sono eccellenti. Comunicano molto, perché ottimamente realizzate.
Giusta spietatezza nel compiere atti propri delle spie, omicidi e camuffamenti. Esatta reazione da parte del KGB, più volte rappresentato e anche giustamente definito come un gigante addormentato, non troppo sveglio, ma che, una volta in azione, è impossibile fermare.
E allora, abbiamo occultamenti di cadaveri portati avanti in fretta e furia, posti di blocco e agenti che chiedono i continuazione e in modo ossessivo i documenti, molto spesso semplici tranelli per smascherare i doppiogiochisti. E, infine, gli agenti della CIA trapiantati all’estero, che hanno sacrificato la propria esistenza per portare avanti ideali ancora oggi di difficile comprensione.
La prima parte del film, tutta giocata tra Mosca e la sterminata campagna russa, è di gran pregio. E ancora oggi appartiene di diritto a quei film di spionaggio dal taglio noir e spietato.

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Poi è la volta di Eastwood, o di Gant il quale, dopo aver mostrato la sua inettitudine in materia di guerra da strada, travestimenti e fughe, infiltrato nella base militare, mette infine le mani sull’oggetto delle meraviglie, il Firefox.
Ora, inutile prendersi in giro: gli anni sono passati e sono tanti. E all’epoca il MIG 31 era 9 modellini di numero: 6 in miniatura, due che volavano davvero e l’ultimo costruito a grandezza naturale; quello, per intenderci, che ospitava Clint.
Le sequenze di volo, quelle riciclate, sono spettacolari, eccetto quando, tramite sovrapposizione, spunta uno di quei modellini a far finta di volare.
Ma la verità è che il film diverte ancora, pur nella sua improbabilità. E non mi riferisco tanto alla tecnologia del MIG, quanto alla storia che, ormai mutata, ha lasciato indietro e consegnato a sé stessa film come questo, divertenti, parzialissimi e rappresentanti di un’epoca.

Altre recensioni QUI

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    • 13 anni ago

    Eastwood è un grande. Me ne sono accorto tardi, tant’è.
    Ciò nonostante, Firefox non è certo una delle sue regie più riuscite… forse perché un po’ impersonale e non fedele alla poetica autoriale a cui ci ha abituato nell’ultimo decennio.
    Davvero buona la prima parte con la visione oscura e dispotica dell’Unione Sovietica, probabilmente troppo fagocitata dal lungo inseguimento aereo la seconda.
    Oggi gli effetti speciali di Dykstra possono apparirci datati, ma ricordo bene che all’epoca funzionavano alla grande.
    A rivederlo oggi (mi è capitato di farlo lo scorso anno), quello che mi è apparso veramente obsoleto è la figura del protagonista col suo fardello di scheletri nell’armadio… che poi risolve tutto e passa all’azione senza troppe cerimonie.

      • 13 anni ago

      Concordo, la figura di Gant non è particolarmente riuscita, coi suoi conflitti interiori che poi vengono superati in un lampo.
      Per fortuna, però, non indugia moltissimo in quei momenti di crisi e la regia si concentra più sull’azione. Ed è vero, all’epoca gli effetti speciali funzionavano eccome. Mi ricordo ancora il senso di spettacolo che mi dava vedere passare il Firefox vicinissimo alla superficie del mare e lasciare dietro di sé la scia…

    • 13 anni ago

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    • 13 anni ago

    Mi era piaciuto parecchio, quindi è meglio che NON lo riveda