Antologia del Cinema

Fido (2006)

Siamo alle solite, zombie e commedia, un miscuglio col quale, lo sapete, non vado molto d’accordo. Ma ogni tanto cedo, o retrocedo dalla mie posizioni intransigenti.
Su consiglio dello Stregatto, che mi piace ascoltare una volta ogni venti, ho visto Fido, del 2006, di Andrew Currie. Mi sembra un ottimo soggetto per riattivare il blog.
Locandina a parte, la cui bruttezza mi ha tenuto lontano da questo film per cinque anni, due cose lo rendono estremamente attraente per me: gli anni ’50, dai colori pastello, e gli zombie.
Come si possano coniugare è un buon interrogativo.
Al di là di tutto, degli zombie, della distorsione, tipica degli eventi catastrofici, quale potrebbe essere quella costituita dalla presa di coscienza che i morti ritornano in vita, basta anche la famiglia nucleare, quella dei cartelloni pubblicitari, dei filmati in bianco e nero trasmessi ininterrottamente da brutti televisori foderati di legno laccato, i giardini fioriti e i prati ben curati, i biscotti alle gocce di cioccolato sfornati dalla mamma, l’angelo del focolare, a rendere il tutto inquietante, sotto una patina esasperante di perbenismo e cattiveria latente.
Gli anni ’50 erano tutto questo? Forse, o forse no. Forse le visioni malefiche suscitate da tali panorami di desolazione domestica, delimitati da bianchi steccati, erano stemperate dal bianco e nero, il silver screen, quel colore che dava alle attrici lo status di dive.
Una messinscena irripetibile che è anche storia.
Ma spuntano gli zombie, e allora quella che è l’era atomica conosce una nuova guerra, una nuova minaccia. Non più dal cielo, con accecanti luci stroboscopiche, ma dalla porta accanto: il pericolo è il vicino di casa, la mamma-sforna-biscotti o il maritino tutto lavoro, pipa e cappello a tesa larga. L’obiettivo: la carne umana. Il sangue.

***

In Fido tutto è coloratissimo. Una policromia stordente accompagnata da melodie che vanno poco al di là dei jingle pubblicitari coevi, quando tutti se ne andavano in giro col sorriso a trentadue denti stampato sulla bocca, e covavano turpi, segrete vendette impugnando le otto colpi.
Commedia, si è detto. Ed è così, infatti. Anche se si sorride, più che ridere. Ma la commedia, quella vera, sfiora sentimenti diversi. Ma forse trattasi di ucronia.
La resurrezione dei morti ha mutato il corso della storia e della società. La Zomcon, la potentissima corporazione che prima ha vinto la guerra contro gli zombie e poi ne è riuscita a sfruttare l’enorme potenziale, controlla gli Stati Uniti, sfoggiando un potere assoluto: uno dei suoi scienziati ha messo a punto, anni prima, uno speciale collare di costrizione che, fatto indossare agli zombie, ne mitiga le inclinazioni voraci, rendendoli docili schiavetti adatti a qualunque tipo di lavoro di fatica. Com’è ovvio, lo zombie deve essere addestrato, prima di poter eseguire qualunque mansione da esso si possa esigere.

***

E allora, a scuola i bambini parlano di resurrezione dei morti, di metodi efficaci di sepoltura, pongono domande agli adulti che lavorano alla Zomcon e trascorrono l’ora di ginnastica sparando contro sagome di cartone raffiguranti bambini zombie dai denti aguzzi e dallo sguardo cattivo.
Strano mondo, quello privato della paura della morte e del rispetto verso di essa. Ed è questo l’interrogativo fondamentale. Se lo chiedeva anche Romero, nel suo capolavoro, e si individuava proprio nell’anacronistico rispetto verso la morte, anacronistico se rapportato al precipitare degli eventi, uno dei punti deboli che avrebbe permesso ai morti di schiacciare i vivi.
E allora, assume una luce inquietante, alla faccia della commedia, considerare la possibilità di una cotta tra ragazzini sullo sfondo di una società che ha imparato, in modo sistematico, a spersonalizzare gli zombie, che si tratti di vecchi amici o familiari, nel momento in cui divengono tali. Il passato e gli affetti sono cancellati all’istante, e lo zombie diviene da padre, madre, figlio, un mezzo, docile e volenteroso, che porta a termine incarichi noiosi, ma soprattutto status sociale: chi possiede più zombie è più in alto nella gerarchia del quartiere.

***

E il fatto che questi ragionamenti vengano presentati, una volta in più, con quel sorriso e quella patina di abominevole e felice normalità tipica dei fifties contribuisce, più dell’esile trama, a rendere Fido un film godibilissimo, anche più intrigante di quanto non possa apparire.
Pensate all’urto che provoca sentire un padre raccomandare al figlio di ignorare i sentimenti e regalargli un revolver, completo di munizioni, da portare a scuola, perché non si sa mai. Un padre che, a dispetto del suo look perfetto e intransigente, da uomo vincitore della guerra, porta su di lui il peso di aver ucciso, tra i primi, il proprio genitore che ha tentato di mangiarselo vivo.
E infine, come ogni società nuova o vecchia che si rispetti, si assiste a una modifica dei costumi sessuali. Quelli che portano, ridacchiando, al vicino di casa, ex-dirigente Zomcon che, da privilegiato, s’è visto assegnare una teenager zombie che, a dispetto della sua natura di defunta, conserva ancora il colorito vitale. E ancora una volta, all’interno delle case, dietro le tende, si muovono ombre strane che mostrano tutto quello che succede. Azioni normali, costumi nuovi. Sentimenti che superano i confini della vita e della morte. Un mondo che, pur non privato dell’aldilà, in speciali sepolture a tranci, corpo in una bara, testa in un’altra, quasi guarda con sufficienza a coloro che, in un timore oramai incomprensibile, scelgono la morte definitiva, il salto verso l’ignoto, in luogo della possibilità di tornare a essere produttivi e parti integranti dell’ordine costuito. Un ordine dai colori pastello. Vivace e non morto.

Altre recensioni QUI

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    • 13 anni ago

    Fà piacere essere citato per un consiglio su un buon film, d’ altronde anche EL è un mortale ( per quanto finga di essere una versione meno bisex di Gozer il Gozeriano!!) e non ha il tempo di vedersi il tutto del tutto sugli zombi.
    Quello che mi preoccupa è perchè appena loggo su questo blog scopro che anche lui ha visto lo stesso film che ho visto nemmeno una settimana prima. Sarà telepatia? Sarà Internet? Sarà che il prurito sotto la coda sia un segno di una sonda meganoidiana e non semplici pulci?

      • 13 anni ago

      Sarà che stiamo invecchiando? 🙂

    • 13 anni ago

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    • 13 anni ago

    Ehm, la tua è più bella… lo ammetto senza pudore.
    Comunque la mia è questa: http://mcnab75.livejournal.com/382113.html

    • 13 anni ago

    Be’, l’ho fatto anch’io. Ma non ricordo la tua recensione…
    🙂

    • 13 anni ago

    Veramente bello.
    Io lo definii persino ucronico. Lieto che ti sia piaciuto!

    • 13 anni ago

    Devo ancora recuperarlo.Ne ho sempre sentito parlare bene da tutti eppure continuo a dimenticarmi di guardarmelo.

      • 13 anni ago

      Da parte mia te lo consiglio. Merita. E tu sai quanto raramente lo dico. 🙂

    • 13 anni ago

    L’avevo visto su indicazione di Alex; non lo ricordo piú benissimo, avendolo visto qualche tempo fa, ma decisamente godibile, l’ho molto apprezzato.