Ci siamo. Questo è cinema per veri duri. In più è anche una delicatissima Operazione Nostalgia.
L’ultima volta che vidi questo film, prima di stasera intendo, avevo sì e no 11 anni. Sarà stato il 1987. La televisione commerciale era nata da qualche anno. Quella degli stacchi pubblicitari ogni cinque minuti netti di “proiezione”, quella dello spettacolo a tutti i [bassi] costi, delle luci a intermittenza, dei fari a lampadina da 60 watt e delle scenografie di cartone fissate con lo scotch adesivo marroncino. Quella dei film in anteprima, molto più in anteprima che alla RAI, che mi sono sempre detto che la pirateria, all’epoca, era arte.
Insomma, non ricordo di preciso quale tv fosse, ma era una tv di questo tipo qua.
Oltre ai cartoni animati giapponesi a valanga, visto che i film fighi se li beccavano pochi canali eletti a suon di quattrini, queste tv ripiegavano sul genere fantastico da discount, i b-movies tendenti al trash. Acquistatone un pacchetto di sei, sette film, si procedeva alla replica perpetua. Si riusciva a mandarli in onda fino a quattro volte la settimana, trasmissioni intervallate, e questo era il massimo, dai medesimi blocchi pubblicitari.
***
B-Movie Circle
E io bambino stavo lì a papparmi ogni replica in loop, strafatto di input, per dirla alla Numero “Johnny” 5. Tanto che alla fine i film uno li mandava giù a memoria, insieme allo spot della girella o di qualche altra merendina.
A tre anni, dico tre, ma forse meno, dal Terminator di Cameron e Schwarzenegger, questo sì trasmesso dalla televisione che conta, tutte le mie fantasie da moccioso che voleva diventare un’astronauta venivano portate a compimento da registi di ogni sorta che, non si sa come, riuscivano a convincere altre persone a finanziare progetti folli, a base di cyberpunk, avventurieri bislacchi e raggi laser.
Non che allora facessi molta differenza tra Terminator e Eliminators. Già il titolo riecheggiava di complici assonanze e, in più, l’eroe in questione era belloccio e buono come il tenente Reese, ma era vestito di puro metallo e cicatrici come Arnold. E tutte le donne bionde (una) lo amavano. E le bionde facevano la differenza. Tanta. Ma c’era ancora un quid in più, che me lo faceva preferire al T-800 dello zio: il braccio cibernetico multifunzione dal quale, trionfo della scienza e della tecnica, fuoriuscivano siluri, rampini e, non plus ultra, raggi laser rossi. Al cospetto del cannoncino da braccio a raggi laser multitasking non c’era storia. E poi, ma chi diavolo era James Cameron?
***
I Magnifici Sette
[Ok, da qui in poi spoilers a precipizio!]
Per la regia di Peter Manoogian [questo sconosciuto] e la sceneggiatura di Paul De Meo e Danny Bilson [sì, è il papà di una certa signorina che fa l’attrice], “Eliminators”, classe 1986, può vantare la partecipazione di:
Mandroid (Patrick Reynolds): è il cyborg senza nome, né passato, né futuro. Praticamente l’inutilità fatta robot. Precipitato in centro-america col suo aeroplano, è stato raccolto e utilizzato dal perfido Dott. Reeves [vedi sotto] per i suoi esperimenti. Questi ultimi consistono, grossomodo, nel trasformarlo in una macchina omicida per trasportarlo indietro nel tempo e fargli fregare lo scudo di un centurione romano come prova dell’avvenuto viaggio a ritroso. Dopo di ché, non serve più a nulla, meglio disattivarlo. Ma proprio per evitarlo, Mandroid fugge via dal laboratorio per poi tornarvi dopo qualche giorno, accompagnato da tre desperados e un mezzo-robot per, al contrario, porre fine alle [inedite] pretese di dominio di Reeves.
Nora Hunter (Denise Crosby): è un colonnello, non ancora la Tasha Yar di trekkiana memoria, ed è anche una scienziata, una meccanica capace di far partire un motoscafo versando un goccio di gin nel motore, nonché una donna moderna, sicura di sé e cazzuta, energica e pratica. Una di quelle che ama gli intellettuali tenebrosi (il mandroid), li illude e li fa morire; dopo di ché non versa una lacrima, ma finisce per sposare i babbei avventurosi (il Crocodile Dundee della situazione, mister Fontana), quando non è impegnata a farsi toccare il culo da qualche uomo di Neanderthal [sì, ci sono anche i Neanderthal!].
Harry Fontana (Andrew Prine): è Crocodile Dundee, o suo cugino scemo, il mica-tanto-duro dal cuore tenero e la battuta pronta, pasticcione e buontempone, dotato di quell’invidiabile capacità che gli consente di avere idee geniali nei momenti topici, tipo prendersi un passaggio da Nora con la scusa di darle dei proiettili da gettare nel fuoco per spaventare i Neanderthal, che non si capisce bene se vogliono mangiarseli entrambi o accoppiarsi con… entrambi, oppure afferrare un pezzo di metallo ricurvo e deviare il laser del Mandroid per colpire alle spalle motociclisti corazzati [motociclette, nella giungla… ndr] cattivissimi mandati loro contro dal Dott. Reeves. Lo conoscete tutti. Se non lui, il tipo. È quello disposto a rischiare la vita per il 30% del tesoro degli aztechi. Un affarone!
Kuji (Conan Lee): è il ninja! Ok, qui si potrebbe anche chiudere. Datemi un ninja, figlio, tra le altre cose, di un eminente scienziato collaboratore-buono di Reeves, stile Dott. Kabuto, un ninja che accende fuochi di bivacco nel bel mezzo della giungla del centro-america e combatte i cavernicoli a suon di calci rotanti e vi amerò per sempre. Ma Kuji non è solo questo, lui schiva i raggi laser meglio di Remo Williams e passa indenne attraverso le ventole accese dei condotti di aerazione prendendo il tempo giusto. Un dio sceso in terra.
SPOT: un robottino factotum capace di [mica cazzi!] spostarsi nello spazio-tempo, fare battute al vetriolo sullo stile di R2D2, ovviamente tradotte da qualcun altro in grado di comprendere i suoi beep, e tracciare al volo mappe del laboratorio segreto del Dott. Reeves. Oh sì! spara anche raggi laser!
Quo Vadis: è il motoscafo di Reeves. Sì, avete letto bene, è un motoscafo. Lo cito perché quando Fontana chiede allo sgherro di Reeves che lo pilota cosa diavolo vuol dire “quo vadis”?, costui risponde è italiano, significa “a calci in culo!”. A voi le conclusioni.
Dott. Abbott Reeves (Roy Dotrice): è la vera anima del film. Ora, già il fatto di chiamarsi Abbott, cosa che, com’è noto, causa pazzia in molti uomini, me lo rende simpatico. Ma come si può non apprezzare l’ambizione e il disegno criminale di quest’uomo? Inventare una macchina del tempo, testarla correndo mille pericoli e investendo tutti i risparmi, e poi un’armatura da Cesare ultra-tecnologica, rossa e oro tipo Iron Man, e come quella multifunzione, capace di generare fruste elettriche come Whiplash-MIckey Rourke, campi di forza restringenti per strizzare i prigionieri e raggi laser ben due volte più potenti di quelli di Mandroid, per poter tornare indietro e diventare imperatore! E non ditemi che, potendolo fare, non lo fareste anche voi, che non vorreste diventare imperatori! Un mito, specie se si considera che, appassionato di lingua latina, s’è già preparato il discorso da tenere in senato una volta arrivato…
***
Arte Moderna
Lo so. C’è il cyborg che cammina rigido [e a te, Luca, non piacerà], che è la quintessenza dei cyborg spazzatura. La sua corazza, credo, sia fatta d’alluminio, e pure di qualità scadente, con una lampadina di 3 watt, ma rossa, al posto dell’occhio destro e mezza calotta cranica metalhead.
E c’è davvero un’eccedenza di trash. Ma scommetto che, arrivati a questo punto, la cosa non vi stupisce. Per dirne una, non bastasse il nome del motoscafo e il ninja che passa attraverso le ventole accese, la fuga a bordo della zattera coadiuvata dai talloni motorizzati a 350 cavalli del Mandroid che mette i piedi a mollo e via col turbo…
Un film come questo non lo salva nemmeno il ricordo. Ma se volete ridere per novanta minuti è quello che cercate. Con le lacrime agli occhi.
Per anni ho vagheggiato “Eliminators”. Crescendo, radendomi, uscendo con la mia prima ragazza che mi guardava strano [e aveva ragione]: sempre chiedendomi se mai l’avessi potuto rivedere. Non ricordavo molto, a parte il cyborg, lo scienziato pazzo ossessionato dall’antica Roma e un finale ballerino che è tra i più assurdi, ma anche memorabili che si siano mai visti.
Grazie alla geniale intuizione di Norys Lintas, questo capolavoro assoluto del trash e principe dei b-movie è ritornato a me con tutta la sua carica dirompente. O almeno credo. E adesso è T’Pol a guardarmi strano…
Stiamo parlando di un b-movie da antologia, messo su seguendo sprazzi di follia sceneggiatura dove compare ogni archetipo dell’immondizia cinematografica: dal tesoro degli aztechi ai ninja, passando per i cyborg, i centurioni romani, i cavernicoli e il viaggio nel tempo. Un inchino. Come ho sempre detto, quando nella follia sceneggiatura c’è del metodo, allora questa diviene arte. E “Eliminators”, con il suo deragliare maestoso, non è dissimile, in effetti, da una scultura d’arte moderna di ferro battuto, saldata alla meno peggio e dalla forma indecifrabile. *Ehi, ma, quella è arte!*
Appunto. Peccato non ci creda nessuno.
😈
Altri articoli in Recensioni Film