Underground

È finita si dice alla fine

10520851_771096886310202_2954798081597600321_nIl segreto dell’evoluzione è il cambiamento.
Così questo blog continua a cambiare, come il mondo intorno a lui.
Cambio io.
Cambiano i gusti.
Mi accorgo di preferire, ora, personaggi e storie che solo tre annni fa avrei ignorato.
È molto bello. E importante.
L’altro giorno ho trovato questa immagine che vagava nel flusso di tumblr. Essa ci rammenta che noi non occupiamo mai lo stesso posto, pur non viaggiando mai, perché in realtà è la Terra stessa, e tutto il sistema solare, e la galassia che lo contiene, a essere costantemente in movimento.
Per cui il segreto è muoversi.
È alla base del tutto.

E l’altro giorno riflettevo su un vecchio articolo di Davide. In cui si denunciava l’assenza sistematica, negli archivi fotografici dei motori di ricerca, della fascia d’età che va dai 40 ai 60 anni, quasi fosse un crimine, o addirittura di cattivo gusto, mostrare gli effetti del tempo.
In breve, il problema è la vecchiaia.
Ce lo inculcano fin da giovanissimi:
– passati i trenta, cominciano a scricchiolare le articolazioni
– dopo i quaranta, ormai, abbiamo imboccato la strada del tramonto, perché quelli che ne contano solo venti, di anni, calpestano il mondo con piglio e passo da dominatori.

I vecchi, nella narrativa e al cinema, stanno lì solo come enciclopedie viventi, che proprio come i volumi polverosi delle stesse, vengono lasciati giacere sugli scaffali, chiusi.
Molto meglio un clic che aprire un volume di tre chili e tenerlo sulle ginocchia.
Quindi il vecchio cinematografico/narrativo cos’è che fa, in sostanza? Sta lì a fare la fonte d’informazioni, e poco altro. La testimonianza di eventi passati sui quali il giovane deve indagare. Perché quest’ultimo ha la forza e la volontà che il vecchio non ha più, ed è in lui che il vecchio proietta le sue speranze illuse.

Balle.
Un modo sciocco di narrare.

1 copyÈ da un po’ che vedo girare una certa faccia, in TV.
A cominciare da quell’orgia di sangue che sono le Nozze Rosse del Gioco del Trono.
È David Bradley, attore inglese, classe 1942.
È lui Walder Frey, quell’acido, vecchio e rancoroso figlio di puttana che uccide il Re del Nord al banchetto nuziale di sua figlia, che fa pugnalare al ventre la moglie incinta del Re, e che lascia uccidere la sua neo-moglie giovanissima con una scrollata di spalle e una mimica senza precedenti.
Un vecchiaccio secco, con gli occhi vispi.
Ecco chi è David Bradley.

Ma non solo, Bradley l’abbiamo incontrato anche in Broadchurch, dove interpreta un giornalaio con un passato scomodo, che viene perseguitato dalla gente del posto perché sospetto, proprio a causa del suo passato, di essere un pedofilo.
Persecuzione che fiacca la volontà del personaggio, lo riporta a contatto col periodo più doloroso della sua vita, lo fa scoprire, ancora una volta e in età avanzata, vulnerabile. E alla fine, uccide la sua anima.
Personaggio la cui interpretazione è valsa a Bradley un riconoscimento prestigioso.

E ancora, nel ruolo che ormai me l’ha reso più caro, è il Professor Abraham Setrakian, antiquario, cacciatore di vampiri e intagliatore di legno in The Strain.
Setrakian spacca il culo ai vampiri a ottant’anni.

david-bradley-and-game-of-thrones-galleryParlavamo qualche giorno fa della vecchiaia di Schwarzenegger.
Ecco, David Bradley è un caso ancora più eccezionale, secondo me.
Schwarzenegger è invecchiato portandosi dietro, ancora a distanza di anni, parte della invidiabile mole che aveva a trenta inverni. E tutta la sua carica dirompente di dio dei film d’azione.
Pur non rinnegando la sua età e rifiutando i ritocchi (ai quali invece Stallone cede volentieri), diciamo che ha ancora dalla sua l’aspetto di un uomo forte, per quanto vissuto.
Stesso discorso che può essere fatto per Clint Eastwood. Per tutta la vita è stato un duro: Callahan, Gunny, Lo straniero con gli occhi di ghiaccio. A Ottant’anni è solo più rugoso, ma sempre duro come il cuoio.
Bradley invece è il classico vecchio. Non so se mi spiego: è l’archetipo del vecchio. È la vecchiaia come tutti noi abbiamo imparato a conoscerla da bambini, e sì, anche a temerla, da quando abbiamo capito che, prima o dopo, ci saremmo arrivati quasi tutti, ad avere le spalle curve, le ossa indolenzite e il viso scavato da rughe profonde.

David-Bradley-2Finalmente, gli autori stanno ricominciando a scrivere parti per vecchi. E non intendo parti che prevedano per i vecchi attori ruoli di dispensatori di informazioni, nostalgici e malinconici, ma ruoli di protagonisti.
Setrakian regge su di sé l’intero telefilm che, ammettiamolo, senza il profilo di questo attore magro (e famelico), che se ne va in giro a decapitare, pur sofferente di cuore, i vampiri con la lama celata nel suo bastone, non sarebbe la stessa cosa.
E poi, sì, la bravura di Bradley, il viso carco di magrezza (cit.), e il senso di precarietà che lo circonda come un’aura maledetta, riesce a fare il miracolo.
Perché poi, è vero, i vecchi hanno questo: la caducità. Tutta intorno a loro.
Mentre li guardi recitare, specie se trattasi di personaggi sofferenti e/o ammalati, te lo domandi, assapori su di te la caducità riflessa, ti chiedi se alla loro stessa età, sarai capace di fare altrettanto. Se non scompariranno, loro, dopo aver girato l’ultima scena.
95d1b_The_Strain_Episode_5_Corey_Stoll_David_BradleyE sì, a settant’anni e oltre, non mi dispiacerebbe affatto recitare in un telefilm come the Strain, e decapitare vampiri mostruosi.
Pensate solo all’orgoglio di poter affermare, in mezzo a tanti altri vecchi come voi e alla fatidica domanda: “Che fai tu, nella vita?”, “Io ammazzo vampiri”.
Non è così, che vorreste che fosse il vostro futuro?
Oppure, che so, vestire la maglietta rossa con su scritto “Io sono stato Gandalf e Magneto”, di Ian McKellen, oppure pubblicare un album di Heavy Metal, oltre gli ottant’anni, come l’imbattibile Christopher Lee.
O indossare finte protesi di legno, e fare la star di un circo di Freaks, come Jessica Lange. Mettere la barba finta e mostrare un fisico da alcolista, come Kathy Bates, che prima ancora era stata una strega.
Oppure ancora recitare un film, portandosi dietro un tumore alle ossa, e firmare il ruolo della propria vita, come ha fatto Richard Farnsworth, in Una Storia Vera, di David Lynch.
E questi sono solo alcuni dei grandi vecchi che, ancora a un’età che siamo stati educati a pensare inutile, ci fanno mangiare la polvere.

È finita si dice alla fine.

Il segreto, come dicevo a inizio post, è continuare a muoversi, pur restando fermi. Pur con le ossa scricchiolanti. Mostrando rughe volti scavati, stempiature, visi famelici che hanno vissuto epoche passate e che ancora segnano il presente.

Grazie, David, continua a uccidere vampiri, a massacrare presunti Re.
Grazie a tutti voi, vecchi. Grazie davvero.

(Quest’articolo lo dedico a Silvia. Lei i vecchi li ama.)

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
  • […] proprio qualche giorno fa, ha scritto un articolo su David Bradley e sui vecchi immortali  del cinema. Miyazaki, classe 1941 (come mio papà) è, senza ombra di dubbio, tra i vecchi più importanti […]

  • Nebraska di Alexander Payne. Stupendo, Bruce Dern decrepito e grandioso

  • Ma perché, Friedkin che a più di 70 anni se ne esce con Killer Joe? E Levinson, stessa età, che neanche fosse un ragazzino, prende e se ne esce con The Bay?
    E ancora, andando indietro nel tempo. Hitchock che, a sessant’anni suonati, con una carriera splendida, si rimette completamente in gioco e si accolla il rischio di Psycho, cambiando, di nuovo, la storia del cinema?
    Questo post è bellissimo, Cap.

    • Grazie, Lucy. Mi sa che ne faccio una serie. Sono troppi e troppo importanti i vecchi di cui vale la pena parlare.
      A cominciare da Christopher Lee.