Articolo a sorpresa, che va a completare il decalogo messo a punto dall’amico Alex sulle dieci cose da evitare in un racconto sugli zombie. Ve lo linko QUI, e vi invito a visitare il suo nuovo blog, perché rulla.
Il presente elenco, il mio, a quanto pare interessa ad alcuni dei partecipanti al concorso Racconti selezionati della Pandemia Gialla, di cui sono giudice. Perché sia una linea guida, perché vogliono sapere con chi avranno a che fare, e per non cadere in odiosi stereotipi, che affossano il genere e di certo affosserano (ai miei occhi) il racconto col quale andranno a partecipare.
Premessa A: io adoro l’ambientazione della Pandemia Gialla. Mi sono sempre definito il Padrino del Survival Blog di Alex, e come tale (come il Padrino di Mario Puzo) lo difendo. Ciò significa che i racconti che si discosteranno dall’ambientazione ufficiale, pur se ben scritti, saranno cestinati senza alcuna pietà. Non mi faccio chiamare Hell per nulla. Volete partecipare? Studiatevi l’ambientazione come se doveste fare un esame universitario (col proposito di superarlo), oppure è inutile che spediate il racconto. Sia ben chiaro.
Premessa B: necessaria dal momento che in questi giorni vengo letto, ma non capito, i seguenti dieci punti non sono dogmi, ma solo consigli. Come ha detto anche Alex, se non riuscite a farne a meno potete usare stereotipi a volontà, purché lo facciate con classe e rispettando l’ambientazione. Per dirlo con una parola sola, il racconto deve essere: appassionante. Se riuscite a renderlo appassionante, pur con l’inserimento di cliché apocalittici, sarete premiati lo stesso.
Premessa C: non inviate racconti tanto per partecipare o scritti accazzo. Ciò non è buono, oltre che essere del tutto inutile.
E ora, andiamo a cominciare:
1 – L’impronta cazzara
Adoro i racconti concepiti e portati avanti con criteri di realismo. Evitate il tono action sconclusionato con acrobazie folli, super-guerrieri senza paura che se la vedono con duecento zombie e ne escono con un solo graffio, solo perché magari sono rimasti impigliati nel filo spinato. I protagonisti devono essere realistici, non superuomini.
Se poi si tratta di soldati addestrati va bene lo stesso, purché non si mettano a volare o a rigenerare le ferite.
2 – L’immunità
Sono morte cinque miliardi di persone. Guarda caso, colui che dispone dell’immunità naturale alla pandemia è il protagonista (peggio ancora la co-protagonista bambina) del vostro racconto. Concupito da ribelli, sporchi affaristi e militari senza scrupoli che vogliono curare il mondo col siero estratto dal suo sangue, e piegarlo al proprio volere, magari ridendo così.
Ecco, in tre parole: meglio di no.
3 – Il mondo è un posto brutto brutto brutto e la gente è cattiva cattiva cattiva, ma ci sono persone migliori
Considerazioni di questo tipo portano a una sola conclusione: esticazzi?
Lo sappiamo che l’apocalisse è brutta. Altrimenti non si chiamerebbe apocalisse. Per cui, meglio pensare subito in modo pratico: siamo sopravvissuti all’apocalisse. E adesso che si fa?
4 – La nostalgia per il mondo che fu
Ah, quant’era bello quando c’erano le bollette da pagare, alzarsi la mattina alle sei e prendere la metro, sbattersi per riuscire a pagare il mutuo, e litigare col proprio vicino di scrivania! Quant’era bello il mondo prima della pandemia!
Una sola domanda: ma persone così come cacchio hanno fatto a sopravvivere all’apocalisse?
5 – Ero in coma e quando mi sono svegliato il mondo era pieno di zombie.
Cliché stra-abusato. Mi viene l’orticaria solo a sentirlo nominare.
6 – Il villaggio buono e il villaggio cattivo
Ecco, il vostro protagonista scampa all’apocalisse e viene accolto in un villaggio dove ci sono il capo-burbero ma dal cuore d’oro, la tipa che lo maltratta ma in realtà se lo vuol fare, l’intellettuale, due o tre marmocchi pestiferi che fanno battute inopportune e il tipo losco che fa il traditore. Dall’altra parte della valle c’è il villaggio dei cattivi, che vogliono distruggere i buoni.
No.
7 – Mia moglie è stata morsa, ma io la lovvo così tanto che…
…mi faccio due palle così a pensare se è giusto o meno stroncarle la testa, e soprattutto le faccio a tutti quelli che leggono il racconto.
Ma… mia moglie è davvero malata? Come faccio a esserne sicuro? Magari sto sterminando una minoranza, gli infetti cannibali vanno protetti!
Certo, certo…
8 – In viaggio verso il nuovo Eden
Il mondo è finito, epperò… c’è un messaggio radio ripetuto a intervalli regolari che dice: qui da noi c’è la salvezza, raggiungeteci! Questo è il nuovo Eden!
E così, vi spostate dal vostro rifugio, un po’ piccolo ma confortevole, per attraversare trecento chilometri di territorio infestato dagli infetti e finire a pesce nelle fauci dei volponi che trasmettono il messaggio.
Uhm…
9 – Ohmiodio! Un infetto!
Il mondo pandemico è il nostro mondo, dove, fino a poco prima dell’apocalisse, venivano prodotte e distribuite centinaia di opere letterarie e filmiche sulla zombie apocalypse. Non fingete che i vostri personaggi non abbiano mai sentito parlare di zombie e affini, perché è pura follia.
10 – Sono in trappola, ma mi salvo lo stesso
Se volete che i personaggi sopravvivano, evitate di metterli con le spalle al muro. Se uno finisce in un vicolo cieco insieme a tre infetti, quel qualcuno è un uomo morto, oppure un quarto infetto. Non può, non deve arrivare Indiana Jones a trarre d’impaccio il personaggio. È una soluzione trash, oltre che insopportabile.
Bene, credo che per ora sia tutto. Magari qualcos’altro verrà fuori nei commenti.
Ultimo consiglio, cercate di immedesimarvi e di far reagire i vostri personaggi a seconda del periodo in cui decidete di ambientare la storia. Nel 2015 saranno già scafati e abituati a sopravvivere, il difficile è già superato. Nel 2012, al contrario, le cose stanno precipitando, e quindi ci si deve industriare per sopravvivere. Fate conto di stare all’Actor’s Studio. Vedrete che ne uscirete “vivi”, e vi divertirete, persino.
😉