“Meno 100…
La donna scrutò il termometro alla luce della finestra. Dietro di lei, nella pioggerellina, le case popolari di Co-Op City si alzavano come grigie torrette di un penitenziario. Sotto, nel pozzo di aerazione, il bucato steso sbatteva nel vento. Topi e grossi gatti randagi si aggiravano fra la spazzatura.
La donna guardò il marito. L’uomo era seduto al tavolo e fissava la tri-vu con vuota concentrazione. Erano settimane che la guardava. Non era normale. Lui odiava la tri-vu, l’aveva sempre odiata. Naturalmente ogni nuovo appartamento ne aveva una: era la legge, ma era ancora legalmente permesso spegnerla. La legge sui Benefici Obbligatori del 2021 non aveva raggiunto per sei voti la maggioranza necessaria dei due terzi. Di solito non la guardavano mai. Ma da quando Cathy si era ammalata, lui non smetteva di guardare le trasmissioni a premi. La cosa le faceva paura.”
Richard Bachman (Stephen King) e Delio Zinoni (traduttore). Siamo alle prese con l’incipit dell’Uomo in Fuga (The Running Man). Uno dei cinque romanzi del Re pubblicati sotto pseudonimo.
Richard Bachman, come ogni alias che si rispetti, aveva un passato – piuttosto travagliato – una moglie e una carriera come romanziere di terza fascia, quella dei libri che non si sa dove mettere in libreria. L’aveva voluto King, forse per sperimentare cosa si provasse a piazzare delle copie senza essere King, a scrivere senza essere King.
I libri come l’Uomo in Fuga finivano nella cesta. C’è in ogni libreria. Fu scritto, a dire di King stesso, in 72 ore, ma la mitologia – e il tempo di stesura – variano a seconda del medium da cui ci si informa: una settimana, due, tre giorni. Tre giorni, perché no, togliendo tutto ciò che non era “storia”. Ovvero circa 400-600 pagine delle sue solite 600-800-1000 di media.
Agile, concentrato solo su Ben Richards, il protagonista, e su Co-Op City, la megalopoli dove si sfugge alla disoccupazione vendendosi alla TV. Che è quello che succede oggi. Ma sulla estrema e agghiacciante attualità dell’Uomo in Fuga mi sono soffermato altrove.
Passiamo a esaminare l’incipit più nel dettaglio.
Meno 100…
La donna scrutò il termometro alla luce della finestra. Dietro di lei, nella pioggerellina, le case popolari di Co-Op City si alzavano come grigie torrette di un penitenziario. Sotto, nel pozzo di aerazione, il bucato steso sbatteva nel vento. Topi e grossi gatti randagi si aggiravano fra la spazzatura.
– Ho riflettuto a lungo se fosse il caso di considerare o meno il titolo del capitolo, quel “Meno 100…”. Non è tenuto in considerazione dai protagonisti, ma è dedicato solo al lettore.
È il principio di un conto alla rovescia, che ci accompagnerà, com’è ovvio, fino alla fine del libro. Ma incarna anche – ed è per questo che ho scelto di includerlo – quell’aura di volatilità che aleggia su tutto, prima di tutto sui protagonisti. Siamo nell’era del consumismo assoluto. Ogni prodotto, anche questo romanzo, ha impressa su di sé la data di scadenza. Usa e getta. Non credo assolutamente che valga per questo libro, ma il conto alla rovescia è perfetto per suggerire fin dalla primissima parola la caducità eretta a sistema.
– Ci si presenta innanzitutto una malattia potenziale, subito dopo una panoramica della megalopoli. Un futuro grigio che, ormai, sa tanto di contemporaneità.
La donna guardò il marito. L’uomo era seduto al tavolo e fissava la tri-vu con vuota concentrazione. Erano settimane che la guardava. Non era normale. Lui odiava la tri-vu, l’aveva sempre odiata.
Il marito che guarda la TV mentre la moglie si preoccupa di cose concrete, anche qui un quadro emblematico. Se non fosse che non è normale. Sembra quasi che il marito stia studiando la situazione. La tri-vu non ci viene descritta, ma solo presentata nella quotidianità. Potremmo ipotizzare, dato il nome, a qualcosa in grado di proiettare le immagini in 3 dimensioni. D’altronde, a noi altri non verrebbe mai in mente di descrivere la nostra TV, la daremmo per scontata.
Naturalmente ogni nuovo appartamento ne aveva una: era la legge, ma era ancora legalmente permesso spegnerla. La legge sui Benefici Obbligatori del 2021 non aveva raggiunto per sei voti la maggioranza necessaria dei due terzi.
– un futuro dittatoriale. Non necessariamente la dittatura di un singolo, ma del sistema stesso, che smania di controllare ogni singolo aspetto della vita dei cittadini. Ogni cosa, perché il sistema funzioni e si autoalimenti, deve essere rigidamente controllata.
Di solito non la guardavano mai. Ma da quando Cathy si era ammalata, lui non smetteva di guardare le trasmissioni a premi. La cosa le faceva paura.
– C’è la malattia, in casa. Forse il marito sfoga così la depressione derivante dalla situazione. Oppure è vera la seconda ipotesi, si sta nutrendo di TV spazzatura per studiarne il sistema e individuarne il funzionamento, e così i suoi punti deboli.
E qui si chiude la seconda puntata.
Questo weekend ci saranno le prove per il podcast, perciò stay tuned.
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