Underground

Dei Morti Viventi e di altri Mostri

All’inizio erano vampiri, golem e licantropi. La sacra triade del cinema horror/fantastico. Poi si sono aggiunti gli zombie, i ritornanti plebei, quelli non eletti, scelti o morsicati dal lupo, ma quelli malati, afflitti e infetti da una pestilenza. Senza la consueta orazione accessoria sul destino, la predestinazione, la nobiltà d’animo, del sangue, e qualsiasi altra virtù che faccia capo ad altrettanti particolarismi. Nessun sensazionalismo in una piaga del cinema e della letteratura mai come prima così nazional-popolare.
Gli zombie hanno fatto tabula rasa: sono l’uguaglianza sociale fatta mostro.
Tutti gli uomini sono mostri, ergo tutti gli uomini, dopo morti, diventano zombie. Guarda caso, tutti gli zombie sono mossi dal medesimo istinto: uccidere. Così, alla cieca. Senza un perché. Non c’è limite al peggio.

Licantropi e golem o costruiti, come si voglia definirli, hanno i loro problemi.
Dall’estrema difficoltà a integrarsi in società, mascherarsi e passare inosservati, da una natura di emarginazione auto-inflitta e necessaria, i lupi mannari sono diventati vera incarnazione dei rebus psicologici, finora simbolici, che si sono voluti affibbiare ai loro turbamenti. Scossoni ormonali che preludono a successive mutazioni fisiche; tant’è che per alcuni psicologi non di licantropi si tratta, ma della metafora dell’adolescente in calore. E infatti da creature con un aspetto poco appetibile, montagne di zanne, pelo, artigli e fiato greve, sono diventati adolescenti pompati a steroidi e perennemente in calore. Era impensabile che un mostro di tal fatta potesse conquistare il primo piano e risultare oggetto di idolatria, ovvero fandom. Era. Il licantropo s’è tramutato in mostro non più di nicchia, che fa bene se assunto a piccole dosi e senza troppi romanticismi, ma in un’insopportabile ode alla saccarina. Preparate i fucili e caricateli d’argento (scusami, Lycas.). E non dimenticate le dosi di insulina, già che ci siete.
I golem sono più attuali che mai con i recenti Battlestar Galactica e col franchise di Terminator. Ok, non saranno formati da parti anatomiche opportunamente fornite dai ladri di cadaveri e al posto del cervello hanno un chip al silicio, ma sempre di assemblati si tratta (come dice Alex). E il loro scenario ideale è la guerra o l’apocalisse: la ribellione contro i loro creatori. Cioè noi.
I golem sono d’altronde in crisi avendo compiuto il cinema la scelta di esplorare ogni singola strada percorribile: l’autcoscienza, l’autodeterminazione, la ribellione, l’alleanza, e persino il rapporto sessuale con gli umani e, alla lontana, l’immortalità. Difficilmente i costruiti potranno essere sfruttati ancora con efficacia, venendo meno automaticamente il sense of wonder, a meno di non far trascorrere diversi anni prima di riproporli e, qualora dovesse accadere, si tratterà sempre di già visto. Il resto è conseguenza e anonimato.
Restano vampiri e zombie. Snaturati e abusati ben oltre i limiti della decenza. Siamo d’accordo.
Però sono ancora lì. E non sembra vogliano andar via. E noi spettatori dobbiamo fare i conti con loro.

***

Morire, camminare, amare e succhiare

Tutti i blogger sono indaffarati a osannare The Walking Dead come la serie che darà nuova vitalità a questo stanco archetipo, il morto vivente, anche lui sovraesposto. E sovrasfruttato, oggi, quanto o anche di più dei vampiri. Talmente tanto che causerà un ritorno in grande stile dei secondi, i succhiasangue, dopo che le parentesi meyeriane saranno definitivamente tramontate nel giro di un paio d’anni e con esse, l’incremento esponenziale degli indici glicemici.
Previsione altezzosa, ve lo concedo. Ma pensate per un momento alla differenza sostanziale che può intercorrere tra vampiri e zombie. I primi hanno avuto sempre un’arma in più: il passato e il futuro, ovvero la memoria storica, perché sono immortali. Gli altri sono solo ombre miserevoli del genere umano.
Sono senza ricordi, coscienza e, per di più, senza avvenire.
Per quanto mi riguarda, il fatto che The Walking Dead sia partito nella stessa maniera di 28 Giorni dopo e, prima ancora, di Resident Evil, con lui che si sveglia in ospedale ad apocalisse avvenuta, è inaccettabile. E me ne sbatto che così inizia il fumetto e se poi è bello e bla, bla, bla. Quando è troppo è troppo. Comunque, si vedrà. E questo non vuole essere un articolo su TWD. Sia chiaro. E neppure sui vampiri odierni i quali, laddove non luccichino di luce propria, non brillano neppure per cattiveria, quando si degnano di tornare a fare il loro sporco lavoro, bere sangue e macchiarsi, piuttosto che limitarsi ad amare & succhiare. Pratica che, detta così, non suona neanche troppo onesta… a meno che non preveda una contropartita in denaro.

***

Zombie Apocalypse Now

Prendo spunto, piuttosto, da una serie di questioni scaturite da relativi botta e risposta sul blog della mia amica AgonyAunt e da alcuni miei commenti riguardanti Matheson e Romero e gli infetti in generale. Tali spunti si possono riassumere così:

a) Differenze varie ed eventuali tra vampiri (di Matheson), zombie (Romeriani) e infetti (cinema moderno)
b) Futuro e possibile evoluzione delle tre specie in società
c) spostamento progressivo del focus della narrazione dagli umani ai morti viventi che, così, assumono sempre più spessore di protagonisti

Io sostengo che Matheson non solo è stato più originale di Romero, ma si è spinto talmente in là con le conseguenze della sua ambientazione,  a parità di temi, che essa è l’unica ad offrire nuove possibilità a un settore del fantastico altrimenti destinato a perire di un giusto contrappasso, visto che tratta di morti viventi. Vediamo un po’ quello che ne consegue:

a) i vampiri mathesoniani di Io sono Leggenda (romanzo del 1954) sono anche loro infetti, né più né meno. Non sono vampiri in senso classico, con mantello nero, abiti eleganti, zanne, accento dell’est e castelli in Transilvania. Sono esseri umani deceduti e risorti a seguito di un contagio e mantenuti in vita dalla stessa causa di quel contagio, ovvero un virus (o batterio). La loro malattia comprende un decorso preciso suddiviso in fasi ben delimitate. Questa infezione causa morte, resurrezione e conseguente ritardo delle facoltà mentali; assenza di funzioni vitali, debolezza ai raggi ultravioletti, sussistenza di paure ataviche e superstizione, evidente retaggio, quest’ultimo, dell’umanità e dei ricordi (leggasi “cultura”) delle vittime. Non sopravvivono se smembrati e, teoricamente, si nutrono di sangue. L’invecchiamento è estremamente rallentato fino a supporre una sorta di immortalità.

Gli zombie romeriani (da La Notte dei Morti viventi, 1968 in poi) ritornano, si pensa spontaneamente, dopo il decesso. Eppure, nel secondo capitolo della trilogia (Dawn of the Dead, 1978), si propende per la causa virale come base del contagio (il morso infetto). Si assiste di conseguenza alla morte del contagiato e alla sua resurrezione. Gli zombie hanno notevoli difficoltà nella deambulazione, quasi nessuna capacità di ragionamento, se non sprazzi di ricordi della loro esistenza precedente e sono vittime di paure ataviche, una per tutte la paura del fuoco. Cosa abbastanza anomala in un essere che non ha, o non dovrebbe avere coscienza di sé, e neppure istinto di autoconservazione. Assieme alla paura del fuoco, gli zombie serbano la necessità istintiva di nutrirsi, cosa non necessaria alla loro sopravvivenza. C’è totale assenza di funzioni vitali, decomposizione estremamente rallentata e, in più, lo zombie sopravvive allo smembramento. Come è noto, muore soltanto se colpito al cervello che, d’altra parte, è l’unico organo che ancora mostra segni di attività, sebbene di gran lunga ridotti.

Gli infetti moderni, non è neanche il caso di dirlo, sono l’anello di congiunzione dei primi due tipi. A renderli tali è un virus, di solito una variante della rabbia, che non li uccide, ma li trasforma in esseri violentissimi e assetati di sangue. Anche costoro mostrano ritardo mentale, ma nessuna difficoltà di deambulazione. Come ho detto, non li uccide. Si tratta, infatti, di esseri umani in tutto e per tutto, contagiati, è vero, ma pur sempre con esigenze umane primarie, una per tutte: nutrirsi. Gli infetti muoiono nel giro di un mese nel caso in cui non riescano a trovare sostentamento. In teoria, non dovrebbero sopravvivere allo smembramento così come non sopravvivono a un colpo alla testa, ma, in pratica, la loro follia li fa diventare insensibili al dolore e alle paure più elementari.

b) Le tre creature, quindi, hanno medesima origine: un virus. E la loro comparsa una medesima conseguenza: l’estinzione della specie umana.

A questo livello, però, si assiste alle prime profonde differenziazioni. Due su tre di queste epidemie sono incurabili: quella romeriana e quella degli infetti.
In entrambe gli esseri umani superstiti sono pochi e inefficienti per porre un freno all’irreparabile. In Romero, addirittura, si ipotizza per gli zombie una distinzione in specie separata dalla razza umana. Distinzione rafforzata dalla comparsa di esemplari anomali che mostrano di essere sia speciali per capacità oggettive e livello di raziocinio (Bub, Big Daddy, Jane in groppa al suo cavallo) quanto allo stesso tempo tipici di una possibile evoluzione della neonata specie.
Anche gli infetti annoverano tra le loro fila la presenza di individui immuni, ma questi sono anomalie senza nessun futuro, rispetto al genere dominante aggressivo e violento.
Infine, sia gli zombie che gli infetti (questi ultimi, come abbiamo visto, con aspettativa di vita molto limitata) non hanno alcuna possibilità di generare: i primi perché incapaci, i secondi perché del tutto disinteressati.

I vampiri di Matheson, d’altro canto, si dimostrano più efficaci. Tra di loro si forma abbastanza presto una nuova società in grado di sviluppare una cura, ovvero un rimedio capace di arrestare il progredire dell’infezione e limitare i danni sia mentali che fisici. Trattasi di una nuova specie, violenta e aggressiva, ma ancora razionale che contiene al suo interno esemplari anomali, varianti che spiccano per risorse e qualità (coloro che hanno sviluppato la cura) e che decidono di far piazza pulita sia dei loro fratelli, ormai vittime irrecuperabili della pestilenza, sia dell’ultimo esponente della vecchia specie: l’uomo. Perché inutile retaggio di una stirpe nella quale non si riconoscono più. Infine, nulla vieta apparentemente alla nuova specie, i vampiri, di riuscire a riprodursi dando così origine a un’inedita società.

c) Umani e morti viventi, quindi, si spartiscono la scena. Il palco è il mondo. Le conseguenze sono uguali per tutti, e anche gli sviluppi. Quello che cambia è l’arco di tempo in cui queste tragedie vengono descritte.

Neville è l’ultimo uomo sulla terra. In effetti non sappiamo se è proprio l’ultimo rimasto. Diciamo che è un assunto valido se si considera il resto del mondo che egli può raggiungere con le proprie forze e con le scarse risorse che egli possiede. Non è un virtuoso, né possiede meriti speciali. È soltanto immune alla malattia, e lo è diventato anni addietro, in tempi non sospetti, per caso venendo morso da un pipistrello vampiro in un posto esotico. I

vampiri sono anonimi, maschi e femmine, eccetto Ben Cortman, il suo ex-amico, collega e vicino di casa che è diverso non perché speciale, ma perché Neville, per non impazzire, si sforza di dargli un significato ulteriore: bersaglio della sua vendetta e delle sue ossessioni. Il punto di vista è fisso sull’ultimo uomo, fino alla fine, anche quando, comparsa Ruth, esponente del nuovo mondo, egli capisce di essere divenuto leggenda, così come il vampiro era leggenda per gli esseri umani.

Bub (Il Giorno degli Zombie, 1985) è l’inizio per Romero. Il riscatto degli zombie che, nonostante vincitori, sono finiti per essere cavie dei pochi umani rimasti. È solo in una realtà fatta di urla, lamenti e intrinsecamente votata all’auto-distruzione, sia da parte degli umani che proprio non riescono a superare sciocchi conflitti e competitività, persistendo negli stessi errori che li hanno condotti fino a quel punto, sia da parte degli zombie che finiranno col decomporsi, lasciando il mondo in un innaturale silenzio.
Tutto questo fino alla nuova trilogia, allorché prima Big Daddy (Land of the Dead, 2005), il benzinaio, poi Jane (Survival of the Dead, 2009), si ergono a nuovi leader di una nuova specie che, per la prima volta, agisce con uno scopo, salvaguardare la propria esistenza e il proprio futuro, per quanto breve e inutile tale iniziativa possa apparire. Gli uomini sono destinati a farsi da parte e a scomparire pian piano.

L’epidemia appare inarrestabile, ma solo perché inarrestabili sono loro, gli infetti. In realtà basterebbe contenerla, ma la quarantena è una disposizione inapplicabile. Gli infetti moderni sono e restano anonimi. Puro simbolo di distruzione, non sono mai stati, né hanno mai voluto rappresentare alcunché al di fuori della fine.
Gli uomini possono solo fuggire e devono anche farlo velocemente, perché loro sono rapidi e letali.
Il punto di vista non importa. Gli uomini, rispetto agli infetti, sono altrettanto anonimi. E inutili.

***

Vivi Morenti e Morti Viventi

Vampiri e Zombie, quindi, possono essere considerati la medesima specie di ritornanti che offre, in caso di outbreak e susseguente pandemia, medesime prospettive. Il vampiro risulta fascinoso perché riesce a serbare intatto il suo fascino, la sua intelligenza e la sua cultura, in cinque parole: la promessa di un futuro. Persino distopico, apocalittico o cyberpunk. Il vampiro è costante come l’evoluzione. Tutto rappresenta fuorché la fine.
Lo zombie è putrido, cadente, lento o veloce che sia, destinato a dissiparsi senza fornire una ulteriore speranza, come nel caso di Bub, che non risulti ancora più patetica e commovente, rispetto al morto vivente in sé, considerato ombra mefitica e insensata dell’essere umano che c’era prima al suo posto.
Tra vivi morenti e morti viventi, parafrasando F. Dellamorte, in fondo quale volete che sia la differenza? Essa, se c’è, è sottile, ma non sostanziale come molti pensano. Vivi e morti sono proiettati entrambi verso la fine. Atroce consapevolezza.
Dalle apocalissi romeriane e moderne non c’è scampo, a meno che gli zombi non ritornino a vivere, a funzionare in quanto esseri organici e gli infetti non guariscano, riacquistando la ragione perduta. Altrimenti il loro destino è tediarci con continue e inarrestabili armageddon, tanto stantie quanto ovvie. La morte, d’altronde, ce l’abbiamo vicino ogni giorno, che se ne sta alle nostre spalle, a versarci da bere, e non servono loro, gli zombie, a spingerci a interrogarci su un’esistenza che già appare difficile e insensata.
I vampiri sono sempre lì, inalterati allo scorrere di secoli di letteratura-spazzatura. Il loro mito nasce dagli abissi e dalle paure profonde. La loro attuale realtà da errate interpretazioni e presuntuose strumentalizzazioni. Ma quell’essere a metà tra la vita, la grazia e la morte che osserva, silente, lo scorrere dei secoli, e solitario si interroga sul destino dell’uomo, conserva ancora tutto quel fascino arcano. Persino quando è degradato a mero essere selvatico e predatore, persino quando si occupa di terrene passioni, il potere, la politica, le finanze. Dalle nebbie del mito scruta le sue patetiche raffigurazioni cinematografiche, effeminate, vuote, inutili e dannose. È sopravvissuto e sopravvivrà persino all’apocalisse, al contagio sistematico. Surclasserà l’uomo e allora, quando il suo dono sarà comune retaggio, dovrà per forza reinventarsi per costruire una nuova leggenda.

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  • […] lo zombie. Ma è davvero una metafora? O solo un morto tornato in vita? Ho contraddetto me stesso: sognavo un film o un racconto dal punto di vista dell’infetto/zombie, e invece sono ritornato nel confortevole rifugio […]

  • Non avevo visto la sezione dei telefilm… sono ancora novellina.-)

    Attendo il nuovo post con ansia! Buona pensata.

  • Ah, ma ne ho parlato eh. 🙂
    Basta che vai a vedere l’indice dei telefilm…
    Ho parlato anche di Dead Set.

    Ora ti devo lasciare che sto pensando a cosa scrivere per oggi.
    😉

  • Secondo caffè mattutino con sfondo horror… ci voleva.

    Solo una cosa, sul telefilm di cui non vuoi parlare: sono arrivata al terzo episodio e poi l’ho mollato, talmente era un cliché vivente.
    Tutti a sbrodolarci sopra come se fosse l’evento del secolo (e tutti ignari dell’esistenza di dead set) ed io invece la penso così:
    http://recensioni-libere.blogspot.com/2011/01/walking-dead.html

    Non sono molto spesso d’accordo col blogger citato qui sopra, ma questo suo pezzo riassume tutto il fastidio provato sia per il fenomeno che per il prodotto in sé.

  • […] (il Requiem di Mozart), ma azzeccatissima un’evoluzione molto, molto interessante dell’archetipo zombie, sempre più orientato verso la personalizzazione, ma al tempo stesso non snaturato della sua […]

  • […] 2010, letto 415 volte – Dei morti viventi e di altri mostri (articolo-saggio sui mostri del cinema, che io davo per spacciati, ma che in realtà interessano […]

  • […] zombie. Argomento gradito a me e a questo blog. Se ne parla così tanto proprio quando io ne avevo decretato la fine marcia e purulenta. Il solito paradosso. O l’ultimo sussulto prima di scomparire? È bene […]

    • 13 anni ago

    Allora.Vediamo un pochettino.
    Sugli zombi,ritengo come voi che Romero,si sia autocastrato con il discorso sull’inteligenza degli zombi.Una eventuale razza zombi non avrebbe un lungo futuro davanti a sè.A me innanzitutto interessa nei film zombi,l’analisi delle forme di stupidità umana.Dai militari ottusi in Day alle deviazioni dell’informazione in Diary,così come m’interessano le varie sfaccettature dell’apocalisse e le loro implicazioni sui sopravvissuti umani.
    Il Neville di Io sono leggenda ed il Ben di Night sono profondamente imparentati,il fatto che poi Ben nonostante sia l’eroe della storia non faccia altro che sbagliare praticamente tutte le mosse,mentre l’idea giusta,quella della cantina ,venga da Cooper il personaggio negativo, non fa altro che alimentare i dubbi sulle capacità di sopravvivere della razza umana.

    • Uhm, interessante. Mai pensato di paragonare Neville a Ben. E le analogie tra i due che vedo sono pochine.
      Io credo che la razza umana sia comunque spacciata. Per cui, tornando a Io sono Leggenda, bene ha fatto Matheson a chiuderla lì, senza ambiguità.
      Ecco perché l’idea del vampiro (di Matheson) trovo sia più vincente. Ruth, perché sempre di Ruth si tratta, è la testa di ponte verso la nuova specie. Il guaio è che il discorso non è stato mai approfondito dal punto di vista del mostro.
      I tentativi di Romero… be’ potevano andare meglio.

    • 13 anni ago

    Caspita, che postone!

    Come probabilmente immaginerai non concordo su tutti i singoli punti. Però, tralasciando le divergenze interpretative, posso dire di condividere il tuo desiderio di saperne di più sui mostri, di avere più roba che sposta il focus su di loro, di assistere all’evoluzione della loro leggenda. Mi concentro sul condiviso, non in omaggio al volemosebbene ma perché all’interno del condiviso stesso c’è qualche differenza.

    Io non sono stufa del pessimismo cosmico della zombata. E non è solo perché lo condivido, mi piacciono anche film il cui succo non condivido affatto. Piuttosto perché la turpitudine della specie umana non è un argomento monolitico ed è ben lontano dall’essere esaurito.
    Ammetto che nella zombata è un cliché. Questo significa che sovente perde la sua forza disgustata per appiattirsi in un generico disfattismo. In The Walking Dead (fumetto) apprezzo per esempio la distinzione che si fa tra umani come individui – che non fanno necessariamente schifo – e umani come specie. Cioé: dietro l’orrore inspiegabile dell’umanità c’è la comprensibilità del singolo elemento. Questa non sarà la scoperta del secolo ma è una riflessione che supera l’autoevidente ribadizione della turpitudine della specie, per dire.
    In generale secondo me l’argomento non è esaurito e non è nemmeno noioso, a meno che non sia trattato con la stessa genericità che da sempre si abbina ad assunti più “buoni” e di maggior successo (anche se, a onor del vero, il pessimismo di quel tipo è tutto fuorché posizione eversiva o di nicchia).

    Quindi non è perché sono stufa del pessimismo che voglio qualcosa di più dagli zombi e cerco quei film che provano a darmi quanto chiedo, annotando spesso gli esiti della ricerca anche sul blog. è perché credo che l’epidemia zombi e quella del toture porn, le due correnti a mio giudizio più notevoli – dal punto di vista quantitivo – e più caratterizzanti dell’horror contemporaneo, siano anche le più espressive delle ansie dell’ultimo decennio.
    Per quanto riguarda gli zombi ho definitivamente smesso di essere certa che quello che attrae in questi film siano i tizi preoccupati di sfuggire loro. A me, che spesso mi definisco uno spettatore tipico (dell’horror), non importa un fico secco di quei tipi, buoni o cattivi che siano. Mi importa dei morti e della serie di perdite che si trascinano dietro: storia, memoria, possibilità di progresso, vita, scelta, riconoscibilità-unità del corpo, eccetera, non ti sto a fare l’elenco completo.
    Insomma, sì, anche io cerco quei luoghi del sottofilone in cui gli zombi cambiano, timidamente e poco per volta.

    E comunque ho votato Sandahl Bergman, sapevatelo!

    • Sandahl Bergman!
      Ti adoro…

      😀

      Probabilmente l’argomento specie umana si è esaurito nei modi e nei toni in cui si è voluto trattarlo. Ovvero come un blocco. Tutti cattivi con qualche buono e qualche sciocco. E di questo sì, sono arcistufo.
      Io devo confessare che era proprio la sopravvivenza la parte che più mi attraeva in questi film. La famosissima e pluricitata (da me) scena del centro commerciale, coi tipi che mangiano a sbafo, si fregano i soldi “tanto non si sa mai” e fanno partite aggratis ai videogiochi è l’apoteosi.
      Quindi sì, era l’idea dei pochi che, nonostante tutto, sopravvivono, che mi attraeva.
      Poi, come dice anche Alex, tutti, sia umani che infetti sono precipitati nell’anonimato. E con essi questo filone che sta arrancando, a meno di una svolta interpretativa.
      E devo dire che non mi dispiace l’idea dello zombie intelligente. Attenzione, l’idea, non come è stata messa in atto. Ovvero, un film o telefilm in cui uno zombi sia il protagonista. Protagonista nel senso che, se il film vince l’Oscar relativo, lo devono dare a lui.

      Ma non ti fare scrupoli a contraddirmi, se devi. Tanto qua si è creata col tempo proprio quell’atmosfera informale che speravo, per non dire di caciara. Puoi persino dirmi che TWD è bello. Giuro che non mi offendo.

      😀

    • 13 anni ago

    Sono completamente OFF-TOPIC, ma vorrei sottolineare l’effetto straniante che provoca il discernere di questi temi con un folle travestito nella versione cyborg di Babbo Natale…………… 😛

    black kisses 😈
    K.

    • E devi vedere l’effetto straniante che faccio quando cammino per la strada!
      Pressappoco così
      😆

  • Che articolone.
    Tutto bello, se non fosse che, non gradendo TWD, dimostri di non capire nulla… AHAHAHAHHA 😉
    Io di TWD ho visto per ora 2 puntate e non conosco che un volume in mezzo alla serie a fumetti, per cui non dico nulla.
    Ah sì, dico che chiunque in un mondo invaso dagli zombie scelga un mezzo di trasporto BIOLOGICO è un coglione e gli sta bene che gli sbattano la moglie a molotov.

    Inoltre gli zombie non è che li apprezzi tanto, come pure l’horror con sangue e budella in generale, come pure i film di Romero. E i vampiri li guardo solo se c’è la Bekinsale per vederle il culo nel latex.
    Quindi commento totalmente a cazzo solo per salutare.

    “Per salvarsi dal tedio delle riflessioni tutte uguali sulla merda che è la razza umana, si deve spostare l’attenzione sui mostri.”

    Ma i mostri, li creiamo noi.
    Com’è possibile che, spostando l’attenzione sulle nostre creazioni, non si finisca per NON parlare della razza umana?
    Alla fine il problema ha due facce, ma la moneta siamo noi, da lì non ci si sposta.

    Per esempio, al di là che va beh, qualche splatteroso me lo son visto pure io (Dead Set per dirne uno tra gli ultimi), ma quello che cerco è la paura, l’angoscia, la sensazione di straniamento da una realtà comune, in una storia di questo genere.
    Che ci sia originalità, che sia una metacritica della situazione economica o sociale attuale, non m’interessa, non ci riesco proprio.

    Tu prima parli dei significati dati agli zombie di Romero, dicendo in pratica che tu vuoi il morto vivente e basta.
    Però poi dici che non ti basta più, vuoi che il morto vivente significhi qualcosa.
    Non mi è mica chiaro cosa vuoi El 🙂

    Non sarà che metti il significato, cava il significato, metti il… cava il… si è perso di vista il fatto che queste figure erano spauracchi, storie da raccontare ai piccoli, significati magici per malattie reali, cose che facevano PAURA?

    E nessuno vuole più averne, di paura, perché (motivazioni sociali sulle quali non mi dilungo) … e quindi ora gli zombie fanno caciara e i vampiri sono in fondo buoni o frichettoni o luminosi?

    • “Mena il tuo colpo più duro, amico. Non mi fai paura”

      Grandioso. Non ho parole. 😀

      @ Matthew
      Per me il segreto sta nell’illusione.
      Mi spiego. O almeno ci provo. Dando per acclarato che le riflessioni umane sono scontate. E che gli zombie fanno, per lo più, da contorno. Vorrei guardare, una buona volta, la cosa, l’apocalisse là, da un punto di vista non-umano.
      Questo punto di vista sarebbe puramente fittizio e inventato di sana pianta, non c’è storia. Ma, almeno, vorrebbe dire iniziare qualcosa di nuovo.

      Ipotizzando: io sono uno zombie. Mi sono accorto di riuscire a pensare e pianificare. Che ne sarà di me? Mi faranno saltare il cranio? Dialogheranno con me? Oppure devo spazzare quelli che restano degli umani?

      Tentativo rischioso, lo ammetto. Che potrebbe sfociare in un disastro. Però, io mi sono rotto di vedere sopravvivere sempre gli stessi idioti rappresentativi di questa o quella classe sociale, o di questo o quel tipo umano. Meglio vedere gli zombie che, finora, sono risultati diversi solo nel modo di vestire.

      Ah, chiedo conferma a voi. Se non sbaglio un tentativo in tal senso è stato già fatto, guarda caso, in un fumetto. Protagonista è Bub, il buon vecchio Bub, quando era ancora vivo e poi, ipotizzo, quando è tornato. Ma di questo sono meno sicuro. Qualcuno ne sa niente?

  • Ottimo articolo davvero.
    Purtroppo non conosco TWD e non amo granché gli zombi (la loro carne in decomposizione contiene troppo zolfo per i miei gusti), quindi non mi esprimo in merito. Invece mi sento in dovere di farmi portavoce dei lupastri, quelli più cattivi, che non si tolgono la maglietta ogni tre per due. Credo che gradirai il loro messaggio, perché hanno scelto di usare il tuo stesso linguaggio…

    Basta che vi ricordiate cosa fa il vecchio Jack Burton, quando dal cielo arrivano frecce sotto forma di pioggia e i tuoni fanno tremare i pilastri del cielo. Sì, il vecchio Jack Burton guarda il ciclone scatenato proprio nell’occhio e dice: “Mena il tuo colpo più duro, amico. Non mi fai paura”

    :p

  • @ Alex
    Anche per me quella scena è bellissima. Ma il paragone che ho fatto regge. Almeno credo… 🙂

    @ KM
    Oh, ma guarda che i vampiri saranno anche diventati gli impiegati dell’horror statale, o le bambole gonfiabili delle adolescenti. Fredde e luccicanti. Sole, quore (con la q) e ammore!
    Ma risorgeranno. Ne sono certo.

    • 13 anni ago

    SI. MA TWD E’ BELLOOOO!!! ah, ha, ha 😀
    Sto morendo dalle risate, più che l’altra volta col post su 300.
    Certo che quando vi ci mettete, tu e Alex…..
    Purtroppo penso che lo zombi come figura simbolica sia molto limitata e che abbia già detto tutto. Si prova pietà per loro, si pensa ai bei ricordi e alle giornate felici e poi cosa rimane? Gli uomini, come figure simboliche, hanno già detto tutto. E i vampiri, uhm hanno detto anche troppo!
    😀

  • non vi siete rotti di leggere “Oh, ma quant’è figo TWD!”, “Oh, ma quant’è bello TWD!”.

    NO! 🙂
    Trovo una cosa bella ogni 250 anni, lasciamelo almeno dire!

    Tornando seri: come ho accennato precedentemente, lo spunto evolutivo pensato da Romero poteva essere intrigante, solo che lui l’ha sviluppano alla scroto di cane, con attori che recitano come sterco di mucca. Il risultato è un cumulo di letame, e della buona idea non rimane che un vago sentore…

    Il soldato di Day of the dead (simpaticamente apostrofato come “messicano bastardo” per 3/4 del film) che porta gli zombie giù nel bunker per me è pura poetica horror 😉

  • @ Alex
    Ho visto il commento solo ora.
    Ok, ‘sta storia che è pari pari al fumetto l’avevo già sentita.
    Ma allora perché l’autore del fumetto non s’è inventato una cosa nuova? Forse perché manco lui si aspettava tutto ‘sto successo e voleva fare la citazione fiqua?
    Se è così, allora posso pure accettarlo. Anche se, nella trasposizione, io l’avrei cancellata.
    Cioè, prima Milla e poi Cillian. In due già sono troppi.

    Be’, siamo d’accordo con l’esaurirsi della vena creativa.
    E anche io preferivo lo zombie per ciò che era, ossia un morto vivente.
    Il punto davvero incredibile è che a me, ora, non basta più.
    Voglio che significhi qualcosa in più. Perché che l’umanità faccia schifo lo so già. Putroppo.

    Ah, e prima che arrivi il solito moralizzatore nullafacente e non-leggente, si sta generalizzando riguardo all’umanità. È ovvio.

  • Beh, sarò banale (e so che non vuoi questo tipo di commento), ma TWD inizia pari pari come inizia la versione a fumetti. Io ho apprezzato…

    Anyway, sugli zombie io sono di manica larga, ossia mi piacciono sia come mostri che come metafore dell’umanità, del proletariato, dell’arcilesbica, di quello che ti pare 😉
    Però preferivo quando scegliere loro connotava appunto un sottinteso diverso dal “facciamo caciara”. Che è poi il motivo per cui ora girano un sacco di film di zombie/infetti etc: fanno tendenza! Sono di moda!

    Credo che Resident Evil abbia la sua bella fetta di colpa in tutto ciò. Purtroppo.
    Io preferivo il pessimismo cosmico (che condivido al 100%) al dilettantismo videogiocoso (e lucroso) con cui stanno utilizzando i ritornanti da qualche anno a questa parte.

    Comunque il filone, quello bello, è esaurito. Ora hanno riaperto quello per i fresconi, che porta denaro in barba a tutto il resto.
    E a me i film girati come videoclip, pieni di sparatorie e tizi cazzuti che lottano coi morti viventi velocipedi alla lunga stancano…

    • 13 anni ago

    Si, ma TWD è bello. 😛
    Scherzi a parte, credo di aver capito il tuo punto di vista, El. Zombie più personalizzati o vampiri interessanti spingono a riflessioni diverse e nuove, mentre infetti e zombie anonimi o classici spingono sempre alle identiche riflessioni che tutti conosciamo, che l’umanità è bastarda, che non ci si può fidare, che gli uomini sono stronzi ecc….
    Esatto?
    Bell’articolo anche per me.

    • Oh, santa Keyem da… ? Uhm, da dove vieni tu? 😀

      E finiamola co ‘sto TWD. Ho solo detto che quella scena è una scopiazzatura indecente. Anzi, un remake. Si sa, il solito viziaccio americano di rifare tutto. Punto. Non sto parlando del telefilm in sé. Di solito, tranne che per Nikita, mi esprimo a fine stagione dopo aver visto tutte le puntate.
      Però, se non avessi fatto notare quella clonazione e non ci avessi dato giù duro, non sarei stato più io.
      E poi, di che vi lamentate?
      Non siete contenti di sentire una voce fuori dal coro? Non vi siete rotti di leggere “Oh, ma quant’è figo TWD!”, “Oh, ma quant’è bello TWD!”.
      “Che fai, stasera?”
      “Mah, non so… mi sa che mi vado a guardare TWD.”
      Ma smettetela voi, piuttosto. LOL 😆

      Tornando seri.
      Hai capito in pieno. Per salvarsi dal tedio delle riflessioni tutte uguali sulla merda che è la razza umana, si deve spostare l’attenzione sui mostri.
      A ‘sto punto, mi vanno bene sia Jane che Big Daddy, però un senso me lo dovete dare. Sennò si finisce tutti come quel pirla di soldato che schiaccia l’interruttore e fa scendere mille zombie nel rifugio.
      Tanto valeva spararsi un colpo, piuttosto che morire divorato.
      😉

  • Beh, l’articolo è molto bello, anche se alcuni punti non li condivido affatto (ma sono felice di ciò: l’omologazione saprebbe troppo di “zombesco”!).

    Leggo dal tuo ultimo commento che ieri ti sei visto un altro film di zombie e ti sei sfracellato i coglioni. Come non capirti? Succede anche a me. Settimana scorsa ho visto “Devil playground”, b-movie inglese anche decente, solo che non aggiunge nulla di nuovo né all’argomento né a come viene trattato. Ma quando dico nulla vuol dire proprio NULLA, e a questo punto vale la pena vedersi “Dawn of the dead” del 1978, no?

    Il prossimo anno uscirà il film tratto da World War Z, già presentato in modo roboante come “il più grande film di zombie di tutti i tempi”.
    Che, se rispettassero la trama del libro di Brooks, potrebbe essere anche vero. Cosa che secondo me faticheranno a fare.
    Comunque, dai, sono speranzoso. L’unica cosa che mi lascia perplesso sono le tanto citate “scene di massa colossali”, che spero non siano realizzate nella solita cagosa CGI.

    Su TWD ciascuno dica la sua, e io ti dico che secondo me ti sbagli alla grandissima. Perché, molto semplicemente, TWD non è un serial sugli zombie. Gli zombie sono un pretesto (potevano essere coboldi, tarantole giganti, gay idrofobi o neonazisti da Marte) per parlare degli esseri umani. Senza melensaggini o ipocrisie.
    E’ una delle cose più belle che ho visto da… beh, da sempre, credo.
    Poi se non ti piace non ti piace, amen.

    Chioso su Romero, che si è rincoglionito dando una “dignità evolutiva” agli zombie, il che poteva forse avere un senso, se non l’avesse dimostrato con quelle ciofeche di ultimi film.
    Mi sa che è uno zombie anche lui.

    E poi: ah già, bell’articolo. Ma te l’avevo già detto 😉

    • Alt, alt, alt. 😉

      Di TWD non parlo. L’unica cosa che davvero non ho apprezzato è la clonazione sfacciata della scena iniziale. Inventare qualcosa di nuovo, no eh?
      Il fatto che poi parli o meno di zombie è irrilevante, come penso anch’io.
      Il problema è come intendere, in che ottica voglio dire, sia gli umani che i morti viventi. Ovvero, umanità allo sbando che sopravvive, che si ricicla, che litiga, che è ribaltata. Ma da cosa?
      Cosa sono, per una buona volta, gli zombie?
      Questo è il punto.
      Per questo dico, noi umani ci conosciamo anche troppo bene. Gli zombi sono un pretesto? Allora, perché inserirli nella trama?
      Perché c’è bisogno di questa radicalizzazione? Oppure di questa metafora radicalizzata?
      Spero di risultare chiaro… Che poi è lo stesso problema di Romero. Per decenni si sono accaniti a cercare metafore politiche *chiarissime* nei suoi film.
      E ‘sto pessimismo cosmico che è stantio, secondo me. Da questa fine del mondo non si sfugge.
      Matheson, al contrario, sublima. Dà a Neville un finale degno di un eroe epico. L’umanità, quando c’è lui, è già venuta a patti, si è evoluta.
      Nelle zombie apocalypse, al contrario, essa è wagneriana. Pensa a sé stessa, riflette, vede i suoi errori e i suoi orrori, ma non riesce ad andare molto più in là rispetto alla mediocrità dalla quale tutto è scaturito.
      E, alla fine, secondo me il filone si è esaurito. Forse WWZ sarà il canto del cigno. Forse lo è già TWD.

    • 13 anni ago

    Bellissime le immagini d’epoca!
    Dunque, mi tocca scavare nella memoria perchè di tutti i film da te citati e del LIBRO non ho un ricordo recente avendoli consumati anni e anni fa. Mi sono sempre chiesto a proposito di Io sono Leggenda se non ci sia stato un malinteso a definire quegli infetti come vampiri. Al tempo, gli anni cinquanta mi pare, dovette rappresentare un grosso shock culturare, abituati come erano ai vampiri in costume stokeriani. Eppure di infetti si tratta non divampiri. E tale deduzione è spiegata benissimo nel libro.
    Hai ragione quando parli di momenti diversi nello svolgersi di tutte le opere. Matheson è radicale da questo punto di vista. Il mondo è già arrivato alla fine e Neville è tutto ciò che rimane del vecchio.
    Da un’apocalisse zombie romeriana e moderna non ne può uscire nulla di buono. Da Matheson una nuova specie.
    Prendendo in considerazione Il Giorno degli Zombi, anche ammettendo il finale idilliaco sull’isola tropicale. I tre superstiti e i loro eventuali discendenti morirebbero senza i comfort moderni nel giro di qualche decennio. Dagli zombie non nasce niente.

    • Oh, ammetterai che ‘ste cose dette da te assumono una sfumatura comica involontaria non indifferente. 😀
      Per le foto d’epoca, magari avresti preferito qualche giovane idol.

      Ma il punto è: che razza di apocalisse è?

      Ieri mi sono visto un altro film recente appartenente al filone zombie. Più o meno ben fatto. Ma DUE PALLE COSì mi sono fatto e, manco a dirlo, mi sono messo a dormire (senza russare).
      Non molto tempo fa questi film me li divoravo. Lo trovavo un genere sempre-verde. Ora sto avendo una crisi di rigetto verso gli zombi peggiore che verso i vampiri.
      Tanto, quelli che conoscono tutti, non sono vampiri. Basta ignorare la questione. E sì che sto anche diventando troppo vecchio per badare a certe stronzate.

      Mi piace Gloria Grahame. Ho scoperto che Jolene sta per tornare con quello che si dice essere un filmone. La terza dea è in dirittura d’arrivo…
      E c’è sempre Matheson, l’uomo da un solo libro, e Vampire The Masquerade. E la vita è bella.

      Romero, considerando i sei film, non i primi tre, perché sennò è facile, s’è messo la corda al collo da solo. Da Bub non se ne esce.
      Conseguenze:
      1) gli umani sono troppo coglioni. E fin qui siamo più che d’accordo.

      2) gli zombie sono e resteranno sempre cadaveri che camminano che moriranno nel giro di 10, 15 anni. Dopo? Il nulla.