Serie Tv

Dead Set (2008)

La fine del mondo funziona sempre.
Ce ne stiamo lì, a tremare ogni volta che bussa il postino, perché può portare con sé tasse inattese; governati da politici corrotti, vecchi e immobili come statue di sale; disillusi dalle ovvietà scandalose pronunciate con troppa convinzione dal nostro vicino di scrivania, che pure ritenevamo una persona in gamba, finché non ha aperto bocca. E vagheggiamo un futuro che sia solo nostro.
Allora, ancora una volta, ci si rifugia nell’apocalisse: Dead Set, miniserie britannica del 2008. Che, però, nonostante quello che potete pensare, voi che l’avete vista prima di me, è un inizio. Sfolgorante.
Sì, l’ho vista (e apprezzata) solo qualche giorno fa. Come ho già confidato ad Alex, non ha avuto alcun ruolo attivo nella stesura della mia versione della Pandemia Gialla, sebbene, e qui vi faccio un piccolo spoiler, la troverete in essa citata.
L’apocalisse, dicevamo. Quello che manca è la musica. Io il mondo lo farei finire accompagnato da un assolo di chitarra di David Gilmour; degna musica per la degna conclusione della nostra società. Qui, invece, in Dead Set, a parte un assalto di zombie ritmato da musica da studio televisivo, non ce n’è altra.
Sono discorsi pericolosi?
No. Non c’è spazio per i dubbi cretini e moralistici. Non su queste pagine. Si parla solo di narrativa fantastica. Anche se trattasi di cinema o fiction televisiva.
E, compito della narrativa fantastica non è, come vuole il marketing, rappresentare la realtà idiota, ma fornire una valida alternativa.
Dead Set è una valida alternativa che, priva di qualche piccolo cliché, sarebbe stata perfetta. Ma soprattutto riesce in un compito notevole: la fine del mondo te la fa amare, quasi rimpiangere.
E le ultime inquadrature sono il contrappasso, di una bellezza poetica. La giustizia.

***

Il prezzo del biglietto

Non mi addentrerò molto nella trama. L’apocalisse zombie arriva in un momento qualunque, senza preavviso, mentre ogni essere umano è impegnato nelle sue attività quotidiane. Il Grande Fratello sta per andare in onda. E il punto di vista è lì, in quegli studi pieni, per come ci vengono presentati, di merda catodica.
E già solo questo, vale, per modo di dire, il prezzo del biglietto e assolve i responsabili dalla scelta di mostrarci personaggi che altro non sono che cliché.
Ma il punto è che i partecipanti del GF sono dei cliché e sono sciocchi, proprio come ci vengono mostrati tutti i giorni. Per cui, metatelevisione che rasenta la perfezione strutturale nei litigi assurdi per un uovo sottratto al bene comune all’interno della casa; visibilio vero e proprio allorché, scoppiata l’epidemia, veloce e letale, ascoltiamo Veronica, una delle concorrenti resasi conto che il Grande Fratello non li sta più osservando, dire che, senza controllo, sta per andare fuori di testa, come una pecora bisognosa del pastore e del suo cane.

***

Love Apocalypse

E d’accordo, il discorso dell’apocalisse zombie rischia di diventare ripetitivo, ma la magia te lo fa apprezzare, come sempre.
Ognuno perso dietro i fatti suoi, si diceva in una canzone. Una storia di corna, l’amore finto, a uso e consumo delle telecamere, l’imbecille/nerd odiato dal pubblico che smania di farsi la tettona, il produttore stronzo e inanellato, la cretina ambientalista che non guarda al di là dello smalto delle proprie unghie. Sono loro, proprio quelli, li conosciamo tutti e, il più delle volte, fingiamo di detestarli come meritano. E intanto sopportiamo.
Costoro, tutti, intrappolati nella casa del GF affrontano, come il resto dell’Inghilterra, o forse del mondo intero, l’improvvisa ribellione della razza umana che cannibalizza, letteralmente, sé stessa.
E la magia dov’è? È in ogni singola scena, mentre si pensa, se si ha la capacità di immedesimarsi, a sopravvivere, a come ci si comporterebbe se inseguiti a stretta distanza da un infetto, a come si reagirebbe sapendo che la propria ragazza è intrappolata a chilometri di distanza proprio in quegli studi televisivi che si riesce a guardare dalla tv, lontani e irraggiungibili. Quanto deve essere forte l’amore che provate, per farvi rischiare tutto per raggiungerla?
Sono discussioni sviscerate in lungo e in largo, in questi mesi, su questo e su altri blog. Non sto neanche a raccontarvi il perché.
Ma qui non si tratta del solito film di zombie. O della classificazione sempre più riduttiva associata a questa e altre opere simili. Perché se si possono fare certi ragionamenti, discutere dell’amore e della morte, della giustizia e della fiducia da riporre nella razza umana, nei suoi superstiti, non mi sembrano questi argomenti da liquidare con una smorfia. Questi sono temi universali, e ci vengono portati su un vassoio, ed è questa la cosa che fa storcere il naso a certi bambocci, da infetti putrefatti e sbavanti. Il senso della vita è nella bocca insanguinata di uno zombie?
Forse. E non certo nelle chiacchiere vuote che ci vengono propinate in prima serata. Roba che avrebbe fatto andare in coma anche mia nonna.

***

Lo schermo

Di certo, il senso della vita scansa il confessionale del GF, ultimo rifugio, senza via d’uscita.
I sopravvissuti, tutta gente normale, cliché per scelta precisa, abbiamo visto, che, schiavi delle consuetudini, si lasciano scappare la sicurezza di mano, per colpa della stupidità dell’uomo.
Queste scene, ben recitate, ben concepite e realizzate fanno riflettere. Fanno paura, perché ritengo, in circostanze simili, che non sarebbe saggio per nessuno avermi accanto (il buon vecchio Hell), e perché, ne sono sempre più convinto, l’unica fine possibile per la società, messa di fronte a eventi di tale portata, è soccombere. Troppo vanesia, stolta e fragile è l’esistenza in cui ci siamo fatti ingabbiare.
Tanto di cappello a Dead Set, quindi, che in soli cinque brevi episodi mostra ciò che si fa finta di non vedere: l’egoismo imperante, l’idiozia dilagante e la mediocrità intesa come valore assoluto da sbandierare ai quattro venti. E che invece è solo merda.
Talmente bella, questa mini-serie, che gli si perdona l’ennesima riproposizione della storica scena di Dawn of the Dead (1978), quando i sopravvissuti nel Monroeville Mall si domandano perché i morti continuano a recarsi al centro commerciale. Per istinto, è la risposta di Stephen.
E a pensarci, dove potrebbero mai recarsi i morti, oggi? Alla casa del GF. Sono morti viventi, in fondo. O forse lo erano anche prima, chissà.
E infatti gli studi televisivi, invasi dagli zombie, diventano dimora. Gli zombie che fissano i monitor sono la quintessenza della legge del contrappasso.
In una parola, fantastici.

Altre recensioni QUI

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
    • 13 anni ago

    Ho visto Dead Set l’anno scorso su suggerimento di un uccellino e mi è proprio piaciuto, è assurdo e – ahimè – realistico allo stesso tempo.
    Certe scene di Pippa e altri deficienti del GF mi hanno fatto ghignare, he he he…

    Domanda: gli zombie che si accalcano fuori ed entrano, se non ricordo male, sono i fan che erano in zona già prima del contagio. Istinto a restare presso i loro idoli o più semplicemente a cercare di ottenere quel cibo che hanno visto e sanno essere dentro l’edificio? O entrambe le cose?

    Concordo sulla gustosità delle mini serie in quanto tali e sul bellissimo assolo di Gilmour.

    Ah e pure sull’inquadratura dello zombie che guarda in camera: fantastica!

      • 13 anni ago

      E questa è la domanda del secolo. Che io eviterei, perché è bastato che la facesse Romero.
      Gli zombie si ostinano a occupare posti che per loro, un tempo, erano importanti.

      Ma il vero problema è, perché far sì che i personaggi di certi film si ripongano sempre la stessa questione? Possibile che non abbiano mai visto Dawn of the Dead?

      😀

    • 13 anni ago

    Vista tutta in una sera, sottoscrivo ogni singola parola.

    Ora ti saluto pure io, che penso a cosa scrivere sul mio, di blog, poveraccio.

    • 13 anni ago

    […] Visita il sito bookandnegative oppure iscriviti al feed Leggi l'articolo completo su AlterVista […]

    • 13 anni ago

    Bellissima! Hell, bel articolo^^
    Io me la sono vista in inverno, la davano su MTV. Ne ho fatto un post a puntata travolta dall’entusiasmo. Il mio preferito rimane Patrick (la scena nel bagno nella prima puntata e quando rimane chiuso con Pippa sono le mie preferite): è troppo “bastard inside” 😀
    Una nota simpatica, se posso aggiungere. Davina (la presentatrice del GF in Dead set) è davvero la pres. del GF inglese, è stata al gioco pure lei^^
    Vi immaginate la Marcuzzi che insegue Signorini… O__O brivido!

      • 13 anni ago

      Thanks! 😉

      Sì, Patrick e Pippa (nome profetico, tra l’altro) sono due personaggi niente male…
      Eh sì, sapevo di Davina. Autoironia, e anche fatta bene.

      P.S.: oppure Signorini che insegue la Marcuzzi. Doppio brivido. 😀

    • 13 anni ago

    Difficile non concordare con te.Anzi vorrei far notare che alcune delle migliori zombate degli ultimi anni vengono dall’Inghilterra,forse perchè gli inglesi sono più realistici e abbastanza cinici da prendere sul serio l’argomento fine del nostro mondo,evitando il volemose bene tipico degli americani.

      • 13 anni ago

      Eh, ma non solo degli ultimi anni! Non c’entra nulla con gli zombie, ma Survivors dove la mettiamo?

      🙂

    • 13 anni ago

    Grazie Ferru. Troppo buono. 🙂
    I Pink Floyd, o meglio la loro musica ha segnato i ricordi di moltissimi. È giusto così.
    😉

    • 13 anni ago

    Per conto mio scrivi sempre bene, non è la prima volta che lo dico
    a volte però sei quasi insuperabile.

    Bell’articolo Hell, da gustare.

    Dei Pink Floyd e alla canzone che alleghi ti ho già detto in face Book
    io non penso alla chitarra penso a quel “Good”

    • 13 anni ago

    Interessante anche il gioco delle parti. La conduttrice è la vera conduttrice del GF inglese e molti degli infetti sono ex partecipanti al reality. Insomma gente che si sa prendere pure in giro da sola, ogni tanto.

    Concordo con Gianluca sul formato, le mini come questa, Lost Room e via dicendo, sono il formato ideale, non troppo dispersive come i serial, né compatte come un film. Ovviamente a patto di saper gestire bene tempi e sceneggiatura.

      • 13 anni ago

      Vero, vero, il fatto dell’auto-presa-in-giro… solo che m’è uscito un articolo un po’ personale, come avete potuto vedere… 😛

      La mini serie, riprendendo il discorso, è un formato accattivante, un po’ come il romanzo breve. Si vede/legge tutto d’un fiato. La trama è concentrata e non concede sbavature o digressioni di sorta.

      Ah, come assolo di chitarra da fine del mondo pensavo a questo QUI

    • 13 anni ago

    Ho adorato questa miniserie, leggere la tua recensione mi ha fatto venire voglia di rivederla. 🙂 Questo formato (miniserie di pochi episodi) è quello che mi sta dando più soddisfazioni come spettatore (penso a “Dead Set” appunto, o a “The lost room”, altra miniserie interessante).

    Ciao,
    Gianluca

      • 13 anni ago

      @ Alex
      No, alle nostre no. Non ci penso. I liceali zombie? Perché no… 🙂

      @ Gianluca
      Sì, formato molto interessante. Immediato e godibile.

    • 13 anni ago

    Ottimo “Dead set”, uno dei migliori… zombie-cosi (film, fiction etc) degli ultimi anni.
    Ne ho apprezzato soprattutto la brutale e realistica presa per il culo dei partecipanti ai reality (che sono davvero così… sigh), e anche il finale, davvero fantastico.

    Pensa che è una fiction televisiva.
    E poi pensa alle nostre, quelle italiane.