Siamo al secondo episodio e giusto ieri mi sono reso conto di una cosa; ormai non vi avverto neanche più degli spoilers, fido che abbiate visto la serie o che comunque sappiate che ci sono. Gli spoilers sono la sostanza di queste recensioni, l’humus della fertile terra eccetera eccetera. Dovendo riassumere e commentare, fare questi post senza uno spoiler sarebbe come mettere una stellina e due parole. No, qui siamo precisi e pettegoli come perpetue, fateci l’abitudine. Allora, cos’è successo questa settimana a Firenze? Adesso ve lo racconto.
La rivolta viene domata e i Pazzi finiscono passati a fil di spada o impiccati, il loro nome cancellato dalla storia per diventare sinonimo di folli e anche il Vescovo Orsini, fratello di Clarice, finisce sulla forca con soddisfazione della sorella. Questa parte mi è piaciuta, soprattutto Clarice, tosta e determinata fino al trionfo della sua famiglia, anche quando affronta i banchieri venuti a fare gli avvoltoi in casa sua. Nota di merito anche per Dragonetti, il Capitano della Guardia di Notte, che è diventato la sua fedele ombra. Poi il ritorno di Lorenzo – aiutato da Leonardo, come al solito – e la coppia che si riunisce. Altro che Lucrezia “Mata Hari” Donati, è Clarice quella che ci vuole per Lorenzo.
Firenze quindi trionfa, le truppe di Urbino restano con un palmo di naso ma Papa Sisto IV chiama a sé Re Ferrante di Napoli e il figlio, il Duca Alfonso “Samurai” di Calabria. Il padre sembra un uomo tranquillo ma nasconde macabri interessi e una fede deviata come una curva a gomito (in più si riferisce a se stesso come Unto dal Signore aumentando quella sensazione di spaventoso déjà-vu), mentre il figlio se ne va a spasso vestito di pelle – come molti altri nella serie, è vero – e due spade dal manico d’avorio (katane, sembrerebbe) sulla schiena, però si caga in mano di fronte al disappunto paterno. Questi due personaggi si uniscono al gioco tramando col Papa e il Signore di Urbino, perciò stay tuned che magari ne vedremo delle belle (fosse anche il Principe Samurai che fa il backup di Michonne).
Altra questione è come al solito il Libro delle Lamine, sulle cui tracce è già Riario, in possesso di astrolabio, mappa e pelle dell’Abissino su cui sono scritte le coordinate nella sua lingua. Per trama e per culo, il Conte ha con sé proprio una schiava abissina (eccezionalmente colta, visto che gli racconta la storia di Salomone e la Regina di Saba), che lo ama e gliela traduce. Intanto Nico è in una gabbia, Riario gli dice di volerlo tenere con sé perché gli piace e vede in lui qualcosa di sé, gettando forse le basi di quel Niccolò Machiavelli che un giorno il biondino diverrà – non si sa come – buttando lì un: «È meglio essere temuti piuttosto che amati».
Zoroastro e Lucrezia si salvano con l’espediente di passarsi una forcina con un bacio, lui vorrebbe fare anche altro ma lei no e poi il tempo incalza, perciò tornano a Firenze dove Leo si ricongiunge all’amata amante spia vorrei ma non posso, il nostro tragico destino e la supercazzola parasblinda per antani, ti chiamo, io resta in attesa per non perdere la priorità acquisita. Insomma, non possono stare insieme perché sì, magari in un’altra vita, un altro tempo, un altro telefilm. Leo e Zoroastro vanno a Pisa per ingaggiare Amerigo Vespucci himself per raggiungere le Americhe (ancora in attesa di battesimo pisano) e quando salta fuori che Cosimo de Medici aveva lasciato una spada Ikea scomponibile col simbolo di Mitra a Giuliano e Lorenzo. Quest’ultimo dà a Leo la parte del fratello defunto (dopotutto adesso sono consanguinei per trasfusione) e gli augura buona fortuna, con la promessa di tornare a Firenze col libro e i segreti ivi custoditi per il bene della città, della mamma e della torta di mele. Leo ringrazia e parte all’avventura.
Questa volta mi sono davvero divertito, la puntata precedente era un inizio di raccordo tra le due stagioni e faceva un casino portentoso, ma questa volta siamo andati un po’ più lisci, ci siamo concessi qualche battuta e un paio di bei momenti di sana e inopinata violenza sui cattivi. Non dirò mai che è un capolavoro, ma episodi come questo mi ricordano perché la guardo: spasso e cazzeggio, personaggi improbabili e plot-twist come capogiri. Alla fine è quasi come assistere a una campagna di GDR, compresi i personaggi con la katana tipo Alfonso o l’Eminenza Canuta suo padre. Aspettiamo la prossima settimana per vedere cosa ci riserverà il Master ma per ora questo è tutto.