Cinema

The Woman (2011)

La violenza è sciocca, soprattutto. Tipica delle menti deboli. Poi è brutale, raccapricciante, terribile, quello che volete, ma soprattutto è sciocca.
The Woman, di McKee e anche di Ketchum. Da anni diffido dei titoli brevi; un sostantivo, magari, solo uno, e riesce a mettere paura. Poi li adotto anche io, perché nella loro semplicità dicono tutto. È chiaro fin dal titolo che questa Donna non è come le altre, che c’è da scavare in territori desueti, che disgustano, per conoscerne la storia. E, forse la grafica graffiata, si avverte il presagio che questa gita non sarà priva di ferite.
Pochi conoscono il piacere di avvicinarsi a un film senza averne letto nulla. S’è sentito dire, s’è accennato… parole che echeggiavano, brutalità, stupro. Cose che non si vedevano dagli anni ’70. Non so, non è mai stato il mio cinema, e non so dirvi neppure se sia il caso di farlo, questo cinema. Eppure, se ben fatto, apre gli occhi come pochi.
Pollyanna McIntosh (la Donna), già alla prima inquadratura, selvaggia tra i lupi, quando ringhia, dà i brividi. E questo ti precipita in un film di un’altra dimensione, uno di quelli che funziona, fatto apposta per accecarti, mostrando quel che deve, senza prenderti in giro col moralismo, la piaga del nostro presente.
Mostrare, ah ah ah, mi viene da ridere. Ai film dovrebbe riuscire naturale, questa parola. Ma pochi ci riescono davvero. Questo sì, senza spiegare nulla, senza stupide voci fuoricampo, senza scritte in sovrimpressione, senza dialoghi superflui. E lo fa rappresentando fatti che, magari, visti vent’anni fa, sarebbero risultati folli, ma che, dopo le peripezie di biondi teutonici degli ultimi anni, a base di cantine e incesti, bah, risultano essere di tragica attualità.

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Più che la banalità del male, che da sempre ho trovato rasente il cliché, questa è la normalità. E credetemi, scriverlo mi fa male.
La Donna, quindi, spaventa, perché selvaggia. Che sia lercia e feroce, come qualsiasi animale in trappola, puro istinto e nessun imbarazzo è conseguenza, come avrebbe detto un noto filosofo di fine ottocento, pazzo. E quella della McIntosh, lo concedo, è una raffigurazione forte, per non dire altro, che qualcuno potrebbe faticare a guardare, così, legata e impotente; indomabile, per quanto la fame e la debolezza, infine, abbiano ragione anche di lei.
Insopportabile poi la scena della “doccia”. Ma inutile farvi spoiler. Guardatelo e capirete, oppure statene lontani. Inutile tentare di spiegare. In questa c’è tutto, abuso, sorda violenza, stupidità, sopruso, follia. E badate che, al contrario che nel resto del film, non viene mostrato quasi nulla, basta il viso distorto dal dolore della Donna. Basta quello.
Quello, e l’altro sorridente di Chris Cleek (Sean Bridgers), la controparte. Il padre amorevole e fuori di testa. Il fatto che sia un uomo di legge, in realtà, non costituisce il supposto contrasto, ma scivola via. Stranezze del mondo attuale, non meraviglia affatto che un uomo che si suppone integerrimo, celi dentro di sé tali bassezze. Anche stavolta, è la normalità. E più vado avanti a scrivere e più mi rendo conto di quanto questo film, pur con la sua vendetta, il riscatto che è anche fuga, insomma, con ciò che lo deve rendere una storia di “fantasia”, una fiction, un romanzo che deve vendere, sia specchio di certi microcosmi fatti di violenze quotidiane, taciute e ignorate. Aberrante.

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[contiene anticipazioni]

La famiglia di Chris, moglie, figlia maggiore, figlio e sorellina costituisce la parte finale del microcosmo. Società aliena, pur essendo umana. Padre misogino, ma lo si sa alla fine. Bastano poche inquadrature, tuttavia, più che uno schiaffo improvviso assestato per mettere a tacere un piccolo dubbio su ciò che si sta compiendo in quella casa. Uno schiaffo che lacera. Poche inquadrature per capire subito che la famiglia perfetta, con la casa perfetta, i figli ubbidienti e la mogliettina docile, è insieme vittima e complice. Per paura e per un sentimento distorto che si crede essere amore, ma è più una dipendenza.
E tuttavia si è arrivati al capolinea. La Donna è l’elemento estraneo che percuote l’equilibrio del sistema chiuso, la famiglia di Chris, con la sua femminilità. Un’altra donna, Genevieve Raton (Carlee Baker), causa il crollo psichico dell’uomo. E un’altra ancora, Peg (Lauren Ashley Carter), la figlia, ne provoca la distruzione che coincide con la liberazione per gli unici innocenti del gruppo.
Una chiusura del cerchio che si fa perfetta con la rivelazione del mistero dei cani. Perfezione di una narrazione solida e degna chiusura, con l’inaspettato. La creatura c’è, lo sappiamo, è nascosta. Aspetta a mostrarsi fino all’ultimo istante.

***

Il finale, dicevo, restituisce al fittizio una storia che altrimenti è dietro l’angolo, e continua a terrorizzare. Un peccato per il film stesso, da un certo punto di vista. Dietro, nella nostra coscienza, le foto sorridenti, al telegiornale, del vecchio austriaco in vacanza ai Caraibi, e dei suoi dieci figli nati da incesti, chiusi in cantina. Vendetta e musica. Vendetta che non guarda all’età, importante e stolida, ma attesa. Anche perché in certi occhi, benché giovani, non c’è ombra di pentimento alcuno. Direi quasi uno scontro di nature opposte: quella selvaggia della Donna e quelle costruite in anni e anni di deliri, dall’Uomo (da un certo tipo d’uomo, per nostra fortuna).
In questo periodo non vado d’accordo con certa musica sparata a palla in scene che, per la loro stessa intensità, non ne hanno bisogno alcuno. Infatti anche questa musica l’ho trovata sgradevole, rumorosa e sostanzialmente inutile. Per certe cose sembra essere meglio il silenzio. Fa pensare.

Altre recensioni QUI

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  • Guarda, ho perso il conto dei post completati all’80% e poi abbandonati lì ù.ù; comunque a questo punto lo integro con due parole su Off Season di Jack Ketchum…

    • Massì, massì, scrivi! 😉

  • Ecco, così imparo a tenere i post a bagnomaria per mesi nella cartella delle bozze, sarebbe bastato linkare per dare una risposta articolata, ma temo dovrò accontentarmi di un laconico “sono fondamentalmente d’accordo con questo post” (perdonami, casco dal sonno XD) e sfangarla così ù.ù con la differenza, ecco, che magari il mio punto di partenza è più vicino a quello di Lucia, questo è un tipo di film che mi vado a cercare di proposito (seppure con una certa misura, se mi diventasse *facile* digerirli uno dopo l’altro credo che comincerei a preoccuparmi).

    • Ah, cioè, tu li scrivi e non li pubblichi? Sei imperdonabile! 😀
      Però aggiorna, dai, tanto scritto da te è sempre interessante, pure dopo dieci anni. E sai che non scherzo.

  • Alex, ti sei spiegato perfettamente 😉
    Ammorbano l’ anima anche a me, soprattutto perché non riesco quasi mai a maturare quel tipo di distacco di cui parli tu, neanche alla fine di un film di pura fantasia, figuriamoci con pellicole del genere. Infatti, cerco di non vederne tante di seguito e di centellinarne la visione, così evito di farmi del male a prescindere 😀

  • […] Visita il sito bookandnegative oppure iscriviti al feed Leggi l'articolo completo su AlterVista […]

  • @Lucia: una volta questi film li digerivo di più. Ora cerco proprio un distacco dalla realtà. Scene e storie di violenza quotidiana, domestica o verosimile mi disturbano.
    C’è stato un periodo in cui mi divoravo pellicole del genere… poi mi sono accorto che mi stavano ammorbando l’anima. Cioè, non c’era più quel distacco salubre che provo alla fine di un film di pura fantasia.
    Non so se mi sono spiegato, è un discorso contorto 😉

  • Per quanto mi riguarda, mi sono avvicinato da poco a questo genere di horror, passando anche attraverso il già citato Martyrs (che mi è piaciuto a metà), o roba tipo Antichrist (che mi è piaciuto per intero).

    Mi sono fermato prima delle possibili anticipazioni, perché da quel che hai scritto prima sei comunque riuscito a farmi venir voglia di vederlo. Quindi magari ripasserò a visione effettuata. 🙂

    Ciao,
    Gianluca

    • Non ce ne sono moltissime, però approvo la tua decisione di vederlo prima di leggere. 😉

  • @Alex:
    Io, al contrario (e ribadisco, IO :D) amo proprio i film che ti mettono di fronte a certe realtà indigeribili, ma lo fanno tramite una struttura di genere. POi, per carità, apprezzo anche i film del tipo “fantasia al potere”. Dipende dai periodi.

    @Hell:
    ecco, se esiste un prototipo di film che mi fa diventare una iena è proprip Sucher Punch, e la filmografia di Zack Snyder tutta…
    quel modo di fare cinema è, sempre a MIO parere, la morte del cinema stesso.

  • Sì, esatto, c’è troppa realtà. E io della brutta realtà ne ho già abbastanza senza cercarla tra libri e film 😛

    Ciò non toglie che si tratta di ottimi prodotti, probabilmente superiori alla media. Ma sono troppo carichi di negatività per me. (Lo metto in grassetto prima che salta fuori il solito animale che legge le cose a metà, a darmi del cretino 🙂 )

    • @Lucy
      Ma quello l’ho visto. 😀
      No, il discorso (il mio) vale per i buoni film. Quando un film è buono, se mi metti le scene videoclip me lo mortifichi. Sucker Punch è qualcos’altro. Non l’ho ancora capito. A me piacquero i colori. LOL

      @Alex
      Siamo tornati all’asilo, che si deve spiegare che ogni giudizio è personale. 😀

  • Credo che diventeresti idrofobo se vedessi i primi 15 minuti di Sucher Punch…per non parlare del resto del film

  • sì sì, ti spieghi perfettamente.
    IO, nel caso della musica in un film tendo a essere molto malleabile, nel senso che non ho un’ idea precisa di quello che di solito preferisco. Vedo caso per caso. La musica che si copre il sonoro e spesso lo sostituisce è una scelta che spesso mi piace, soprattutto in alcune inquadrature, ma deve essere centellinata, insomma, il film non deve diventare un videoclip.
    In The Woman questo non succede (forse un minimo quando il paparino “scopre” la Donna del titolo) e quindi ha la mia approvazione 😀

    • Ecco, che poi a me dà proprio l’effetto videoclip, anche se magari dura trenta secondi soli. Lo detesto. 😀

  • Sono d’accordo su quello che scrivi a proposito del finale. Non si poteva fare diversamente, forse sarebbe stato troppo atroce.

    Sulla musica no, credo al contrario che sia una scelta molto straniante l’ inserimento di una serie di canzoni che cozzano con violenza con le immagini.

    • Mah ti dirò, di solito è una scelta che piace molto anche a me (tu hai letto, ti ricorderai di Electric Barbarella nell’eBook 😉 ).
      Però, c’è un fatto. Qui, come in Hanna, la musica arriva a coprire i rumori. Si sostituisce completamente. E la cosa non mi piace.
      Preferisco quando essa sia parte integrante la scena, magari attraverso l’inserimento di uno strumento atto alla riproduzione musicale, piuttosto che velo. Non so se mi spiego.

  • Odio questo genere di film, ancora di piu se fatti bene.
    Non è l’horror che fa per me.
    Ho visto Martyrs e, pur trovandolo a suo modo bellissimo, mi turba ancora adesso il ricordo…

    • E beh, per me non è questione di turbamento. È che ci vedo troppa realtà, questo è. Non riesco a distrarmi.

  • Wow…
    Non credevo ti sarebbe piaciuto: lo dici anche tu all’inizio, questo non è il tuo cinema, è un territorio che raramente ti ho visto percorrere. E invece, vedo che il film ha avuto un bell’ impatto anche su di te. E questo non fa che convincermi ulteriormente della sua eccezionalità

    • C’è da fare un ragionamento: il fatto che non sia il mio cinema, non me lo fa stroncare automaticamente. Se è un bel film è un bel film, anche se la parte finale, come ho detto, è troppo fiction.
      E poi, sarò diventato allergico alla musica?
      😀
      Ma dimmi, sei d’accordo con le conclusioni?