Cinema

Sucker Punch (2011)

“Se avete firmato un assegno a parole assicuratevi di poterlo pagare col culo” Wise Man in “Sucker Punch”

Come deve essere considerato il motto del Saggio qui sopra? Ci sono. Un Pork Chop Express aggiornato al III millennio.
Perla di saggezza dispensata mentre si parla d’altro, si affida una missione a un branco di sgallettate che devono andare a recuperare la Fiammo del Drago, ma che, con tutto il rispetto, finiscono per sembrare delle baldracche in visita alla soldataglia.
In quanto tale, come P.C.E., non ha un briciolo di fascino, né di divertimento di quelli del vecchio Jack Burton.
Ma è la filosofia di Zack Snyder e del suo Sucker Punch.
Seconda caratteristica indicativa del modo in cui vengono considerate le cose in questo film è il calcione che Baby Doll (!) (Emily Browning) si becca dal gigantesco samurai armato di alabarda spaziale. Per farvi un’idea, la pianta dello stivale del guerriero è grande quanto la protagonista e quest’ultima se lo becca in pieno, tanto da farle fare un volo all’indietro di buoni trecento metri, sfondare un portone con rinforzi in ferro battuto e un paio di colonne di un tempio buddista. Ma, ehi, Baby Doll si rialza e non solo non ha un graffio, non s’è neppure sporcata.
Ora, quello che salva Sucker Punch dall’essere il film più cazzaro della storia del cinema è che trattasi di fantasia, o meglio, per dirla in modo più intellettualoide, metateatro. Ebbene sì.

***

Io, Hell, nei miei sogni mi arrampico su grattacieli senza affanno, corro senza stancarmi, precipito da migliaia di metri e tutto quello che mi capita è, al più, un sobbalzo, sono molto, molto, molto più potente di Rocco Siffredi ed esco con Emma Stone.
Ma sono solo sogni, non Resident Evil Afterlife. Nei sogni si può, si deve pretendere di essere un videogioco vivente. E nessuno può rompere i coglioni su questo punto, tirando in ballo il realismo e la profondità dei personaggioni femminili.
Ma torniamo al metateatro che, pare strano, ma è il motivo fondante questo film. Baby Doll viene internata in un manicomio. Tralasciamo il perché. In questa struttura viene applicato un metodo di cura delle malattie mentali basato sulla messinscena dei disturbi e delle fobie delle pazienti (trattasi di manicomio femminile), in modo da favorire la catarsi e la conseguente guarigione delle stesse.
Baby Doll si reinventa due volte.
La prima trasformando il manicomio in una scuola di danza misto bordello di lusso, nella quale le ragazze, ospiti ma soggiogate a una specie di mafiosetto locale, danzano, imparano l’arte e la mettono da parte per il sollazzo dei clienti.
La seconda, trasformando la suddetta danza psico-sessuale in un videogame basato su livelli, quest e mostro finale.
Dicono che Baby Doll danzi così bene da travolgere col delirio estatico tutti coloro che assistono alle sue movenze. Uhm… peccato che non si veda.

***

Siamo nel metateatro, quindi. Roba figa. O forse no. Forse è solo la scusa. Passi il samurai armato di Minigun, e il drago e il cuoco bavoso e il sindaco che pare un miscuglio interessante tra Scorsese, Romero e Onassis. È che sfugge il punto della messinscena.
Vorrebbe essere estasi, ma è solo estetica. Per di più ridondante. Talmente tanto da rasentare il delirio ormonale di un adolescente in calore che, però, non ha ben chiaro il significato della parola sesso. Questo perché ogni singola inquadratura, lontana anni luce dall’essere sensuale (protagoniste tutte maggiorenni, quindi è lecito porsi il problema) non finisce con l’essere neppure sessuale, ma un gioco di ruolo che non profuma, né odora. Le protagoniste non sudano, hanno la barra dell’energia vitale, forse, e ne consumano di tanto in tanto, ricaricandosi fino alla prossima avventura. Ne hanno in serbo cinque in totale.
Da adolescente sarei andato matto per un film così? Sinceramente non lo so.
Forse solo dal lato estetico, per l’appunto. Pur lasciando i suddetti ormoni preda di una confusione legittima, o del cellophane.
Perché di pathos, anche nelle scene che avrebbero dovuto farne abuso, non ce n’è traccia.

***

Confezione asettica, dallo stile impeccabile. Emily Browning vestita alla marinaretta con katana e coppia di pistole e sguardo da cerbiatta è difficile dimenticarsela. E infatti credo sia l’unica immagine chiara che ci si rammenta, dopo i 109 minuti di Sucker Punch. Immagine lolicon, che pretende di essere forte e cazzuta e finisce per diventare cosa?
In tutta sincerità, non ne ho idea. Quello che so è che l’icona di una protagonista femminile forte, profonda e magnifica non si troverà in film di questo genere. Ma, è importante, non è neanche lecito aspettarsela. Parliamoci chiaro, uno non cerca Sigourney Weaver, la sua Ripley, in un film che sembra essere un quadro iperrealista fantasy e steam in movimento.
L’estetica pura è luce, ombra e colore, la bellezza classica e statica che non scava dentro al quadro per vederci ciò che non può esistere.
Ragion per cui, non vedo come si possa polemizzare sul presunto messaggio fornito da un film che di messaggi non ne può davvero dare. Perché talmente impossibile è ogni dettaglio che impossibile è il sottotesto. Non c’è. Inutile sforzarsi a cercarlo. Non c’è la storia e non c’è niente. Solo un film fatto per essere visto. Non per essere capito e men che mai interpretato.
E se può dar fastidio il modo in cui la donna è in esso rappresentata, io che sono un ometto (citando Elio) cosa dovrei dire? L’uomo in questo film è: a) il cuoco ciccione e bavoso che stupra le ragazzine nella dispensa; b) il politico ruffiano tutto soldi e spogliarelli; c) il fighetto sadico e violento che maltratta le donne non riuscendo a farsi amare da loro; c) il maniaco che prima le lobotomizza e poi ne abusa.
Cioè, in tutta sincerità, secondo voi chi ne esce peggio? L’uomo o la donna?
È come dicevo all’inizio di questo post: “Se avete firmato un assegno a parole assicuratevi di poterlo pagare col culo”. Detto ricordato da un uomo maturo a cinque ragazzine. È la modernità? Forse. Ma non è detto che debba piacerci per forza.

Altre recensioni QUI

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
  • Appena visto e non posso che essere d’accordo con te… Sono un po’… Infastidito, anzi molto dopo la visione di questo film…

    • Ciao.
      Non vedo questo film da quando scrissi quest’articolo, nel 2011… ma resto fedele a ciò che scrissi. L’uomo ne esce davvero male.
      Grazie per averlo recuperato.

  • […] e igiene mentale, ma soprattutto loro, le biondine vestite a festa, cominciano a ricordare tutt’altro impianto scenico. E iniziano i sudori freddi. Ma che […]

  • […] omonimo di George A. Romero del 1978. Zack Snyder al debutto, prima di farci vedere 300, Watchmen e Sucker Punch. Meno effetti speciali, più make-up. E, inoltre, tre camei di quelli storici: Ken Foree, Scott H. […]

    • 13 anni ago

    A questo punto Snyder (ottimo regista, pessimo sceneggiatore) doveva andare oltre, osare. Vuoi creare eroine da videogioco? Creami delle Chun li con gambe da urlo. Mai Shiranui con vestitini attillati oppure la Ivy di Soul Calibur.
    Ma allora datti al vieogioco 😀

    • Ciao Kaneda! 😉 E benvenuto. Sì, il tuo punto di vista è condivisibile.

      P.S: la moderazione è valida solo sul primo commento. Se hai un blog o un sito non dimenticare di inserire l’URL nel tuo profilo utente.

  • Sarà metateatro, sarà pura estetica e quindi ha la scusa per avere la trama<0 (scusa valida? boh…) ma se un sacco di gente dice che si annoia, forse Snyder ha toppato nel comunicarci qualcosa, visto che lui i significati ce li vede.

    Comunque io ho provato un brivido quando ho visto le ragazze vestite da scolaretta jap con mutanda a vista camminare nelle trincee tipo prima guerra mondiale (posti dove si crepava veramente, e in maniera parecchio antiestetica…): ad un certo punto ho pensato alle persone che si son ritrovate lì, a recitare 'sta scena, vestite a quel modo, e mi son sentito male per loro.

    • E infatti ha toppato clamorosamente. Su questo non ci piove.

  • Stavo aspettando la tua recensione 🙂
    Sono andato al cinema con l’idea di un film visuale con sotto un vago accenno di trama, da vedere col cervello spento; sarà per quello, ma non mi è dispiaciuto: non è un capolavoro e per ora non andrei a rivederlo, ma non sono pentito d’averlo visto.
    Mauro.

    • Ogni tanto si verifica qui sul blog uno strano fenomeno. Ovvero si parla di un film che sulla carta non è granché, ma che chissà come riesce a suscitare discussioni interessanti.
      Ecco, questo Sucker Punch è un degno rappresentante.
      Il dibattito che ne sta venendo fuori, non so a voi, ma a me pare interessante.
      L’altro interessantissimo è questo QUA. Invito chi se lo fosse perso a leggerlo perché ne vale la pena.

      Ah, se volete contraddirmi o continuare a discutere io sto qua, eh. 😉

  • Vorrei non averlo detto perché avrei voluto che mi fosse piaciuto. 😉
    E invece no.
    Un po’ come è accaduto con Tron Legacy, ma ancora peggio.
    E, detto per inciso: nessuna delle protagoniste mi ha smosso il benché minimo istinto sessuale.
    Mi sa che i costumi da marinaretta non mi garbano. 😉

    • No, in effetti avevo frainteso. 😉

      Il costume da marinaretta? Ma neppure a me.
      Lo sapete benissimo che mi piace il tipo alla Zooey, insieme elegante, castigato e vintage. Figurati.

      Mi riferivo sempre al lato estetico della cosa. Non so, da disegnatore l’abito da marinaretta, i capelli ossigenati e lo sguardo languido li reputerei un soggetto interessante. Non so se ha un senso quello che sto dicendo, oppure no. Però meglio di così non riesco a spiegarlo.

      😉

    • 13 anni ago

    Hell secondo me hai la doppia personalità. Ma è un complimento eh. Voglio dire il giorno prima sei fuoco e fiamme e ora te ne esci con questo articolone di una lucidità disarmante.
    Sono d’accordo su tutta la linea. ♡♡♡u (52)

    • Allora lo prendo come tale (un complimento).
      La verità è che non è doppia personalità. Bensì SOLO personalità.

      Io diffido dei tipi zen. Che fanno gli amiconi con tutti e non s’incazzano mai. Non sono naturali, secondo me. E, per paradosso, sono quelli con cui, prima o poi, finisco per litigare di brutto.

  • Ottima analisi, come sempre.
    Quello che avevo io da dire, l’ho detto qui, e vorrei non averlo detto, ma l’ho detto e lo ridirei se qualcuno (con la forza o – meglio – starordinariamente somigliante a Christina Aguilera) mi ci trascinasse a vederlo per la seconda volta.
    Beh, un blu-ray in meno che graverà sul bilancio , mettiamola così.

    • Grazie.
      Ma in che senso vorresti non averlo detto? Sono andato a rileggermi la recensione e non mi sembra particolarmente di parte o robe così, anzi.

      Ah, pare che esista una versione di ben 127 minuti, contro i 109 della versione cinematografica. Di sicuro uscirà in blu-ray. Giusto il tempo per un altro balletto? Chissà.

      Comunque concordo con le tue conclusioni. E ribadisco. A volte, l’estetica è solo tale.
      Cioè, un artista può essere fissato con un certo tipo di figura femminile, ma non vuol mica dire che ami le donne ridotte in quella maniera.
      Le immagini sono solo immagini. In alcuni casi simboli, ma più spesso solo figure.

  • Mah, sai qual è il vero problema? Non che qualcuno si arrabbi perché la figura della donna ne esca svilita, ma il fatto che sia Snyder per primo a sostenere che si tratti di una storia “empowering”, quando di potente c’è solo il delirio estetico (peraltro notevole, da quel poco che ho visto).
    Se uno spettatore o un critico vogliono farsi le seghe mentali sui significati reconditi di un film, ok; ma che sia il regista-sceneggiatore stesso a farsi le seghe mentali addosso… suona molto peggio.

    (piccolo OT personale: ho un amico che sostiene che prostitute e lap-dancers [da lui riunite in un’unica categoria lavorativa, per facilità] siano professioniste del metateatro. Immagina quanto mi è venuto da ridere leggendo la tua frase sul metateatro! ^_^’)

    • Ma infatti è bene prenderle a ridere, certe cose. 😉

      Sai che c’è? Pensando a Snyder, è sempre la solita scissione che c’è tra autore e fruitore dell’opera. In quanto autore, è possibilissimo che lui ci veda empowering,e che sia anche serio quando lo dice.
      In quanto fruitore, io ci vedo solo estetica. Che non è neanche brutta, a vedersi. Ma alla quale non si possono attribuire significati reconditi.
      Poi, forse ho capito quello che intende Snyder. Verso la fine, senza fare spoiler, la protagonista si prende la sua rivincita su un mondo sostanzialmente maschile che l’ha voluta sottomettere.
      Ma il fatto è che ‘sta cosa è talmente blanda, storditi come si è da effettacci e esplosioni, che quasi passa inosservata.
      L’errore secondo me è voler collegare a tutti i costi l’empowering con il look alla marinaretta.
      Per dire, quello è solo un vestito, mentre la sostanza è ben altra. Un po’ come il vecchio adagio, l’abito non fa il monaco.
      Questo è ciò che voleva intendere Snyder, secondo me. Ma non c’è riuscito.

      Poi ripeto, l’uomo ne esce ridotto a pezzi. Cioè, non se ne salva neanche uno.

  • Uhm, io scandalizzerò voi che di cinema ne capite (soprattutto Elvezio), ma devo ammettere che Snyder è un regista che apprezzo molto.
    Non ho mai capito il livore di chi lo attacca come se fosse il Diavolo (non sto parlando di te, ovviamente), di chi lo reputa uno dei peggiori filmaker in circolazione etc etc.

    Detto ciò Sucker Punch è proprio quel genere di film che non riuscirei mai a vedere.
    Non perché svilisce la figura della donna e bla bla bla (quando ho letto questa critica, su più di un sito, mi è venuto il latte alle ginocchia), bensì perché mi sembra un enorme, pretenzioso videogioco con un surplus intelletualoide a malapena accennato che dovrebbe dare un valore al film.
    Passo, passo di brutto, ancor di più dopo aver letto la tua rece!

    • Mah, onestamente, come ho scritto, se si guarda anche alla figura maschile, non so quale ne esca più svilita. Eppure è una polemica giusta, quando è il caso. Nella fattispecie è davvero troppo sterile il contenuto, per applicarvi una critica di questo tipo.
      Alla fin fine è un mero esercizio di stile. Lo stile di Snyder, ovviamente. Anche se meno divertente del solito, questo è bene dirlo.
      No, ma poi non c’è il surplus intellettualoide. Quando ho fatto riferimento al metateatro era solo perché volevo mettere in evidenza un meccanismo classico della narrazione. Niente di trascendentale o sperimentale.

  • […] Visita il sito bookandnegative oppure iscriviti al feed Leggi l'articolo completo su AlterVista […]