Cinema

Hunger Games (2012)


In Italia uscirà il primo Maggio, l’ultimo paese al mondo in cui sarà proiettato. Mi risparmio ogni ulteriore commento in merito.
Ma basta farsi un weekend a Londra, dove già si può vedere dal 23 Marzo scorso.
Hunger Games sta andando fortissimo, tanto che è auspicabile una trilogia dalla trilogia cartacea di Suzanne Collins, la quale, dal suo canto, s’è limitata a scoprire l’acqua calda. Mai sentito parlare, che so, di Battle Royale o di un certo L’Implacabile?
Massì, i ragazzini no di sicuro. Comunque, prendete mezzo Battle Royale e mezzo Implacabile, al posto di Damon Killian ci piazzate Stanley Tucci (chiedendovi per tutto il tempo, dove diavolo ho visto quella faccia?), e come protagonista, anziché Schwarzenegger, una bellissima fanciulla armata di arco, ed ecco Hunger Games.
La gente che rideva in sala, be’… quello è un altro discorso. Però c’era.
Le riviste (anche online) già si riempiono la bocca coi centocinquantadue mmmmmmilioni di dollari incassati nel weekend d’esordio. Ooooohh di meraviglia, come se i soldi buttati facessero la differenza tra un buon film e una cagata. Be’, sì, oggigiorno pare che vada di moda questo discriminante, assieme alla puttanata galattica del cervello spento. Roba da accogliere col lanciafiamme chiunque lo scriva, altro che Hunger Games.
Hunger Games che, d’altro canto, è diretto male e fotografato peggio. Optando per riprese dinamiche che non fanno capire nulla, nelle scene d’azione, di ciò che accade. E causano un certo disagio addominale.

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[contiene anticipazioni, ma ne vale la pena]

Allora, nell’immaginaria nazione di Panem (non ci credo), si svolgono, da ben 74 anni a questa parte, gli Hunger Games, la cosiddetta mietitura; ognuno dei dodici distretti esterni è costretto a inviare, come pegno per l’antica ribellione, un ragazzo e una ragazza tra i dodici e i diciotto anni, per partecipare al gioco al massacro. I concorrenti, infatti, una volta inseriti in un quadro di gioco, devono ammazzarsi a vicenda davanti alle telecamere, fino a che non ne resterà solo uno che, riscattandosi, vivrà una vita di ricchezze e celebrità.
Il probabile scandalo sta nella memoria storica pari a quella di un criceto del pubblico odierno. I ragazzini che si massacrano non sono tutta ‘sta gran novità. E quindi? Come spiegare il fatto che ‘sto film genererà, con tutta probabilità, due seguiti?
Boh…
Certe cose non me le spiego più. Vi dico solo che c’è Woody Harrelson e che, ogni volta che entra in scena, scatta la risata del pubblico, un po’ per il ruolo macchietta che gli è stato affidato, un po’ per come è vestito.
Ecco, parliamo di vestiti. Le province sono decadenti, di una decadenza di primo Novecento, ma cinese, a parte gli abiti. La Città dove si svolgono i giochi, invece, è il trionfo del design, non foss’altro che i ricchi dominatori di questa realtà, vestono letteralmente come si può vedere in qualsiasi sfilata di qualsiasi sarto italiano o francese, ossia in modo ridicolo.
Tra dolcetti e frutta candita, secondo l’impietosa logica del Grande Fratello, quello della società di distribuzione televisiva olandese, con tanto di interfaccia grafica per votare per ogni singolo concorrente a questo reality, Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) si ritaglia il suo angolo di celebrità esordendo sulla scena avvolta da fiamme…

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Poi ricordatevi che c’è Stanley Tucci con una parrucca blu e che hanno scongelato anche per questo film il buon Donald Sutherland, ormai impiegato per fare il vecchio potente e intrallazzatore.
I giovani virgulti vengono allenati alla lotta per tre giorni tre, senza alcuno scopo perché in tre giorni non si impara nulla, ma i tempi televisivi sono stretti si sa, e vengono mandati al massacro nella zona predisposta, un set che appare una foresta, ma che è in realtà gestito in toto da quelli del network, che possono a piacimento abbattere alberi, scagliare palle di fuoco e generare animali feroci tanto virtuali quanto letali, il tutto dietro ordine del tipico presentatore fighetto e imbecille.
Ora, tutto questo show si svolge davanti alle telecamere, abbiamo detto. Le alleanze momentanee, i legami che si creano tra i partecipanti, etc… su tutto, però, l’ombra tragica della fine (almeno sulla carta), in quanto si sa che dal quadrante di gioco ne deve uscire solo uno. Ma, ehi, arriva il colpo di genio, non so se del presentatore suddetto, della regia o dell’autrice del libro, cambiamo le regole in corso d’opera, stavolta si vince in due! Se si è dello stesso distretto. Questo per favorire la love story potenziale tra Katniss e Peeta (Josh Hutcherson), cosa che, infatti, accade.
E il corteggiamento, non mentirò, in un film che si trascina da una scena di violenza risibile e ipocrita alla successiva, è ben fatto, credibile e mai esagerato o stucchevole. Ma, occhio, che adesso arriva il secondo colpo di genio. Dato che la cosa viene trasmessa in TV, perché non mostrare lo spasimante di Katniss, il nuovo cornuto multi-mediale, rimasto nel Distretto 12 a guardare la sua bella che lo cornifica sul maxi-schermo? Lui fa le faccette, e la platea esplode dalle matte risate… ahahahahahah XD

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Sarà questo, oppure la pretesa di tagliare un ramo d’albero con un coltello… o l’ipocrisia che porta a inserire tra i partecipanti una dodicenne per poi farla eliminare dai cattivi, che sennò era troppo traumatico farlo fare alla protagonista buona e bella dagli occhioni blu. Sì ok, è bellissima, ma anche un po’ antipatica.
Ecco, protagonisti antipatici a livelli di guardia. Un cattivo, Cato, che doveva far tremare la terra, ma che a stento ci si accorge che c’è. ‘Ndo sta? Boh, s’è nascosto dietro qualche cespuglio.
E infine, un finale che è tra i più idioti della storia del cinema.
Restano vivi, indovinate un po’, Katniss e Peeta, quand’ecco che il presentatore scemo interviene dicendo che, TA-DAAN, la regola del duo vincitore è stata appena revocata e che quindi devono affrontarsi fino alla morte.
Prevedibile eh? Ma no, perché è in arrivo il terzo colpo di genio, quello che vi tramortirà dalle risate. Nessuno, infatti, può costringere il duo a uccidersi; non il network, che altrimenti apparirebbe spietato e dittatoriale, ne scaturirebbero rivolte di tutti i distretti. I due concorrenti, d’altro canto, minacciano di suicidarsi entrambi. E così, dopo nemmeno dieci secondi di trattative, il presentatore si cala le braghe e li proclama vincitori, salvo poi ritrovarsi, a cose fatte, le bacche velenose con le quali i ragazzi volevano ammazzarsi, nel portagioie della sua stanza, regalo del vecchio Sutherland che lo sta invitando a suicidarsi…
E questo, più o meno, è quanto. Centocinquantadue milioni di dollari in un weekend, attoroni, bellissima protagonista (cui domani dedicherò una gallery) e un cinema che non riesco a capire più. Rovinato in nome dei soldi. Perché di potenzialità, in questo show, ce ne erano parecchie.

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Questa recensione è dedicata a Lucy, lei sa perché

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  • Ma ecco cosa mi ricordava: The running man! Avevo pensato a Rollerblade, eppure mi pareva ci fosse qualcosa di moooolto più vicino ☺☺. Con Battle Royale vedo meno in comune, pur avendo più somiglianze. Probabilmente per il “tono” utilizzato. Alla fine Hunger vuole essere serio, non una spettacolarizzazione della violenza, anzi… ha una sorta di “retorica” classica sulla pace-guerra.
    Insomma, non mi è dispiaciuto, pur non ritenendolo certo un capolavoro o un film memorabile. (lo riguarderò? Dubito. Ed ormai è questo ciò che mi fa capire se il film mi è DAVVERO piaciuto o se mi ha fatto passare un paio d’ore e basta, tranquillamente… che comunque non è poco, in questi tempi).

    • Ma sai che è vero? Il giudizio basato su un’unica visione non è quasi mai confermato dalle visioni successive. Capita anche a me, spessissimo, di ricredermi. 😉

  • Ero interessato ai libri e della trasposizione cinematografica non ne sapevo nulla… però, ora che so, non mi sento meglio, anzi.
    Il problema è che ormai si affrontano temi difficili in maniera del tutto inadeguata, solo per accontentare mandrie di ragazzini che si credono adulti ma che, in realtà, non lo sono affatto e forse non vogliono nemmeno esserlo.
    La stessa sensazione che ho avuto leggendo Alterra, romanzo post apocalittico in cui gli adulti scompaiono lasciando i bambini da soli. Un background forte, che potrebbe portare a molte riflessioni, ma che alla fine è trattato con l’attenzione di una favoletta della buonanotte…

    Ok, mi sa che a sto punto lascio perdere anche i libri e passo oltre. Il mio tempo è poco, non voglio certo sprecarlo…

    PS: [Contiene anticipazioni, ma ne vale la pena]… mitico! 😀

    • 😀 esatto, hai centrato il punto. Le favole sono, anzi, ERANO molto più profonde, poi sono state assalite anche loro dal politically correct e dalla semplificazione coatta, due drammi.
      😉

  • Ma ci credi che già solo le immagini che hai messo mi trasmettono un forte senso di pagliacciata ? (Per non parlare poi di quello che succede nel film : il festival del pessimo riciclaggio !)

    • Harrelson è epico. 😀

  • Senza voler parlare di eventuali significati/simbologie pericolose nel binomio libro-film, devo dire che mentre il primo (romanzo) mi attrae poco, il film lo voglio vedere.
    Non mi aspetto nulla di eclatante, ma a livello estetico sembra (e dico SEMBRA) almeno gradevole.
    Secondo me dobbiamo dimenticarci del tutto il modo di fare un certo cinema, tipo degli anni ’80 (e primi ’90).
    Ogni paragone coi titoli di quell’epoca sminuisce qualunque film moderno, e non per effetto nostalgia.

    • The Help? Non sono un esperto di cinema anni ’80 e ’90, ma anche oggi mi pare che escano film degni di nota; vengono davvero tutti sminuiti?

    • Il paragone con gli anni ottanta in effetti non c’è. Serviva solo per richiamare alla mente due prodotti che, in fin dei conti, e soprattutto L’implacabile in epoca non-sospetta, proponevano gli stessi temi.
      Ecco, come ho risposto più su, a darmi fastidio è la superficialità con la quale è stato trattato il tutto. Il finale, che poteva essere lirico, è stato girato con la stessa qualità di una soap opera.
      Tutto qua.
      Tralasciando, poi, gli intermezzi comici (voluti) nel pieno dell’azione drammatica.
      Insomma, pessimo dal punto di vista dello svolgimento, non tanto dal lato storia.
      😉

      • Non so se lo siano, ma di sicuro così vengono percepiti dai cinematografari. Esatto, devono essere tutelati. Noi siamo cresciuti con Arnold che restituiva la motosega a Buzzsaw… http://www.youtube.com/watch?v=3IISrb4v9K4&fb_source=message
        loro non possono vedere scene di questo tipo, secondo gli psicologi odierni.
        Hai centrato il punto.

      • A questo punto mi viene da fare una riflessione.
        Hunger games si rivolge a un pubblico di – diciamo – 14/18enni.
        L’Implacabile si rivolgeva a un pubblico identico.
        Ora, il film di zio Arnold era divertente ma non risparmiava nulla, ed era comico solo per scelta, non per certe tavanate della trama. Hunger Games mi pare essere una specie di film young adult che non osa mai (così l’ho percepito dalla tua rece, perché non l’ho ancora visto).
        Quindi cosa devo dedurre? Che i 13/18enni di adesso sono dei rincintrulliti non in grado di distinguere evidenti sciocchezze, ma al contempo da tutelare da scene di “vera” violenza e linguaggio scurrile?

  • A costo di essere tacciato per bimbominkia, a me il libro non è dispiaciuto, proprio perchè mi ha ricordato Battle Royale e anche l’accoppiata Minosse+Minotauro. Si legge in un paio di giorni, e mi ha fatto divertire (anche se aspetto di leggere i successivi due per farmi un’idea totale).

    E credo che alla fine della fiera, quando uscirà, il filmazzo lo andrò a vedere. Se non altro, per accontentare Deborah, che ci tiene. XD

    • Mica è un reato guardarlo e farselo piacere. A me è scappato da ridere più volte, e ho trovato risibile non tanto il contenuto, che ci può stare, quando la messa in scena. 😀
      Alla fine, una cosa drammatica che viene risolta a tarallucci e vino, non mi pare proprio il caso…

  • Ne ho sentito parlare in ogni dove in Rete, tra le cifre che hai citato e milioni di MEME con oggetto ‘sto film. Vorrei comunque vederlo, quando uscirà….anche se non mi sembra proprio così meritevole dalle tue parole.

    • E vedilo, la Lawrence merita comunque. Ci fosse stata Amber, a quest’ora sarei in sollucchero. 😀

      • Diggiamolo! 😀

      • E te credo…
        p.s. L’Implacabile è diretto dal mitico Starsky(Paul Michael Glaser), non dimentichiamocelo!!!

  • La trilogia ha avuto un successo inquietante in america, e il film promette di propagarne gli effetti nefasti.
    Si tratta di un lavoro moralmente molto dubbio.
    Come ha fatto notare Karl Schroeder, il film (e i libri) sono un inno alla violenza come unica possibile soluzione.
    O se “violenza” pare una parola grossa, usiamo allora “sopraffazione”.
    Cosa succederebbe – domandava Schroeder dopo la prima del film – se uno dei ragazzi selezionati per i giochi decidesse di non giocare, e preferisse il suicidio alla logica dello scontro?
    Una dura linea non-violenta e di rifiuto delle regole cortocircuiterebbe l’intero sistema.
    Ma i ragazzi non si ribellano.
    Per cui, alla fine, sì, ok, la protagonista figa, anche con un bell’arco (visto da qui direi che è un Bear monolitico da un paio di migliaia di dollari – guardacaso lo stesso che usa la Faina, anche se probabilmente più leggero), ok inseguirsi ed accopparsi come in Battle Royale, ma alla fine la linea è il conformismo assoluto, l’accettazione delle regole, l’accettazione del fatto che l’unico modo per sopravvivere sia eliminare gli altri.
    Pessimo.

    • Che la linea sia il conformismo assoluto non è pessimo in sé, è un tema trattabile come gli altri; da quanto dice Hell, il problema è che al conformismo assoluto viene affiancato un cambiare della realtà sociale (nella forma delle regole dello spettacolo) che fa sì che quel conformismo non crei poi tanti danni (ai protagonisti).
      Finché segui la norma sociale va tutto bene, quando ti metti di traverso la società cambia immediatamente per adattarsi a te. È quello che rischia di essere pessimo, non in sé trattare il conformismo.

      • Esatto andare secondo o contro il conformismo non genera alcun conflitto o riflessione. Zero.
        Per non parlare dell’assenza di ogni sfumatura drammatica che dir si voglia. Insomma, al di là del tema, condanno proprio la regia.

    • Il tema è profondo, ma trattato con una banalità sconcertante. Diciamo che ci potrebbe stare anche la questione che, essendo nati in quest’ambiente, i ragazzi accettano la cosa in modo ineluttabile. Ma anche questa ipotesi non è affatto approfondita e lasciata alla superficiale (molto spesso) interpretazione degli spettatori.
      Alla fine, la ribellione al sistema è altrettanto gratuita rispetto alla violenza con la quale è stata gestita la cosa fino a quel momento.
      😉

      • Il pessimo World-building c’è. È palese. Ma non a certo pubblico, che si perde dietro le smancerie sentimentali, piuttosto che criticare oggettivamente la gestione del narrato e le sue implicazioni.
        E ciò continua pure quando finisce il pop-corn, che è la cosa più tragica.

      • Diciamo che una società capace di annientare lo spirito di ribellione negli adolescenti non ha bisogno di organizzare la Battle Royale…
        [In effetti, guardati attorno – noi non ne abbiamo bisogno.]

        In realtà si potrebbe ragionare in termini di pessimo world-building – l’autrice aveva bisogno di certi elementi e li ha messi lì, con alle spalle un sottile strato di razionalizzazione che però non sopravvive all’analisi.
        Serve quella che viene chiamata “popcorn logic” – finché sei in sala a mangiare popcorn, tutto sembra funzionare.
        Poi finiscono i popcorn, riaccendi il cervello e, ehi, aspetta un momento! Come sarebbe a dire che…?

        Io continuo a considerare il successo dei libri e del film un pessimo segno.
        C’è una vena oggettivista sotto che mi preoccupa.

  • Peccato, dalle anteprime le potenzialità sembravano esserci; speravo in qualcosa di meglio, ma a leggere qui temo vada troppo oltre.
    Vedrò; al momento mi sta passando anche la voglia di leggere i libri.

    P.S.: Comunque, io sono un sostenitore della “puttanata galattica del cervello spento” (se intendiamo la stessa cosa): ci sono dei film che parto dal presupposto di guardare lasciando il cervello a casa (non so: i film catastrofisti americani), e così mi piacciono anche.
    Ovviamente questo non li rende bei film (il fatto che a cervello staccato mi piacciano non significa che siano fatti bene), ma per passare la serata ogni tanto vanno bene.

    • Sì, ma il punto è che anche certi film non si capisce perché vengono instupiditi. La trama è fracassona? Ok, ma chi obbliga gli autori a mettere in scena cose così stupide? E mi riferisco proprio ai passaggi per far avanzare l’intreccio.
      Mah…
      😉

      • Ti capisco benissimo: quando si vedono le potenzialità per un grande film andare sprecate ha senso esserne delusi.
        Mi è capitato lo stesso con Una Tomba per le Lucciole (su cui però avevo aspettative, avendone sentito parlare spesso prima di vederlo): film che potenzialmente è un capolavoro, ma alcuni punti dello svolgimento lo sminuiscono.

      • Sì, sono d’accordo in tutto e per tutto. Però, ecco, subentra la questione svolgimento. Hunger Games poteva essere molto di più, ma hanno voluto farlo volare rasoterra.
        Ora, in questo caso non mi sento ingannato, perché non avevo aspettative su di esso, ma solo deluso dallo spreco.
        Certo, poi per altri sarà un film soddisfacente, e ci sta. Ma per me che amo i temi drammatici, spreco resta. 😉

      • Anche il tema ha influenza, però anche temi importanti possono essere trattati in film ignoranti (intendendo col termine film stile Battleship); in quel caso, credo che la differenza sia cosa traspare dal film stesso: se dà l’impressione di prendersi sul serio, e poi è un film cazzone, allora esserne delusi è piú facile.
        Se dà l’impressione di essere un film cazzone e poi lo è davvero, almeno è onesto, non cerca di essere piú di ciò che è.

      • No, non li avevo letti perché non frequento quei blog da eoni.
        Comunque ti sei spiegato, ora ho capito il tuo punto di vista.
        Il mio, più che dalle aspettative, nasce dalle potenzialità del tema trattato. Ecco. 😉

      • In realtà, rientra perfettamente in tutti i discorsi che ho fatto – principalmente sulla narrativa – legati al fatto che “Fatto male” non significa “Non può piacere”; credo di averli fatti altrove (Davide, Duca e Zwei, principalmente), quindi non so se li hai letti, ma ho sempre distinto tra la qualità tecnica e il gusto personale.
        Comunque sí: Battleship mi è piaciuto perché sono entrato in sala con l’idea di vederlo col cervello staccato, già solo dalle anteprime non è che desse molte illussioni di essere qualcosa di diverso; se invece entro con l’idea di vedere un filmone, qualcosa di piú di un film ignorante (non so: The Help), e poi mi ritrovo davanti qualcosa a livello di Battle: Los Angeles, il discorso è diverso: dispiace e può dare fastidio (anche perché allora le anteprime non hanno fatto capire veramente com’è il film), anche perché l’occasione di avere qualcosa in piú c’era ed è stata sprecata; magari può piacere comunque, ma l’effetto non è quello di Battleship, perché le aspettative iniziali sono diverse.
        E, per quanto riguarda Hunger Games, le aspettative non erano a livello di Battleship.

      • Se posso dire la verità, da quel poco che ti conosco, non mi hai mai dato l’idea di essere un sostenitore di questa filosofia.
        La cosa mi sorprende. 😀

        Io però non riesco a sopportare le occasioni sprecate. Facendo l’esempio di Battleship, oppure, Battle Los Angeles, etc. ok, sono film da cui non ci si aspetta molto. Diciamo che la qualità e la resa del film sono implicite. E a quel punto accetto la cosa.
        Dal punto di vista di Hunger Games, invece, no. Perché vedere tali potenzialità lenite per colpa del mercato mi urta parecchio. Non so se è chiaro, quello che sto dicendo.

        Ora, ti saluto. Sono stanchissimo. 😉

      • Ho un esempio fresco fresco di quello che dicevo sul cervello spento: Battleship. Il mio commento, uscito dalla sala: “È talmente ignorante da essere fantastico”.
        Sí, non è un capolavoro; sí, i grandi film sono un’altra cosa; sí, devi staccare il cervello, altrimenti inizi a chiederti il perché di diverse cose (cosa che mi è capitata anche in sala; cervello non staccato abbastanza); ma per passare la serata? Non mi pento d’averlo visto.

  • Che ti devo dire…
    Il romanzo è un guazzabuglio di stronzate con qualche bella idea (ma copiata) sparsa in mezzo. E suppongo che il film, in nome di una pretesa fedeltà altrimenti l’esercito di fan ragazzini si incazza, segua la stessa strada.
    Il problema è la memoria storica del pesce rosso. Nessuno si ricorda più roba come L’implacabile (E perché no, la Fuga di Logan). Solo che, ecco, Battle Royale è un po’più recente. Il che mi porta a conclusioni disperanti.
    La Lawrence è bellissima, è anche brava sul serio. Non se hai visto Winter’s Bone. Però se il suo personaggio nel film è antipatico come nel libro, allora fare il tifo per lei diventa complicato…

    • Fosse solo la memoria storica, il punto è che si accettano cambiamenti della trama in corso che normalmente, qualunque editor (e perché no, editore) non avrebbe mai accettato. Normalmente…

      😀

      • Non è leale ed è brutto, diciamocelo, ai fini dello spettacolo. Da una trama così, sai quanti momenti di poetica pura potevano scaturire?
        E invece, cambiamo le regole, gne gne gne! 😀

        😉

      • Infatti è una cosa allucinante. Anche in BR c’è il romance, ma si conclude in modo diverso, con uno sforzo creativo. Qui è tutto semplificato, banalizzato. Si amano? E allora vanno cambiate le regole. E’ la vecchia storia del personaggio messo con le spalle al muro. Se ce lo metti, e non ha vie d’uscita, non puoi inventarti una stronzata per salvarlo. Non è leale.
        Grazie per la dedica, Cap *__*