Cinema

Behind Closed Doors

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Ieri Silvia ha segnalato sulla pagina facebook di Book and Negative questo corto del 2009 di Jonathan Button, Behind Closed Doors, scritto, diretto e parzialmente interpretato da Button stesso.
È reperibile sul tubo, e lo troverete incorporato alla fine di questo post.
Mi è sembrata una buona idea parlarne in maniera più approfondita, pur trattandosi di un corto, della durata di meno di 6 minuti, per svariate ragioni.
Behind Close Doors è un horror, che rivaleggia con le grandi produzioni (secondo me sorpassa The Babadook e gli dà la polvere, per dirne una), che sottende al sovrannaturale e all’horror psicologico, e riesce a farlo con una perizia e semplicità che spaventano.
BCD riesce a essere inquietante.
BCD tratta un tema molto importante, e molto sentito, specie in questi giorni: la violenza domestica. Quindi fa bene parlarne adesso: #nomoreexcuses.

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un fotogramma da Dark Corners of the Earth

Guardandolo, è stato impossibile non richiamare alla mente le sequenze di un videogioco del 2005, Dark Corners of the Earth, ambientato a Innsmouth e ispirato ai racconti di H.P. Lovecraft. Proprio le sequenze ambientate nella cittadina di mare Innsmouth, la sua atmosfera rarefatta, male illuminata, l’arredamento povero e soprattutto il grigio e arcigno omone che in questo corto è il padre del bambino protagonista, mi hanno portato a credere che più di un’influenza, quel videogioco che per quanto mi concerne è il meglio tratto da Lovecraft finora mai prodotto, abbia avuto più di un’influenza su BCD. Chiariamo, è influenza positiva, che permette di affermare che, come negli horror più riusciti, la scenografia partecipa, anzi suggerisce, prima delle parole, l’atmosfera decadente e misera che poi viene via via svelata nel corso dello sviluppo del corto stesso.

Tutto è complice dell’orrore, la scelta delle inquadrature, la luce rarefatta quando non inesistente, i volti tirati, per ragioni antitetiche, l’ira cieca e il terrore stupido, quello della giustificazione di chi ama troppo e allo stesso tempo teme troppo, il terrore dell’illusione che l’incubo finirà, un giorno o l’altro, e si potrà di nuovo essere felici; il terrore irrazionale che si materializza nel mostro nascosto nell’armadio.

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Le porte chiuse sono quelle dietro cui si cela l’orrore.
E così, la lezione classica dell’horror, che si mantiene sempre in bilico tra razionalità e sovrannaturale, che mette in discussione i mostri dell’immaginario e li confronta coi mostri reali che, al contrario dei primi, non hanno alcun motivo ddi nascondersi, è qui rispettata e amplificata mille volte, portata all’esterno nel nostro quotidiano, sebbene serrata dietro le porte chiuse di quel microcosmo che è casa nostra.
Dal corto non si evade, s’intuisce che il mostro, il padre violento, si trasforma in tale non appena varcata la soglia della propria abitazione, tant’è che, forse per emulazione involontaria, il bambino chiude i propri mostri dentro il suo armadio.
Quindi assistiamo a una doppia tragedia, la violenza domestica da parte di un padre sulla moglie e sul proprio figlio, e il figlio che, durante anni di abusi, ha inconsciamente imitato quel genitore così odiato e amato allo stesso tempo, divenendo esattamente come lui, tingendo il suo disagio con l’immaginario spaventoso, quello che vuole i demoni giacere nascosti nelle zone d’ombra, in agguato, pronti a scatenarsi al minimo accenno di paura.

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