Già durante la loro vancanza alle Hawaii, Lucas e Spielberg iniziarono a pensare a dei seguiti per I Predatori dell’Arca Perduta, che non era ancora un franchise, ma che nelle loro intenzioni avrebbe dovuto diventarlo.
Indiana Jones, cappello e frusta, un po’ Humphrey Bogart un po’ Bruce Lee, sarebbe diventato l’archeologo sognato da tutti. Ma George Lucas si trovava in maretta per un divozio difficile, le idee circa il carisma e l’identità del dottor Jones ancora non perfettamente chiare, e la conoscenza dell’India da parte dei due “massimi esperti”, Willard Huyck e Gloria Katz, alquanto fantasiosa.
Tutti questi ingredienti si mescolano in questo secondo capitolo, Il Tempio Maledetto, dove Indiana Jones è più tombarolo che archeologo, Willie Scott è una screamgirl, nemmeno una -queen, Short Round si trova a rappresentare, suo malgrado, i bambini al cinema e Mola Ram… Be’, Mola Ram è uno dei cattivi più memorabili di sempre.
Kali ma… Kali ma… Kali ma, shakthi deh!
Mola Ram
Già all’epoca della sua uscita al cinema, il Tempio Maledetto fu ritenuto offensivo dagli indiani (che infatti ne vietarono la proiezione), proprio a causa dei due “espertoni” alla sceneggiatura, che fusero elementi reali dell’induismo con la fantasia sfrenata che necessitava questo film, con risultati sì ad alto impatto, ma anche scomodi.
Quel che resta oggi è un film divertentissimo, pensato più per un facile incasso che per la qualità della scrittura.
Menzione d’onore: la cena con scarabei al forno e cervello di scimmia semifreddo servita dal marajah al palazzo di Pankot.
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