L'Attico

Qualcuno ha truccato l’Eterno Ritorno

simbolo-ouroboros-oroboro (Mobile)In molti, forse, si aspettavano un articolo di chiusura su True Detective, prima della seconda stagione.
Ebbene non ci sarà, perché è stato già scritto, un anno fa.
Eppure, sempre questa serie mi dà occasione di parlare del concetto che a essa sottende, l’Eterno Ritorno.
Ecco, già accennare a articoli già scritti, e che saranno scritti, sul medesimo argomento, è parlare di Eterno Ritorno.
L’Eterno Ritorno dell’Uguale, che è caposaldo della filosofia di Nietzsche, è probabilmente caratteristica o archetipo narrativo universale, è infine elemento che scandisce le nostre esistenze. Ne siamo immersi, lo viviamo ogni giorno.
Ogni volta che ci mettiamo a cena, che stappiamo una bottiglia di vino, che brindiamo con la nostra fidanzata, che diamo da mangiare al gatto, che ci laviamo la faccia…
…ogni volta che ci svegliamo.
Siamo prigionieri dell’Eterno Ritorno, poiché siamo strettamente legati, e parte integrante, di un sistema finito, immerso in un tempo infinito.
C’è un limite, probabilmente, alle azioni che possiamo compiere in quanto individui, in quanto specie. Ma non c’è limite di tempo, in senso assoluto, perché tali azioni vengano compiute.

Ed ecco la consapevolezza che ci assale, e che ci fa riflettere.
Non esiste il destino, ma solo il calcolo delle probabilità che azioni determinate possano, di quando in quando, ripetersi, identiche alle precedenti, se non nella forma, che varia al variare del progresso, nella sostanza.

serpente_clessidraTale teoria può essere esportata, identica (guarda caso), alla narrativa, al cinema, all’intrattenimento, quanto spesso avete letto/sentito che le combinazioni musicali sono giunte al termine? In teoria, arrivati a un certo punto del progresso del pensiero, non sarà più possibile, esaurite le probabilità, produrre idee nuove, nuove storie, creazioni nuove.
Saremmo immersi, quindi, in un perenne deja vu?
No, questo accadrebbe soltanto se noi avessimo la piena coscienza di tutto. Se fossimo onniscienti, se vivessimo, durante le nostre vite, tutte le possibili esperienze.
Ma noi, in quanto esseri pensanti, abbiamo una data di scadenza, per fortuna, quindi ci è concesso di assaporare un numero limitato di esperienze uguali, ma allo stesso tempo nuove.
È per questo che non diamo di matto.
Grazie alla nostra limitatezza.

L’Eterno Ritorno è consapevolezza e accettazione; che ogni cosa si ripeta, uguale a se stessa, che le vite risultino, in questo senso, già vissute e che siano costrette a ripetersi, identiche, se non nella forma, nella sostanza; è proprio quel divenire a trasfigurarsi nel divino, nella compiutezza di un raggiungimento ultimo, un traguardo.

Ma torniamo a noi, e agli argomenti propri di questo blog.
La narrativa ha quindi esaurito le idee, le teorie?
Forse. O Forse no.
Più probabilmente non solo siamo destinati a ripetere le stesse azioni, ma siamo talmente pigri da non voler cercare alternative.
Per cui, si preferisce andare sul sicuro e narrare di stereotipi, girare remake di storie dal sicuro successo, affabulare tramite situazioni e forme che la gente percepisce come “proprie”. E non a caso, ma perché quella stessa gente le ha viste un numero di volte tale da ormai considerarle scontate, ma di sicuro fascino.
Il fascino del consueto è parte integrante di noi, che tutti amiamo una casa, una famiglia, un cane, le nostre abitudini.

Eppure…

doppio serpenteÈ questo stesso atteggiamento, probabilmente, che sta annientando qualunque stimolo culturale.
Una costante, e sublime, ricapitolazione (come diceva fratello Jorge, ne Il Nome della Rosa), che però ci ha reso aridi, stanchi, malinconici.
Perché, dall’altra parte, ci sono quei mondi nuovi, di cui parlava Carl Sagan, che attendono, che ci chiamano, perché la spinta evolutiva (e esplorativa) della nostra specie può essersi magari assopita, ma non è mai cessata.
Mai.

Affermare di aver ormai visto tutto è una dichiarazione non solo superba, ma sciocca. Fermarsi vuol dire morire.
Questo in ogni campo, non solo nell’esplorazione scientifica, ma persino nell’intrattenimento quotidiano.

Se è vero che siamo destinati a compiere azioni già accadute, esse sono in numero talmente grande da sembrare infinito (come il tempo, che non è tale, ma ciclico pure lui, a quanto pare).
Ragion per cui potremmo, e dico potremmo, (ri)scoprire l’arte, la narrativa, la letteratura, il cinema, magari sforzandoci un po’ di più.

E invece, tutto il mondo vuole la pappa pronta, s’accontenta di un numero estremamente limitato di cose/interazioni.
S’è assopito.
S’è addormentata l’arte, la cultura, la politica.
La crisi dei valori è percepita, è reale perché abbiamo smesso di cercare alternative.
Non esistono soltanto storie di vampiri innamorati, pur essendo sempre esistite. Mi seguite?

Se la nostra esistenza equivale a un tiro di dadi, qualcuno ha truccato quei dadi, in modo che esca sempre lo stesso risultato.
Cambiamo dadi.
Cambiamo gioco.

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  • In effetti c’è un problema di atteggiamento nostalgico, perennemente rivolto al passato che ci sta trasformando nella copia dei nostri genitori, quelli che pensano agli anni ’70 nei fantomatici casali in Toscana del cinema italiano.
    Ma noi questo atteggiamento ce lo abbiamo nei confronti della cultura pop. Che continuiamo a citare da quasi 30 anni,ormai. Perché, tanto, le abbiamo viste tutte e nulla ci sarà più di nuovo. E allora la strizzatina d’occhio, la citazione un tanto al chilo, l’ammiccamento ironico.
    Perché poi anche prendere sul serio certe cose, con la tendenza cinica e distaccata odierna, non va bene.
    Ed è un circolo vizioso da cui non si riesce a tirarsi fuori.

    • Guarda, lo faccio io per primo, io adoro citare i film che mi sono piaciuti nei miei libri. Quindi sono colpevole pure io.
      Ma ciò che trovo imperdonabile e che personalmente non assecondo, è la pigrizia che stiamo dimostrando nei confronti del progresso e della tecnologia.
      Le applicazioni hanno permesso a tutti di usufruire dell’hardware, ma la possibilità senza il controllo è niente.
      Nessuno sa più installare un programma, capire come funzionano le macchine che stanno usando.

      • Mera copia di una copia, quindi…

      • Ma lo faccio anche io e non c’è niente di male nella cosa in sé: io penso che diventi un male quando è tutto autoreferenziale e fine a se stesso, quando diventa mera imitazione e, appunto, pigrizia mentale. Penso sia normale avere dei riferimenti culturali, e non faccio certo distinzioni tra cultura “alta” o “bassa”.
        Diventa anormale quando si compie questa operazione senza approfondimento e senza comprensione del testo.