L'Attico

Normali Esercizi di Scrittura – versione 2.0

Ormai è ufficiale. Sono stanco di leggere. Sì, stanco è decisamente la parola giusta. La parte Book del nostro blog, lungi dall’essere solo un’appendice purulenta che finirebbe con l’ammazzarci, si è tramutata in mare, un bel mare calmo e pulito – come suggerito anche dalla grafica -, tipo quello che sta intorno a Favignana, dove io posso pasturare in pace.
Mi perdonino, o mi ignorino, i pescatori se mi sono appropriato di uno dei loro sostantivi preferiti: la pastùra.

Steven e Bruce
Steven e Bruce (da movieplayer.it)

Cos’è la pastura? E’ un nauseabondo insieme di esche, sangue, tranci di pesce, teste, alquanto puzzolente che viene gettato in mare a cucchiaiate per attirare altri pesci ca**oni che finiranno con l’abboccare all’amo. Ecco, potete averne un’idea più precisa se andate a guardare o riguardare (per la miliardesima volta) Lo Squalo (Jaws, 1975) di S. Spielberg, dove, tra reminiscenze hemingwayane da Il Vecchio e il Mare, il capo Brody (Roy Scheider) inizia a pasturare e per poco il buon vecchio “Bruce” non gli stacca via un braccio…
Io pastùro sulla letteratura e la pastura sono le mie idee su di essa e i miei scritti e i miei articoli, soprattutto. No, non voglio prendere voi lettori col mio amo ca**one… è, piuttosto, un’associazione mentale, quella tra la mia roba e la pastura, che mi è venuta quasi spontaneamente. Forse perché faccio a botte coi generi letterari, forse perché le mie storie sono difficilmente inquadrabili, forse perché mi pavoneggio di saper scrivere pur non avendovi mai fatto leggere alcunché di mio, sta di fatto che mi viene in mente quell’ammasso di putridume rossastro e mefitico, quando penso a ciò che è per me la letteratura. Certamente, sono uno che sa farsi pubblicità.
E’ che mi piace disquisire, argomentare, spesso sul nulla, ovvero cazzeggiare. Perché sono uno scrittore? Perché scrivo. Tanto basta. Cosa scrivo, come e perché, è un discorso a parte. Uno scrittore scrive, è questo quello che fa. Ma lo scrittore, furbastro, sa di esserlo ancora prima di aver scritto qualcosa. Io so già di essere uno scrittore. Anche piuttosto bravo. Innovativo, sanguigno, ferocemente ironico, vietato ai minori, sporcaccione, amante della vita e del sesso, ma anche depresso e malinconico. Lo so già, c’è poco da fare e a voi potenziali lettori (non siete ancora lettori perché non avete ancora letto niente del sottoscritto, giusto?), a voi potenziali lettori io chiedo fede, non fiducia. Fede nelle mie capacità. Sul fatto che io sia uno scrittore mi dovete credere sulla parola. Così come i potenziali lettori di allora credevano a Miller (Henry, non Arthur) quando riempiva loro la testa con le sue manie di grandezza. Miller (sempre Henry) non ha scritto nulla (di decente, almeno) fino oltre i quarant’anni, ma è sempre stato uno scrittore. Nel frattempo se l’è goduta. E io? Sì, devo ammettere che me la sto godendo pure io. Abbiate pazienza quindi. Il libro è qui, bell’e pronto, ma ancora non me la sento di mostrarvelo. Ricordatevi il discorso sulla fede e tutto andrà – non so dirvi quando – magicamente al suo posto, nella sua giusta collocazione. Pur detestando, io, i generi e le categorie. Uffa, un giorno di questi dovrò decidermi sul serio e mettermi d’impegno, bibliografia ricchissima alla mano per darmi delle arie, per spiegarvi cosa sono i generi letterari e perché li odio tanto.
Quando ero uno studente, prima dell’allòro, in effetti non tanto tempo fa, ma sembrano passati secoli, alcuni docenti erano soliti distinguere la LETTERATURA, quella sacra, quella che ti eleva, che ti è maestra, dalla letteratura di genere, quella fatta in serie, quella fatta a immagine e somiglianza di quella sacra, ma che è, pur sempre, una squallida imitazione, una parvenza di letteratura.
A distanza di anni, devo ammettere che è ancora così e certamente tutto il discorso sulle etichette e i generi letterari non aiuta, così come non aiuta aver dato ai lettori tutto questo potere decisionale in merito. Prima di mettervi a starnazzare, lasciatemi spiegare. C’è scrittore e scrittore. C’è quello che “muore” (di fame) quando scrive e c’è quello che scrive, come Wilbur Smith o Stephen King, per comprarsi l’isola tropicale o tutto il Maine. C’è lo scrittore per il quale il libro incarna la vita stessa e quello che si diverte a raccontare l’ennesima storiella di elfi, nani e guerrieri che combattono contro Signori del Male o delle Tenebre che più ridicoli non si può. Io ne ho letti davvero parecchi libri di Wilbur Smith. Mi sono piaciuti e so esattamente cosa aspettarmi da lui: l’AVVENTURA. Tesori nascosti, forti passioni, vendetta, tradimenti e scorci d’Africa che non si trovano neanche sulle guide turistiche e, ultimamente, anche tanto sesso… sta maturando con l’età, ehehehe… ma, oggettivamente, a parte le differenze d’ambientazione, sembra di leggere sempre la stessa storia da almeno una trentina di libri a questa parte, ma è sempre e comunque avvincente. Al contrario, il libro dello scrittore che fa LETTERATURA ti forma, ti scuote, ti fa incazzare, ti resta dentro come un macigno poggiato sullo stomaco, ti fa stare male e ce n’è uno su un milione così; e il fatto che non me ne venga in mente nessuno da citare in questa sede è indicativo di quanto poca letteratura ci sia in giro al giorno d’oggi.

Boris Balkan (Frank Langella) mostra a Dean Corso (Johnny Depp) la sua collezione di libri antichi ne La Nona Porta di Roman Polanski, 1999
Boris Balkan (Frank Langella) mostra a Dean Corso (Johnny Depp) la sua collezione di libri antichi ne "La Nona Porta" di Roman Polanski, 1999

E ora veniamo al lettore, controparte e fondamento dello scrivere che, senza di esso, non avrebbe senso.
Da più parti ho sentito dire e ho letto che ormai, grazie al potente strumento che è internet, il lettore è più sveglio ed esigente, che è difficile farlo fesso e che, in buona misura, condiziona la pubblicazione di un libro. Vogliamo dire che sia così?
Non so. Il lettore, come la letteratura di genere, è immagine e somiglianza di un critico letterario, ovvero un critico di serie B, più puro, se vogliamo, con meno architetture teorico-letterarie a offuscargli irrimediabilmente il cervello, ma sempre di serie B. Nel senso che quasi mai il lettore, critico improvvisato, sa ciò di cui sta parlando. E’ vero, può essere più o meno colto, ma non avrà mai il quadro completo della situazione, ragion per cui può usare un unico strumento: il gusto. Che è lo strumento che appartiene a tutti e che fa, sul serio, la vita o la morte di qualsiasi creazione artistica.
Io stesso sono un lettore, uno spettatore, un critico di serie B. Lo sono quando leggo e, soprattutto, quando guardo e critico i film e le serie televisive. Io del cinema, e di tutto il lavoro che c’è dietro non ne capisco nulla, sinceramente. Posso solo esercitare il mio gusto personale e dire se il film di Solomon Kane mi fa schifo oppure no e se la storia è avvincente oppure no. E finisce lì… non posso, né mi azzarderei mai a sentenziare sulla fotografia, o sull’impiego fruttuoso dei filtri e della luce, perché non ho la minima esperienza sull’argomento.
Tornando alla letteratura, l’ossessione del lettore con poteri da critico letterario improvvisato è riconoscere, anzi esigere di riconoscere, immediatamente, il prodotto-libro con cui ha a che fare, come se stesse comprando un qualunque alimento con etichetta D.O.P.
Ma quel tipo di letteratura non è letteratura, ma industria della carta stampata.
Il vero paradosso, alla fine, è che sono proprio i lettori esigenti ad aver causato l’inaridimento e gli automatismi letterari che tanto detestano. Proprio questa folle corsa al regolamento, alla letteratura di genere, facilmente inquadrabile, che deve restare tale, ma essere contemporaneamente originale per non deluderli, ha causato la massiccia introduzione dell’industrializzazione nel processo creativo spontaneo e autonomo che è stato finora la letteratura.
A questo punto, guardandola dal punto di vista delle case editrici, perché dovrei arrischiarmi a pubblicare qualcosa di davvero innovativo se il pubblico pretende invece qualcosa di riconoscibile e immediato? Ecco il perché voi, cari lettori, sarete sempre costretti a beccarvi elfi, nani e Signori delle Tenebre Idioti e a starvene anche zitti, nel frattempo! Perché siete stati voi – o quanto meno la maggioranza di voi – a volerlo.
Continuate a usare il gusto, mi raccomando, perché è la vostra unica arma contro gente come me, che se frega, ma non fate di questo il coltello che vi trafiggerà.
La letteratura soffre le imposizioni perché è nata libera e non basta certo un’accozzaglia di gente che sbaruffa dalla mattina alla sera su regole astruse a cambiare le cose o, peggio ancora, a imprigionarla. Al massimo, continuando così, si ottiene solo di svilirla, di umiliarla. Ma la libertà, quella no, non gliela potete togliere…

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
    • 15 anni ago

    In realtà ha ragione il boss. i manuali danno solo direttive dalle quali si deve in teoria trarre giovamento. Ma per alcuni sono l’unico modo di vedere le cose.
    Mi piacerebbe sapere quanti scrittori ormai noti hanno studiato da manuali di scrittura quando stavano imparando il mestiere…………….

    😎

    • 15 anni ago

    Che cattivo che sei. I manuali sono fatti apposta con l’obiettivo di far sentire il mondo alla portata di tutti e di tutte le tasche, soprattutto. Sono una droga demagogica.
    La cosa davvero penosa è che la gente ci crede sul serio all’efficacia di ‘sti libri.
    Qualcuno potrebbe affermare che se quello che ho appena detto fosse vero, i manuali di geometria e matematica non avrebbero alcuna utilità, ma… qui sta il bello! Caso strano, la matematica si riesce a impararla, l’arte no.

    • 15 anni ago

    I manuali sono scritti da signori che dispensano consigli. Gente che sa il fatto suo. Inglesi, soprattutto. Chissà perché.
    Ma sono solo io ad avere coscienza del fatto che l’italiano e l’inglese sono due lingue diverse? E che ciò che sintatticamente può risultare efficace per la lingua inglese può, al contrario, non esserlo per la lingua italiana?
    A morte gli avverbi, le subordinate e gli aggettivi. A morte la ricchezza espressiva della lingua italiana. Perché? Perché alcuni “esperti” hanno deciso che deve essere così. Perché LORO sanno come si scrive. E basta. E voi poveri coglioni aspiranti scrittori dovete necessariamente uniformarvi ai LORO criteri di bella scrittura o sarete degli incapaci insultati da tutti. Sarete quelli che non ne capiscono un tubo di bella scrittura, quelli che si fanno fottere i venti euro andando a comprare libri scadenti scritti da raccomandati della vostra stessa stregua e sarete quelli da commiserare sempre, povere bestie ignoranti.
    Ma vaffanculo.

    • 15 anni ago

    “Gentile da parte tua rischiare la vita in questo modo solo per un commento!”

    Non c’è di ché.
    Neppure io credo che la letteratura di genere sia automaticamente vile, ma è la quantità a caratterizzare l’insieme. Se c’è in giro della robaccia, inevitabilmente essa contagia tutto il settore.

    @ Koros
    Contieniti, te ne prego. La situazione si sta facendo penosa. Credo che mi farò vedere in giro più spesso, così potrai pensare a me come ad una valida alternativa.
    C’è ancora qualcuno che legge i libri di Stephenie Meyer? Mi rispondo da solo: purtroppo sì.
    I lettori sono sempre importanti poiché essi hanno decretato il successo e l’insuccesso di molti libri, come ha detto elgraeco.

    @ Lapsus
    Messere, pur nel suo scriver gergale voi mi riuscite assennato e sornione, aspetto tipico di chi finge superficialità, ma dentro è ben attento e vigile. Credo sia vero ciò di cui parlate. L’arte non riposa nei manuali, ma è innata in alcuni di noi. Moltissimi, ahimé, diventeranno nulla, pochi altri, invece, faranno palpitare d’emozione i nostri spiriti semplici. Questa è l’essenza dell’arte ed anche il suo scopo.

    • 15 anni ago

    @ Lapsus
    Guarda, ti do ragione. Esistono manuali e corsi su qualsiasi cosa, è uno dei vantaggi dell’informatizzazione, peccato però che a molti non sia chiaro il concetto che il manuale o il corso non ti assicura l’abilità che vende. Studio un manuale di scrittura e dopo so scrivere? Non credo.

    black kisses
    K.

    • 15 anni ago

    Scusate ma qua c’è da dì na cosa molto semplice.
    Qua co ‘sta storia che tutti possono fa tutto grazie a corsi e manuali se sta a diventà matti.
    La gente deve capì che nun se diventa no scrittore dopo aver letto quei manuali idioti “de bella scrittura” o “de scrittura creativa”. Non tutti possono fa quello che vojono in vita loro e soprattutto aspettandose er successo assicurato. Se vengono pubblicati libri così così è tanto per comincià perché gli editori so sicuri de vendere, e infatti vendono a strafottere. Se è morale o no, nun lo so. Però l’intento de n’editore è innanzitutto guadagnà e poi se ce sta se po fa pure un po’ de cultura.
    Quanti di quelli che hanno vinto er nobel e so morti lo stesso de fame avrebbero invece gradito de diventà scrittori de bestsellers?? Secondo me più de quarcheduno…..

    • 15 anni ago

    Boss io non riesco a non leggerti. Credo che se scrivessi semplicemente la lista della spesa io la leggerei comunque……….. 😛
    Però, visto che se ne parla tanto in giro e che con il secondo film se ne riparlerà anche di più mi chiedevo dove si possono collocare i libri della Meyer? Appartengono ad un genere preciso? E’ letteratura commerciale o cosa?
    E quando un libro rientra nella LETTERATURA di serie A?
    Pensando al pubblico, in effetti è abbastanza sensato che le major editoriali producano soltanto libri che sono sicure di vendere, però che tristezza. Io però non generalizzerei. I lettori intelligenti ci sono eccome e fanno critiche più che costruttive!

    Black kisses
    K.

      • 15 anni ago

      Non ne ho idea se i libri della Meyer si collochino in un genere preciso. Probabilmente l’avranno fatto, forse nel romanzo gotico, anche se fondamentalmente è una storia d’amore adolescenziale. Di sicuro è letteratura commerciale, nel senso che l’unico scopo è VENDERE il più possibile. Non credo ci sia qualcuno che possa sostenere che nel testo dei romanzi di questa scrittrice ci siano intenti educativi, ma sicuramente qualche scienziato di turno amante delle iperboli sarà persino arrivato a tanto!
      Solo il tempo e il gusto diranno se un libro è LETTERATURA o soltanto una storia narrata. Certo, c’è sempre la questione dell’intento dell’autore. Alcuni autori iniziano un libro sapendo già che per la profondità dei contenuti che andranno a trattare stanno facendo letteratura, altri lo scoprono solo strada facendo, mentre alcuni non lo scoprono mai e noi altri ce ne accorgiamo dopo la loro morte e gli affibbiamo onori postumi.
      Io non generalizzo mai e sono sempre ben disposto verso opinioni divergenti dalle mie.

    • 15 anni ago

    Buongiorno a tutti!
    Inizio subito col dire che, se mi vedete attivo a quest’ora mattutina è perché, seguendo i consigli del diacono Frost in quel gran bel film che è “Blade”, ho cosparso la mia pelle rugosa con una crema solare, che mi garantisce una certa autonomia in orari precedentemente a me non confacenti.
    Per quei “pochi” che non mi conoscono e che si staranno inevitabilmente domandando chi io sia, rispondo che sono una vecchia conoscenza nel forum di codesti signori nostri ospiti.
    Ma ora, dopo le presentazioni, veniamo a noi. Non ho avuto modo di visionare le restanti pagine di questo blog, mi scuserete, ma nelle prossime decadi provvederò a colmare questa mia mancanza. Mi sono soffermato, così, sul primo articolo, questo, che ho trovato di un certo interesse.
    Confido più che avere fede nelle capacità letterarie di elgraeco. E perché non concederglielo? Col tempo ci dimostrerai ciò che vali.
    La diatriba sui generi letterari e sui lettori saccenti è una gramigna che infesta la rete già da un paio d’anni. Gli aspetti di questa sembrano essere sempre gli stessi: il lettore colto o aspirante scrittore distrugge sistematicamente il lavoro di altri scrittori già inspiegabilmente pubblicati, a volte a ragione e con efficacia, altre volte per il semplice gusto di distruggere. Mi trovo a dover concordare col nostro ospite circa l’imbarbarimento della produzione letteraria che, esattamente come il cinema, è rimasta vittima dell’ossessione dei sondaggi. Dando ascolto alle opinioni di tutti, l’oggetto libro ne risente inevitabilmente.
    Non credo ci siano mai stati dubbi su cosa effettivamente sia la letteratura di genere e sul suo effettivo valore.
    Sento che la crema inizia a sciogliersi, per me è ora di andare.
    Ci rivedremo nelle prossime notti. Per me è necessario, nonostante tutto, tornare alle vecchie abitudini.

    Arrivederci

      • 15 anni ago

      Gentile da parte tua rischiare la vita in questo modo solo per un commento! Vedo che hai sistemato proprio tutto, quindi mi dispenso dal darti consigli di gestione del tuo profilo, etc…
      Certo che potevi trovare una scusa migliore rispetto alle cremine dopo sole di blade! In effetti concordo con te, eccetto che su un punto sul quale, prossimamente, scriverò un altro articolo: non credo che chi scriva letteratura di genere o suo malgrado sia stato compreso in questa categoria sia automaticamente un pessimo scrittore, o uno che fa finta di fare letteratura. Piuttosto mi scaglio sugli automatismi imperanti, quelli cioè che vogliono che se un autore scrive fantascienza non possa mai essere preso sul serio come scrittore perché, appunto, fa letteratura di genere. Non sta scritto da nessuna parte che un libro di fantascienza non possa avere le qualità e le aspirazioni di un capolavoro letterario! Nella maggioranza dei casi, però, complici i gusti e le richieste dei lettori, la letteratura di genere è un’accozzaglia di testi buttati lì per andare incontro alle esigenze della massa, questo è poco, ma sicuro.

        • 15 anni ago

        E’ interessante, perché proprio in questi giorni, la diatriba lettore (istruito) editore si sta facendo spazio in parecchi blog, come se d’un tratto si fossero resi conto che non tutti i meriti spettano ai critici saputelli e non tutti i demeriti agli editori. Ma per me è solo un temporaneo cospargersi il capo di cenere. Al prossimo libro di una certa autrice fantasy italiana salteranno fuori dai monitor, è più forte di loro, una sorta di richiamo irresistibile, della foresta, primordiale.

        • 15 anni ago

        Ho notato, ho notato… La cosa si fa imbarazzante.