L'Attico

Il mestiere del blogger

Blogger Dream

Perché, diciamocelo, alcuni di noi lo considerano un mestiere.
Di più, un bel mestiere, di quelli che si portano avanti senza fatica, per sempre.
Ma è lì che il popolo dei blogger (e dei lettori) si spacca in due, di fronte alla semplice domanda: se per essere un blogger basta aprire un blog, e visto che aprire un blog è una cosa che possono fare tutti, perché sostieni di avere un mestiere, visto che per me è un passatempo?
Questione irrisolvibile.
E d’altro canto, tutti scrivono, ma non tutti ne fanno un mestiere. Perché, a questo punto, nella scrittura ciò è comunemente accettato, mentre nel blogging no?
Alla base di questo rifiuto, una serie di pregiudizi, non ultimo il fatto di considerare tutta la vita online come una sorta di vita di serie B, non proprio reale, e questo va dalla diffidenza di fare acquisti su noti portali di e-commerce, come se solo loro potessero fotterci e non il lattaio sotto casa vendendoci uova marce, al considerare la scrittura in sé, su internet, siccome non stampata e non corretta e verificata da strani figuri che millantano di possedere conoscenze arcane e vietate (i libri di grammatica), come una sorta di fenomeno ombra, che imita la scrittura, ma non ne coglie la vera essenza.
Noi blogger siamo dei doppelganger, doppi incorporei (e anche malvagi) delle nostre controparti reali, giornalisti e scrittori in primis.
Fesserie.

Someone watching me when I'm blogging...

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Ma quello che avverto è la persistenza di una sorta di oscurantismo romantico, che strenuamente si oppone alla novità, e quindi al pericolo che internet e i blogger rappresentano.
Così che spuntano i noti articoli che attaccano queste figure, non ancora professionali, per la loro stessa esistenza e per l’apparente facilità con la quale scrivono di tutto, articoli che non badano molto alle slinguazzate tra ordini professionali, e che sono contraddistinti da un valore fondamentale: la verità.
Questo almeno in teoria. Che poi esistono anche i blogger che si vendono per un tozzo di pane.
Eh già… l’apparente facilità del blogging, unita all’incoscienza. Perché per molti, lettori compresi, bloggare è facile.
E che ce vo? Apro un blog e scrivo.
Io, forse, ero persino peggio di voi, dato che quando ho iniziato, con l’idea di aprire un blog di cinema in cui dire davvero come stavano le cose, ignorando i tappeti rossi e le passerelle dei festival, non sapevo neppure cosa fosse, un blog, terrorizzato all’idea di doverlo aggiornare quotidianamente.
Aprire un blog è facilissimo. Gestirlo tutt’altra cosa.
Perciò posso dire: il blogger è colui che gestisce un blog, non colui che lo apre.

***

Prendo spunto dall’articolo odierno dell’amico Giovanni: Guida pratica per non abbandonare il Blog, e ne approfitto per dire la mia, in quanto blogger, in quanto gestisco questo posto da un bel po’ di tempo, e mi sono fatto un nome e una reputazione. Quest’ultima ambivalente, come volevo che fosse.
Solo una strategia?
Il blogging è solo strategia.
La cosa fantastica è che chiunque, potenzialmente, può progredire e farsi largo, ma si parte tutti dal basso.
È la costanza a fare la differenza.
Riferendomi all’articolo, parte delle strategie ivi descritte le ho utilizzate anche io, nel corso di questi tre anni, non avendole desunte da altri, però, eccetto che dal buon senso.
Bloggare è un’esperienza fantastica nel preciso momento in cui si assume la consapevolezza che i vostri articoli vengono letti, commentati e soprattutto apprezzati.
Quando si giunge ai 3-400 visitatori al giorno ci si sente importanti. Quando questa cifra è raddoppiata e superata si matura la responsabilità di non deludere i lettori.
Ed è lì che sorgono i problemi.
Un po’ perché i lettori stessi divengono condizionanti, anche involontariamente. Un po’ perché tra essi si annidano gli haters, coloro che, per un motivo o per l’altro, vi prendono di mira.

Indovinate quale dei due è il blogger?

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Io ho attraversato parecchie fasi, le ultime sono quelle testè descritte. Forse ce ne sono altre ad attendermi, non è dato saperlo.
Quel che so, è che il momento peggiore è quando ci si scopre dipendenti dalle statistiche, dai commenti e dal successo. Quando si scopre che il pubblico ti vincola a un determinato settore (il cinema, per quanto mi riguarda) e mal digerisce ogni cambiamento, per quanto ben gestito o approfondito.
L’ultimo anno è stato pessimo, per la vita di questo blog, ma molto istruttivo. Sono entrato in conflitto più volte col mio pubblico e con l’idea che il mio pubblico pretendeva di applicare ai blogger.
La prima volta all’inizio di quest’anno, quando accanto alle recensioni ho cominciato a scrivere articoli su argomenti weird, lì ho perso la metà dei miei lettori, in poco più di una settimana.
Poi li ho recuperati, per perderne altri, quando insieme a altri blogger, ho fatto presente che tutto quello che qui viene scritto e letto costa tempo, dedizione e fatica, e che un piccolo riconoscimento sarebbe stato gradito. Altra battuta d’arresto, poi superata.
Terza e ultima, quella che io definisco la psicoterapia (da parte dei lettori) applicata al blogger. Quest’ultimo, da alfiere del tutto aggratise, diventa bersaglio di analisi comportamentale, come io in queste settimane, sicché ogni cosa da me scritta viene analizzata indipendentemente dal contenuto, ma osservando il tono coi cui essa viene vergata.
Eh già, capita anche questo, nel duro mestiere del blogger.

Blogcrastination (v):

The act of procrastinating via blogging.

***

E il signor Ramsay Taplin, che poi è il tizio australiano che ha scritto i 13 metodi per non abbandonare il blog, se vi siete degnati di cliccare il link, può permettersi di stilare il suo interessante elenco avendo la fortuna di vivere in un posto in cui bloggare è un mestiere.
Qui è diverso.
Diversa percezione.
Diversa realtà.
La realtà è che per conservare l’indipendenza, dalle statistiche e dai lettori soprattutto, dovete fare del vostro meglio per fregarvene.
E con ciò non intendo che dobbiate mancare di rispetto, ma che dovete ignorare sia le prime che i secondi, quando cominciano a violare in confini della cortesia (questa sconosciuta).
Bloggare in Italia è come stampare volantini di una ribellione in umide cantine e con mezzi di fortuna, sempre se siete indipendenti. Perché non sarete pagati, perché gli haters vi saranno sempre addosso per mantenere lo status quo, ovvero la loro pozzanghera dove imperversare coi loro giudizi sferzanti e inutili, e perché non sarete mai presi sul serio dai “professionisti”, specie se non vi schierate.
Meno sarete inquadrabili come blogger, più vi temeranno.
Certo, poi ci sono anche quei lettori che ti amano e ti seguono, che capiscono gli sfoghi e li lasciano correre, che apprezzano sinceramente, pur senza dirlo.

***

Non posso dirvi perché aprire un blog, perché è una di quelle decisioni che spesso arrivano mentre vi scolate una birra e lì per lì si pensa sia una cosa fighissima. Ognuno ha le proprie ragioni, persino lo scazzo va bene.
Ma posso dirvi che non esistono 13 metodi per portare avanti un blog, ma solo uno: combattere.
Perché a un certo punto vi sentirete accerchiati, o ignorati, o insultati e l’unico modo per uscirne è combattere, se credete che il vostro blog, e di conseguenza la vostra voce abbiano un senso e uno scopo.
L’oblio è facile, è la classica scorciatoia che non porta a nulla.
Equivale al romanzo lasciato nel cassetto in attesa di perfezionarlo perché sia pronto per i lettori esigenti: quel libro diventerà niente.
Questo è il nemico da sconfiggere: l’oblio.
Dove penso di arrivare, con questo posto? Probabilmente non lontano da dove sono ora, o forse lontanissimo. L’importante, per me, è non privarmi di questa possibilità.
Il sogno, fare del blogging un lavoro.
Il mestiere del blogger. E il cerchio si chiude.

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
  • Sinceramente però non capisco la polemica. Io scrivo perché mi piace, e basta. E se a qualcuno non piace quello che scrivo, lo invito a passare al prossimo blog e alla prossima storia. Punto e basta.
    Sono strana?

    • Così dovrebbe essere, ma no… perché c’è gente che esprime il proprio potere in internet facendo pesare i propri giudizi, su qualunque argomento.
      Finché c’è altra gente che da tali giudizi si fa influenzare, allora questi personaggi potranno esercitarlo.
      Io ho tolto loro il potere. ^^

      E ora passiamo a cose più divertenti, sono d’accordo. 😉

    • 11 anni ago

    Io gestisco il blog per pura passione come dici tu all’inizio. Volevo solo puntualizzare.
    Credo che il tuo “lottare” sia l’unico vero modo per risolvere la situazione.
    Da una vita, la quasi totalità delle informazioni che mi trovo a digerire provengono dal web. Questo significa che a un certo punto uno sa più o meno dove mettere le mani.
    Il 90% di queste informazioni, poi, derivano da blog.
    E’ mia convinzione che la Verità Assoluta non esiste (se non nelle religioni…;)). I blog permettono di confrontare tante idee e tanti modi di pensare, (quasi) senza la paura di essere presi per il culo.
    Se fare blog diventasse un mestiere, ho il netto presentimento che queste informazioni diverrebbero un tantino falsate da mille fattori (soldi in primis).
    In maniera egoistica penso che diventerebbe troppo difficile cercare il confronto tra blog che per cause economiche si trasformerebbero come gli attuali quotidiani, che riportano sempre gli stessi titoli cambiando punteggiatura o posizione delle parole.
    Non vorrei ritrovarmi tanti Huttington tutti uguali e asserviti a vari poteri, e perdere quel filo di libertà di espressione che troppo spesso viene scambiato per “pericoloso”, come dici tu.
    Per chiudere la pappardella, credo che sia tuo sacrosanto diritto avere un sogno e combatterci per renderlo reale, ma non saprei valutare se sono più i pro che i contro di questo nuovo mestiere.

    • Oh, mi trovo a passare di qui, perciò rispondo subito. Il nocciolo della questione è una differenza di percezione: tu ipotizzi un bloggare a pagamento dipendente da qualcosa che sta al di sopra.
      Io no. Io lo concepisco in piena autonomia. In pratica, non c’è un padrone che mi paga lo stipendio, ma introiti derivanti dalla pubblicità, magari un sistema meno truffaldino di quelli attualmente in essere, e un sacco di altri metodi da importare dai blog americani.
      E poi, io non credo proprio che essere pagati per scrivere qualcosa implichi fare una marchetta. Questo è un malcostume tipicamente italiano. Ma accade solo se si vuol fare accadere.
      Io il mestiere del blogging lo vedo come indipendente. 😉

      • Allora, per cominciare, è necessario migrare su un server indipendente e acquistare un proprio dominio (.com, ad esempio). Finché si fa parte di altre piattaforme, tipo wordpress, blogspot o altervista (nelmio caso), sì è vincolati ai regolamenti di queste, ovvero io ad esempio percepisco solo una minima parte degli introiti derivanti dalla visualizzazioni di quel singolo banner in alto a destra (qualcosina in più per i clic), che sono obbligato a tenere ben visibile per regolamento, in cambio la piattaforma mi garantisce l’hosting e l’assistenza gratuita, e ci può stare.
        Su server e dominio autonomi io potrei ospirare qualunque banner pubblicitario (e non mi riferisco a Google adsense), tramite accordo tra me e il privato e incassare il compenso per visualizzazioni e clic, da moltiplicare per ogni banner che inserisco.
        Poi c’è un altro sistema che genera link cliccabili all’interno dei testi degli articoli, poi c’è la questione dello scrivere a pagamento dei pezzi a richiesta e ancora quella di rendere a pagamento alcune sezioni del sito, che magari contengono contenuti speciali o quant’altro.

        Però, attenzione, i guadagni cominciano a diventare consistenti se il sito viene visitato da decine di migliaia di contatti al giorno. E se le parti versano i corrispettivi, ovviamente. 😀

        E comunque, questa è una cosa che dichiarai al tempo della megapolemica sui blog a pagamento, NON HO intenzione di trasfomare Book and Negative in un blog a pagamento, per diverse ragioni, non ultima la questione delle visite: non sono arrivato ancora a ventimila visite al giorno e probabilmente non ci arriverò mai.

        Ma l’idea è (nel prossimo futuro) di acquistare un dominio e aprire un sito in lingua inglese che associerò alla promozione dei miei futuri eBook, che metterò in vendita su Amazon.

        Nessuno dice che sia facile, anzi ritengo sia impresa quasi impossibile, ma visto che non perdo nulla a provarci, ci provo.

        • 11 anni ago

        Certo, non sto mettendo in dubbio la buona fede, lungi da me giudicare!
        Però forse (poi ci ho ripensato, scusa) ho una enorme carenza: cosa intendi per “un sacco di altri metodi da importare dai blog americani”? Purtroppo, qui, la mia ignoranza si fa sentire sotto i tacchi 😉

  • […] Visita il sito bookandnegative oppure iscriviti al feed Leggi l'articolo completo su AlterVista […]

    • 11 anni ago

    Io grazie a tutti voi (Alex ed Hell su tutti) ho capito che non la gestione di un blog non farebbe mai per me. Sono un assiduo lettore e mi ritengo un commentatore abbastanza educato ma in un spazio tutto mio, non saprei cosa scrivere. E’ come essere una buona forchetta senza però essere un bravo cuoco. Per il resto, penso che molti utenti della rete non abbiano compreso che il blog non è un forum ove uno può iscriversi, aprire topic, discutere di un argomento e litigarci persino. Frequentare un blog è come quando una persona che, a buon bisogno conosci da poco tempo, ti apre la sua casa.

    • Per il resto, penso che molti utenti della rete non abbiano compreso che il blog non è un forum ove uno può iscriversi, aprire topic, discutere di un argomento e litigarci persino. Frequentare un blog è come quando una persona che, a buon bisogno conosci da poco tempo, ti apre la sua casa.

      Non posso che concordare. 😉

  • Fra poco sono due anni da che ho aperto il blog.
    Iniziato pere gioco, solo perché un amico lo aveva fatto e me ne aveva parlato (ah, per inciso, quell’amico non blogga più e ha smesso un paio di mesi dopo), ma trasformato presto in qualcosa di più.

    Dire che potrebbe essere un lavoro viene preso con sguardi attoniti, ma potrebbe esserlo.
    Davvero.
    Peccato che in questo paese nessuno riesca a capirlo…

    Io credo che la costanza ripaghi. I miei ingressi non sono al livello di altri blogger che ho conosciuto in questi mesi, ma sento che potrei migliorare. E so, perché inutile raccontarci storielle, che se ancora non l’ho fatto è per colpa mia, per una pigrizia personale nel dedicarmici.
    Perché ho anche altro, e per ora mi va bene così.

    Mi diverto, ho conosciuto un sacco di persone interessanti e ancora ne conoscerò. Non ho intenzione di smettere, ne tanto meno darmi per vinto, e se avrà senso lo dirà solo il tempo…

    • Gli ingressi sono altalenanti, specie dopo post come questo, che faranno offendere molti. Si tratta di scegliere se scrivere di quello che vogliamo, o di quello che vogliono, e patirne le conseguenze.
      Almeno, per me è così. ^_^
      Tu stai andando fortissimo, te lo dico io. 😉

  • Io mi accodo: ho aperto il blog grazie a molti di voi, alcuni presenti in questi commenti. Divertente? Sì. Stimolante? Anche. Deprimente? A volte sì, quando le visite sono basse su post articolati, alte su post frivoli. Stranezze, insomma. E per ora, grazie a Dio, dei gran troll non sono visti. 😀

    • Il problema è che molti associano l’idea del blog alla discussione, e quest’ultima la accompagnano all’aggettivo “accesa”.
      E invece no. Non è detto che aprendo un blog io abbia voglia di discutere. E poi, c’è modo e modo. E chi dice che non accetto le critiche non capisce un cazzo, puro e semplice.

      • C’è chi ha una vita vuota o convinzioni da difendere. Non capisco perché non lo facciano a casa loro…

  • Come ho sempre detto, è di Hell la colpa dell’aver aperto il mio Blog xD

    E, comunque, hai ragione, sembra ieri che l’abbia aperto, ma è passato oltre un anno, e ci sono stati periodi in cui sembravo non aver nulla da scrivere, e pensavo “ma chi me lo fa fare”.
    Tuttavia ho resistito, perchè mi piace 😀

    • Ma un giorno mi dovrete spiegare perché. Perché l’idea di poter ispirare gli altri, e di riuscirci persino non m’è mai passata per la testa. 😉

      • È uno dei miei motti preferiti. 😀

      • Ci sono molte cose, in questo universo, che è meglio restino misteriose u.u

  • tra poco arriverò al primo anno di blog.
    Un po’ è merito anche di Hell…

    • Sai che c’è? Per due anni ho gestito questo posto, non potendo letteralmente fare altro. E allora m’è rimasta questa aggressività latente.
      Se questa ispira gli altri, persino, ben venga. 😉

  • “il blogger è colui che gestisce un blog, non colui che lo apre.” Ecco, in questa semplice frase c’è una grandissima verità. Tutti possono averne uno, ma saperlo usare correttamente… quella è la sfida.
    In questi ultimi giorni ho deciso di farmi del male e ho cominciato a frequentare blog professionali USA, canadesi e australiani. Si respira un’aria diversa, è inutile girarci intorno. Gli autori sono rispettati, i commentatori educati e intelligenti, i troll (se presenti) si contano sulle dita di una mano.
    Non so riportare bene l’esperienza a parole, ma è tutto un altro mondo rispetto alla pozzanghera in cui sguazziamo.

    • Purtroppo è così. Io lo so, tu lo sai, ma gli altri che lo sanno sono ancora pochissimi. Guardo con speranza all’estero e poi m’incazzo perché sto ancora qua.
      E vabbé, visto che ci stiamo, diamoci sotto. 😉

  • E però i mestieri son quelli che permettono a uno di mantenersi. Se no quando mio padre me la menava che ero un buono a niente, avrei potuto dirgli che il mio mestiere era occuparmi di GDR…

    • Bruno, anch’io come Hell sono testardo e ho ambizioni moderatamente elevate.
      Nel senso che bloggare mi piace, e non accetterò mai che qualcuno mi venga a dire che è solo un passatempo, una cazzata.
      Per qualcuno lo è, per altri no.
      Odio le generalizzazioni 😉

    • E perché no? Perché occuparsi di GDR non può essere un mestiere? Altrove succede.
      Ovvio, di 100 persone che lo vorrebbero fare, 10 ci riescono.
      Che poi la differenza sta tutta nella qualità.
      Se io* sono bravo a bloggare – non solo nei contenuti, anche nello stile – è giusto che abbia più successo rispetto a chi aggiorna il blog una vota a settimana parlando di quella volta che ha scoreggiato in ascensore.
      Che poi certi meriti qui non abbiano dignità è un’altra questione, e la spiega bene Germano nel suo articolo.
      Idem per i giochi di ruolo.
      E’ che qui si tutelano troppe categorie che hanno paura di essere scalzate dai freelance, cosa puntualmente accaduta nel mondo anglofono, tanto per dire. E magari è proprio pure la lingua, oltre alla mentalità, a fare la differenza.

      * è un “io” fittizio, non è che mi sto vantando come un cretino.

      • Ma siccome io sono un testardo allucinante, proverò a far cambiare questa mentalità continuando a bloggare in italiano.
        Ciò non esclude la via inglese, bada bene, che per quanto mi riguarda è l’unica percorribile e che offre un margine robusto di possibilità di successo (e con successo non intendo diventare Konrath coi suoi milioni di dollari, ma già guadagnarne decine di migliaia mi farebbe felice XD)

      • Il problema della tutela delle categorie, ovvero di saper fare il mestiere di altri (che vengono pagati profumatamente e magari sono tutelati da un albo) meglio di loro e con più onestà esiste, ma è un altro discorso. Riuscire a fare di un hobby il proprio mestiere è una cosa che ci si guadagna sul campo assieme… ai quattrini. A me sarebbe piaciuto pare il gamemaster a pagamento o produrre materiale per i GDR, ma questa possibilità non esisteva, nel mio ambiente, nella mia città, a quell’epoca, ecc… Certo, dipende tutto dalle opportunità che l’ambiente esterno ci offre, non solo dalle nostre capacità. Un anglofono ha quasi tutto il mondo che lo ascolta, un blogger italiano no… ma se il problema è quello, tocca fare un salto di mentalità e cambiare lingua. Beninteso, io continuerò a bloggare in italiano 🙂 coi miei ritmi e senza ambizioni particolarmente elevate.

      • Non a caso s’è persino parlato di un albo professionale dei blogger, cosa che non ha alcun senso, perché troppo legata a un sistema di privilegi oserei dire ottocentesco.
        La solita storia del pezzo di carta che certifica, anche laddove è o dovrebbe essere inutile, ché a parlare c’è il blog e gli articoli.

        Eh, vabbé, se tre anni fa mi avessero detto che sarei finito a parlare di ‘ste cose, non ci avrei creduto. Anche questo fa parte del fascino. ^^

    • Non necessariamente, in effetti… Imparare un mestiere non corrisponde a farne la propria professione, no? 😉