Ci sono due considerazioni da fare, a proposito di Ashes to Ashes, l’ottavo episodio di Ash vs Evil Dead.
La prima è che lo chalet, visto da fuori, al crepuscolo, conserva tutta l’aria malsana che gli è propria. Davvero incredibile come si passi, per atmosfera, dalla commedia splatter avuta sin qui, all’horror tensivo, per il semplice fatto di entrare, insieme agli attori, in quelle logore stanze, ricostruite alla perfezione, così come Ash le aveva lasciate.
C’è tutto, la testa di cervo, l’orologio a pendolo fermo, il dondolo sotto al portico, che si blocca non appena il piede di Ash tocca il gradino, la rimessa con la motosega e la testa della fidanzata di Ash ancora bloccata nella morsa.
C’è soprattutto il registratore a nastro e la cara vecchia botola con la catena.
Dentro è un macello.
È come tornare nella vecchia casa delle vacanze in cui non si è più entrati fin da bambini, c’è qualcosa di malinconico e di malsano, insieme, nel riscoprire la decadenza di quei luoghi.
Un posto, lo chalet, attorno a cui non sopravvive nulla.
La seconda osservazione è la capacità, non solo dell’atmosfera, ma della storia stessa, di virare al tragico. Direi che siamo alle soglie della perfezione, in quanto a rievocazione scenica. L’essenza de La Casa è intatta, alterna momenti surreali a tempi comici, fino a quellli tragici.
Mi chiedo se, per i neofiti, l’ingresso nello chalet abbia dato lo stesso effetto che ha dato a noi altri, che in quella baita maledetta ci siamo entrati da bambini.
Flashback montati dai filmati originali si alternano, nella mente di Ash, al presente, divenuto serissimo. Rivediamo Cheryl Williams (la sorella di Ash) che sbuca dalla botola, il contorno della motosega disegnato sul muro, col gesso… I tentativi di Ash di lasciar indietro i compagni sono falliti, prima Amanda (anche se la cosa sembra abbastanza strana…) e successivamente Pablo e Kel riescono, in qualche modo, a trovare la strada dello chalet. La prima raggiunge subito Ash che, però, mi spiace dirlo, contravviene alla prima regola del genere horror: mai separarsi.
Entrati in casa, Ash lascia Amanda per sistemare il generatore, finendo chiuso nel capanno dove ha squartato la sua fidanzata, trent’anni prima.
La mano di Ash, che è stata la prima a ritornare allo chalet, cresce fino a formare l’Ash cattivo.
Ecco, parlando di momenti tragici e brutali, encomiabile è la scelta di annichilire uno dei protagonisti, Amanda, vittima delle lusinghe e poi della violenza del falso Ash. La legge del contrappasso la fa finire contro le corna della testa di cervo, esattamente come il suo collega poliziotto, all’inizio della serie, e proprio nel momento in cui, per Ash, l’originale, si prospettava il tanto atteso raggiungimento della redenzione.
Medesima legge contribuisce a stagliare la dimensione eroica di Ash, l’eroe che da pulp e irriverente diviene tragico perché porta sulle proprie spalle un destino di fallimenti e sofferenza; ogni bontà, ogni speranza, gli vengono costantemente sottratte, proprio nel momento in cui riesce, dopo tanti e tanti anni, a sfiorarle.
Quest’episodio ha sancito il definitivo salto di qualità del prodotto, che s’era già dimostrato eccellente. Adesso è diventato epico.