Resomi conto della realtà, ovvero che sono un non-scrittore perché non prendo per oro colato tutto ciò che i preziosi manuali sulla scrittura possono consigliarmi e perché ho una vera adorazione per gli aggettivi, è tempo di considerazioni e di tirare le somme e di condividere con voi ansie, paure, follie e dubbi sul mio modo di fare non-letteratura.
E’ un compito arduo, più per voi che leggete che per me, lo ammetto. Insomma, io non-scrivo da sempre, voi da quant’è che non-leggete?
Come dite? Siete sempre stati convinti di leggere?
Ricredetevi. Voi non-leggete, quindi siete fatti apposta per me. I miei non-libri sono destinati a voi.
Questa rivelazione non vi riempie di gaiezza? Siete insieme a me, nell’universo parallelo, alle prese con l’antimateria e con la non-scrittura, ma non ve ne eravate accorti e, che è peggio, vi avevano quasi convinto di avere torto e di essere dei caproni ignoranti perché siete soliti mettere un sostantivo e due aggettivi in croce. La materia è in realtà antimateria e, se nell’universo che credevate di abitare due aggettivi consecutivi sono un anatema, in quello che occupate per davvero è una norma ben accetta, nonché consigliata. Tutto normale, quindi. Non siete pazzi, solo… vi eravate perduti. Sono cose che capitano! Il bello è che anche loro si sono persi e si trovano proprio qui, nel cono rosso qui accanto! Alle prese con un mondo che si ostina a voler utilizzare aggettivi, avverbi e subordinate a terremoto, nonché nell’abusare dei puntini di sospensione…
Bene, posso continuare. Stando così le cose, una di queste in particolare mi consola, è cioè che essendo risaputo che tutt’intorno a noi, in Italia soprattutto, a dire delle Armate di Jonathan Prichard, non esistono altro che Case Non-Editrici piene di ruffiani e incompetenti, io, non-scrittore, ho la strada spianata verso la pubblicazione!
E’ così per forza, non ci sono cazzi.
Ero sicuro di avere il destino segnato, ma non fino a questo punto. Ho capito solo nelle ultime ore di essere proprio ciò che le case non-editrici cercano, un non-scrittore del tutto ignorante in materia di regole e manuali, che campa di stereotipi e che, per questo motivo, sarà osannato da migliaia di persone e distrutto sarcasticamente da quattro personaggi che si divertono a fare i critici.
Bella la vita, vero?
E io che me ne stavo tutto incazzato, deluso, amareggiato.
Invece, faccio parte della maggioranza, a quanto sembra! E le case non-editrici sono al mio servizio. Per pubblicare la merda che non-scrivo. AHAHAHAHAHAHA!
Ma allora, perché non succede? Perché il mio non-fantasy canonico non viene accolto con clamore, perché non vendo centinaia di migliaia di copie, perché non mi distruggono criticamente, per invidia o quant’altro?
– Forse perché sbagliano? – disse con voce stridula la fatina dei denti.
SBAGLIANO!?! Come osi, tu!
Eppure… Il fatto che si sbaglino può essere uno dei fattori, unitamente al fatto che io non scrivo non-fantasy e che, nonostante le apparenze, sono ipercritico nei miei riguardi.
Quando non-scrivo, adotto una certa rilassatezza di linguaggio. Nel senso che le cose le chiamo col loro nome, senza starci a ricamare troppo. Questo modo di fare dona al testo una certa vena colorita, alquanto volgare, che non tutti riescono a mandare giù. Perché pensano che sia manierismo – e non lo è – e perché è colpa mia, dato che ci metto davvero tutto me stesso nella non-scrittura, e questo talvolta infastidisce. Voglio dire che non è da tutti – e per tutti i gusti – iniziare un non-racconto con il me stesso personaggio che si ubriaca e decide di farsi rimorchiare da una puttana di passaggio con conseguente scena di sesso estremo arricchito di dettagli sconci.
E, quel che è peggio e che rasenta l’assurdo, è che neppure io sono costantemente d’accordo con ciò che non-scrivo. Come spiegarvelo… alcune volte mi sembra di aver partorito un non-capolavoro, altre volte un moloch. Meglio di così proprio non riesco.
Di conseguenza, di tanto in tanto sono pienamente soddisfatto e convinto di essere un non-scrittore, in altri momenti sono pienamente convinto di stare prendendo un po’ tutti per il culo, a cominciare da me. Conseguenza è che temporeggio e mi porto dietro il non-lavoro, un non-lavoro del quale non sono mai interamente e costantemente soddisfatto e che, per questo, ritardo a spedire in giro.
In definitiva non credo sia il mio disprezzo e il mio voler coscientemente ignorare le leggi dei manuali a tarparmi le ali. Il mio più grande nemico sono io e la mia incertezza.
Cacchio, avrei preferito essere semplicemente un incapace! Perché mi conosco e so quanto posso essere terribile come nemico. Il nemico peggiore che si possa immaginare.
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