È da qualche anno che penso sempre alla robotica.
Mia vecchia ossessione, fin da bambino. È tornata prepotentemente quando ho avuto voglia di scrivere, sulla robotica. Nessun trattato scientifico, solo storie pulp, o dime novel. Dal punto di vista della gratificazione personale mi accontento così.
E così nasce Perfection.
Ormai lo conoscete.
Uno scenario che non tarderà a presentare nuovi racconti.
La casualità ha voluto che Lucius Etruscus, nella intervista che ha voluto sottopormi (e che trovate QUI), abbia messo l’accento, ancora sulla robotica.
E se qualche giorno fa ancora ipotizzavo la creazione dell’intelligenza artificiale quantomeno problematica, oggi mi imbatto in un nuovo tentativo, sulla strada di un futuro controllato dalle macchine.
E mi è sembrato abbastanza interessante da decidere di segnalarlo qui sul blog.
Andrà ad arricchire gli articoli dedicati alla robotica (che invece trovate qui).
Più di qualcuno, tra voi, ha visto Her di Spike Jonze.
Esiste un kickstarter, proposto dalla Robotbase, che si prefigge di dotare ogni casa del prossimo futuro di un’intelligenza artificiale interattiva, che gestirà ogni aspetto del nostro quotidiano, proprio come accadeva in Her.
Le caratteristiche di questo robot saranno, tra le altre:
– riconoscimento facciale
– riconoscimento delle emozioni umane
– riconoscimento degli oggetti
– camera 3D, con percezione spaziale
– algoritmi di apprendimento spontaneo
Denominato Personal Robot, o anche Maya, avrebbe, a realizzazione ultimata, un costo di 1500 dollari a esemplare. Tutto sommato economico, se pensiamo che un semplice Nao viene a costare parecchio di più, e non ha di certo tutte queste funzioni pratiche.
Avrebbe anche un aspetto più volte anticipato dalla fantascienza: una sorta di schermo su piedistallo mobile, che parla attraverso un avatat stile manga, e che ricorda, ancora una volta, Scarlett Johansson.
Ma questi, come al solito, sono solo dettagli.
Il video di presentazione di questo piccolo strumento è spettacolare, sempre che la Robotbase riesca a mantenere le premesse e a creare uno strumento che sia davvero in grado di fare tutto ciò che promette. E con tale naturalezza.
Naturalmente, parlando di robot e di progetti, i problemi fondamentali sono e restano soltanto due:
– la zona perturbante
che è il disagio che ci assale avendo a che fare con un oggetto, non possiamo chiamarlo ancora entità, che imita la nostra natura.
La teoria vuole che maggiore sia il grado di somiglianza dell’oggetto con l’essere umano, maggiore e insanabile sia il nostro disagio.
Questo personal robot, ricorrendo a un avatar tipico dei personaggi a fumetti, dovrebbe superare il primo scoglio.
il secondo è sempre lo stesso,
– l’intelligenza artificiale
perché, se possiamo vantare di aver creato algoritmi a “profondo apprendimento”, ovvero in grado di immagazzinare, anche in modo spontaneo, nuove nozioni e essere in grado di applicarle autonomamente, e soprattutto nel giusto contesto, come sembra essere in grado di fare questo prodotto, questo risultato è, a conti fatti, solo l’imitazione di una piccola funzione della nostra intelligenza.
Impropriamente definita “intelligenza artificiale”, e lontanissima eoni dall’autocoscienza.
Ovvero, non ci sarà mai autocoscienza per le macchine, finché esse baseranno le proprie azioni/reazioni su una programmazione esterna, nella fattispecie quella che noi umani attribuiamo loro.
L’intelligenza è indipendenza, soprattutto nello sviluppo di essa.
Quindi, cosa stiamo ottenendo, circondandoci di queste simpatiche creature interattive, che ci parlano, ci consigliano, ci giudicano, esattamente come Siri della Apple, Cortana della Microsoft e via dicendo?
Stiamo parlando con software estremamente realistici che basano le loro risposte su ciò che altri esseri umani hanno stabilito per loro.
In pratica, chiediamo a una macchina di consigliarci una cravatta o un vestito, illudendoci volontariamente che essa risponda. E invece a rispondere è il tecnico che l’ha programmata per noi.
Quindi il contatto umano è filtrato da processori al silicio.
Diciamo che, per come stanno le cose adesso, i robot fungono da filtro alle normali relazioni umane.
E tutto promette che questo andazzo diverrà sempre più universale. Perché siamo avviati al completo isolamento, una misantropia generalizzata, come propriamente ipotizzato sempre nel film di Jonze.
Nel frattempo, potremmo in effetti adornare le nostre case con questi simpatici strumenti.
Mi chiedete se mi piacerebbe avere un Personal Robot come quello presentato in questo video?
Probabilmente sì.
Ma l’intelligenza artificiale resta un’altra cosa. Si tratterebbe, se si verificasse sul serio, di un evento epocale. Cambierebbe la nostra storia.
Spero soltanto che, quando e se avverrà, sapremo coglierne gli aspetti molteplici. Le implicazioni. E le conseguenze.
(fonte: simplebotics)