Cinema

Come incontrarono se stessi

How They Met Themselves

Questa tela fu dipinta nel 1864, nella terza versione ad acquerello, dal preraffaellita Dante Gabriel Rossetti. S’intitola How They met Themselves.
Raffigura una coppia che incontra l’esatto duplicato di sé, mentre passeggia in un bosco. I duplicati sono contornati da un’aura luminosa. La donna perde i sensi alla vista dei doppi, l’uomo estrae la spada, allarmato.
Non è precisamente un incontro che capita tutti i giorni.
Romantico, che ha a che fare con quelle regioni insondabili e scure dell’animo umano.
È il mito del doppelganger: il doppio viandante.
È il tema di un film poco noto, datato 2008, con protagonista Lena Headey e la regia di Sean Ellis: The Broken.

Film che più riguardo e più mi piace. Quasi come fosse un segreto soltanto mio.
Il perturbante e quanto la sua soglia venga violata dall’apparizione di una esatta copia di noi stessi sono argomenti che più volte abbiamo trattato qui sul blog.
Considero in effetti il doppelganger uno dei temi più efficaci e orrorifici.
L’idea di un’intera realtà che giace di là delle ombre, perfettamente speculare alla nostra, popolata da esseri che imitano il nostro aspetto e occasionalmente prendono il nostro posto per chissà quali ragioni è agghiacciante.

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Mito che, stando a recenti studi neurologici, datati 2006, sembra essere fondato più che su dimensioni parallele, su determinate aree dell’encefalo (la giunzione temporo-parietale sinistra) che, se opportunamente stimolate, causano la percezione del nostro doppio. O di una presenza estranea accanto a noi. Che è proprio la versione più popolare dell’aspetto che noi attribuiamo al doppelganger.
D’altronde, non si può proprio restare indifferenti quando ci si imbatte in passi di questo genere, scritti da studiosi, se non della materia scientifica, almeno del mito, della diceria popolare, della paura dell’inconscio collettivo.
Poco importa se queste cose siano o meno “reali”, reali quanto può essere la percezione del mondo che ci circonda desunta dai nostri organi di senso, resta il fascino e i brividi che da certe descrizioni derivano:

Co-Walker (Compagno di strada). Kirk, in Secret Commonwealth, chiama il sosia «Co-walker» (Colui che cammina insieme). Nel Nord è detto Spettro (Waff) e si pensa che sia portatore di morte. Tuttavia, Kirk lo considera come un essere fatato e dice:

Ci sono uomini con la seconda vista che li vedono chiaramente mentre mangiano ai banchetti funebri; per questo molti degli scozzesi celtici non assaggiano il cibo a queste riunioni, sia per non essere in comunione con essi sia per paura di essere avvelenati. Sono stati visti anche mentre portavano la bara con il cadavere alla tomba. Alcuni uomini che, per arte o per natura, possiedono tale acutezza di vista mi hanno raccontato di aver visto in quelle riunioni un Uomo Doppio o la figura dello stesso uomo in due posti diversi, cioè una natura sotterranea e una terrestre che si assomigliavano come due gocce d’acqua; nonostante ciò si potevano facilmente distinguere l’uno dall’altro per qualche movimento o segreto indizio e, così, si poteva andare a parlare all’uomo che era suo vicino ed amico superando la sua riproduzione… Essi chiamano questo uomo-riflesso «compagno di strada»; infatti egli segue l’uomo reale come se fosse un’ombra e spesso li si riconosce tra gli uomini sia prima che dopo la morte dell’originale; talora, anticamente, lo si vedeva entrare in una casa e da ciò gli abitanti capivano che l’uomo originale li avrebbe visitati entro pochi giorni. Questa copia, eco o ritratto vivente, alla fine, torna al proprio gregge (fonte: giudappeso)

Quindi da un lato abbiamo The Broken, che colpevolmente è un film, forse IL film, che narra di doppelganger provenienti dagli specchi che via via sostituiscono gli originali, misconosciuto, forse perché troppo asettico e rasente il thriller psicologico, per quanto di grande atmosfera e che offre un’intrigante ribaltamento di prospettiva, dall’altro una serie di testimonianze storiche più o meno illustri.

L’idea è che il doppelganger, proprio a causa della sua natura di “copia”, possieda un’impronta negativa perché innaturale. E perché, probabilmente, illudendoci, noi stessi, di essere creature uniche e inimitabili (per quanto “immagine e somiglianza di dio”), l’esistenza di un doppio deve necessariamente significare sciagure.
Si dice che avvistare il proprio doppelganger sia presagio di morte.
Difficile anche solo immaginare, in effetti, lo sconvolgimento che ci accompagnerebbe alla vista di un altro sé, del tutto identico a noi, intento a copiare le nostre azioni.

8837942_f248Storicamente, anche se il tutto si perde nella memoria dell’ottocento e nelle testimonianze di una classe scolastica alquanto spaventata, il caso più eclatante di “vero” doppelganger appartiene a Emilie Sagée, insegnante trentaduenne di origine francese in una scuola esclusiva per ragazze, il Pensionat von Neuwelcke, a Wolmar.
Un giorno, mentre Emilie stava scrivendo alla lavagna in presenza dell’intera classe, il suo doppelganger le apparve accanto, imitando ogni suo movimento, pur essendo sprovvisto di gessetto.
Ma non solo limitandosi ad apparire al suo fianco, la Sagée, o la sua copia, si mostrava nel cortile della scuola a cogliere fiori, mentre l’originale era in classe a tenere la sua lezione.
Emilie Sagée dichiarò di non aver mai visto il proprio doppelganger, a quanto pare l’apparizione era visibile solo a terzi, circa una quarantina di persone in totale, tra studentesse e personale della scuola, anche se, in concomintanza con tali fenomeni, la stessa ammise di sentirsi stranamente affaticata.

Ma non solo:

Guy De Maupassant affermò che le apparizioni del suo doppio erano molto frequenti nell’ultima fase della sua vita. Certe volte lo vedeva entrare, prendere posto su una sedia e iniziare a dettargli cosa avrebbe dovuto scrivere. Il racconto intitolato “Lui” è ispirato proprio a questa strana apparizione.

Percy Bysshe Shelley incontrò il suo doppelganger in Italia, gli indicava silenzioso il Mar Mediterraneo, che sarebbe stato il luogo di morte del poeta, nel 1822, poco prima del suo trentesimo compleanno.

Elisabetta I vide il proprio doppio giacere nel suo letto, poco prima della sua morte.

Goethe, invece, incontrò probabilmente il proprio sé futuro, che procedeva in senso opposto a lui, lungo la strada per Drusenheim. Otto anni più tardi, percorrendo la medesima strada, Goethe si rese conto di essere vestito esattamente come quell’individuo incontrato quel giorno nel passato, che tanto l’aveva colpito, e di procedere nella medesima direzione di marcia che aveva quell’uomo, quel giorno.

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Affascinante.
Così come affascinante è il film di Ellis, micro-budget impiegato, specchi rotti, sobborghi grigi di Londra intervallati da panoramiche in elicottero: una Lena Headey elegantissima e confusa circa la propria esistenza e quella di chi le sta accanto.
Nel film di Ellis si specula circa la natura di copie simmetriche dei dopppelganger: la destrocardia, la presenza del muscolo cardiaco nel lato destro del torace, è un’anomalia rara, e tuttavia ben documentata. Il nostro doppio, se esistesse, sarebbe esattamente il nostro riflesso, per cui, volendo cavalcare il mito, quelli caratterizzati da questa rarità potrebbero essere usciti da una dimensione altra, a sussurrarci segreti, o semplicemente apparsi per godere di un po’ di luce.

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  • Tema sempre affascinante, il film poi non lo conoscevo. 😀
    P.S. Grazie per la citazione al mio disgraziato blog. 🙂

  • Anche secondo me il doppelganger è uno dei temi più perturbanti. Il caso di Emilie in effetti è abbastanza inquietante…
    E ovviamente mi hai venduto il film. 😀

    Ciao,
    Gianluca

    • Sono contento. 😀