No, non si tratta di un errore.
Bubug è il nickname, o nome d’arte, di Magdalena.
Bubug è un’artista. Parla, attraverso i suoi lavori, di cultura pop.
E una particolare sezione della sua opera è dedicata a A song of Ice and Fire.
Sì, Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin.
Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco sono riuscite a diventare simbolo. La forza della storia (visto che riecheggiano della Guerra delle due Rose) che è divenuta forza, fascino contemporaneo.
In questi anni ho visto gente che non ha mai letto una pagina di fantasy sciropparsi episodi dal ritmo discutibile della serie televisiva, parlare di draghi sputafuoco, di cattiverie e meschinità, di incesti, di violenza.
Forse troppa.
Un po’ com’è accaduto per JRR Tolkien, il medium cinematografico-televisivo ha sorpassato quello letterario. E ciò ha portato alla estrema diffusione di soggetti e personaggi, di simboli che, altrimenti, sarebbero restati su carta, dono e privilegio (a torto) di pochi, gelosissimi eletti.
C’è, però, il dato importante che mi fa attribuire al lavoro di Martin l’appellativo di cultura pop(olare). Esso ha travalicato il genere fantasy ed è diventato riproducibile.
La poetica delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (volendo indicare con “poetica” ogni aspetto legato alla saga letteraria, quindi simbolico, sociale, semplicemente narrativo in quanto mero testo) è stata traslata attraverso ogni possibile mezzo espressivo, fino a entrare nel processo industriale che, come sappiamo, è incentrato sul concetto di catena di montaggio.
Si è partiti da nomi, personaggi, intrecci più o meno elevati: un’epopea su carta. Si è arrivati alle spille, ai poster, alle contaminazioni tra le Cronache e altri lavori, altre epopee, anch’esse divenute riproducibili.
Ed entrate nel quotidiano di persone che, possibilmente, ignorano la fonte.
C’è gente appassionata della simbologia del Trono di Spade senza averne letto una sola pagina.
Succede anche questo.
È capitato anche alla Gioconda di Leonardo da Vinci, che non è rimasta sulla sua tavola, ma è stata stampata, riprodotta e reinterpretata in infinite maniere, finendo sulle t-shirt e sui cappellini da stadio.
E, ciò nonostante, questo svilimento dell’unicità dell’opera, al contempo la rende comune e ne sancisce l’immortalità.
Ritrarre Arya Stark che aspetta l’autobus con a fianco il Mastino (che occupa lo spazio di Totoro) è la conferma della potenza del simbolo.
E, a parte questo, è lo stile di Bubug, a essere importante.
Meraviglioso.
Antico e moderno insieme.
Statico e dinamico.
Epico.
Degno delle cattedrali pagane.
Arte
che viene rivenduta
assorbita
che genera altra arte.
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LINK UTILE:
la pagina di Bubug su DeviantArt