Underground

Work in Progress

Lollipop by Shryi (Deviant Art)

Sia il blog che il blogger, qui presenti, sono soggetti a lavori di aggiornamento. E se del blog ne parliamo la settimana prossima, oggi invece, ché è sabato è la rete si svuota, voglio concedermi, come da tradizione, un post di piccole anticipazioni sulla mia attività di scribacchino, che serva, come finora è stato, anche da scaramanzia per i racconti a venire.
Ultimamente, sto uscendo spessissimo a cena coi miei personaggi.
Per i nuovi lettori, specifico che con “uscire a cena” intendo frequentare, mentalmente, i miei personaggi. Che si può tradurre con un pensiero fisso dedicato a loro.
Ma attenzione, non è semplicemente una faccenda di visualizzazione. Uscire a cena implica porre gli stessi “in situazione”, vederli agire, vedere come si vestono e in che modo, ad esempio, indossano un berretto, o come portano i capelli e, soprattutto, vederli interagire coi loro simili.
Per interazione si intende qualsiasi scambio sociale, da quelli intimi alle botte.
Non è un procedimento che ho studiato e che applico con vigore, mi viene spontaneo, quindi non so, in tutta onestà, se altri colleghi scribacchini riescano a fare altrettanto, ammesso che per loro sia utile.
Grande vantaggio, ma questo lo è da sempre, anche da prima che aprissi un blog, è costituito dal fatto di attribuire ai miei personaggi fattezze “reali”, ossia desunte da attrici, modelle, personaggi famosi, insomma, il cui aspetto e la cui mimica mi diverto a trasferire sulla carta.

***

Un po’ come i disegnatori che andavano in giro a fare schizzi su fogli da disegno dei passanti. L’umanità è varia, internet ci consente una gamma di aspetti infinita, basta solo scegliere quello più adatto alle esigenze del personaggio.
Ora sono alle prese con due personaggi femminili, che alcuni di voi già conoscono: Marilyn e Katrina.
Marilyn è costruita sulle fattezze e sulla mimica di Amber Heard, Katrina su quelle di Gina Carano.
I caratteri di entrambi i personaggi, com’è ovvio, sono solo frutto della mia testa. Dopotutto, estetica a parte, entrambe, Marilyn e Katrina, sono di mia invenzione.
Marilyn è alle prese con la sua terza avventura. Ancora non siamo vicini alla fine della storia, Lollipop 3, il cui titolo è Raggedy, torna al solo punto di vista di Marilyn, sempre in terza persona limitata.
Storia in cui, e questa è l’unica anticipazione che vi faccio, non solo il punto di vista, ma anche l’ambiente in cui la vicenda si svolge sono “limitati”. Ennesima rivoluzione che mi sono autoimposto, avendo da tempo colto, con le vicende di Marilyn, l’occasione di sperimentare nuove forme.
La cosa mi diverte parecchio.

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Per quanto riguarda Katrina, il discorso si fa leggermente più complesso. Sempre terza persona limitata, ovviamente, pur con la differenza che il suo racconto, il cui titolo provvisorio è Hurricane, prevede un’estensione non superiore alle 4-5mila parole.
Cinquemila parole. E per me sono un grosso problema.
C’è chi fatica a scriverne mille, io trovo invece più spontaneo buttarne giù ventimila, responsabile il modo in cui narro le storie, attraverso la concatenazione degli eventi, che restano intrecciati per poi sbrogliarsi (quasi) tutti verso la fine.
E, per la vicenda che ho in mente per Hurricane, cinquemila parole mi sembrano davvero pochine.
Ma staremo a vedere.
Katrina, intanto, domanda l’indipendenza dalla seppur forte presenza avuta in Electric Moon. E il personaggio, senza falsa modestia, mi sembra forte e riuscito abbastanza da concederle uno sbocco narrativo personale, un discorso che faccia da contraltare alle vicende psicotiche dell’altra, Marilyn.
Caratteri opposti, aspetto agli antipodi, pensieri completamente differenti, per quelle che, spero, saranno vere e proprie saghe.
Ho quest’immagine di Katrina nell’occhio del ciclone, in un paese esotico, sporca di sangue. Chissà…
Sapete, comincio a prenderci gusto.
Infine, per scrivere di entrambe, alterno l’ascolto di generi musicali diversi, psychedelic rock per Marilyn, techno e industrial metal per Katrina. E la scrittura si deforma di conseguenza…

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E la terza limitata, che all’inizio sembrava possedere tutti i mali del mondo, preferendo io la narrazione in prima persona, mi permette di scavare a fondo dentro al personaggio, pur osservandola dall’esterno. Tento, infatti, di mostrare l’indole dei personaggi attraverso dialoghi e azioni e mai utilizzando i pensieri, considerandolo territorio pericoloso, abusando dei quali si fanno solo danni.
Per cui, le idee ci sono, i personaggi anche, ci sono persino i lettori. Non potrebbe andare meglio.

Se, leggendo questo articolo, vi vien voglia di dirmi che metodo usate voi per caratterizzare i vostri personaggi o se preferite la prima o la terza persona, sentitevi liberi di farlo.

A domani. Buon sabato a tutti. 😉

soundtrack

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    • 11 anni ago

    Non sono uno scrittore ma da lettore, posso dire che quando leggo un romanzo, dopo alcune pagine ho la tendenza ad attribuire ai personaggi il volto di un attore cinematografico o, comunque, di un personaggio famoso. Mi è di aiuto anche quando è lo stesso scrittore ad attribuire chiaramente ad un suo personaggio le fattezze di un attore (come fa Alex Girola per intenderci). Per quanto riguarda l’uso della prima o della terza persona, invece, credo che dipenda dalla storia. E’ anche vero che come “fruitore” non sta a me decidere il punto di vista ma è l’autore che trova quello che gli è più congeniale, secondo la sua sensibilità artistica. Ad esempio, quando ho letto per la prima volta “Christine la macchina infernale” non feci quasi caso che Stephen King, nell’ambito dello stesso romanzo, passasse dalla prima persona alla seconda, per poi tornare alla prima nella parte finale.

    • Be’, quello di attribuire volti famosi ai personaggi è un ottimo sistema per aiutare ala visualizzazione, senza perdersi in lunghe e dettagliate descrizioni che, per quanto ben fatte, alla fine possono risultare noiose alla lattura. ^^
      Io coi passaggi di PdV non ho problemi, da lettore. Certo, preferisco un ordine razionale. Anche se ho apprezzato romanzi come La Bambola che divorò sua Madre dove il cambio di PdV avviene addirittura a ogni capoverso. 😉

  • Uhm… la prima persona permette un’incredibile libertà se… la storia è adatta ad essere rappresentata attraverso gli occhi di un singolo personaggio. La terza va bene per gli altri casi. Addentrarsi nei pensieri di un personaggio mostrato in terza? A mio parere può essere efficace, ma questo dovrebbe qualificarlo come il protagonista (o uno dei).
    Il narratore onnisciente in terza persona direi che lo lasciamo a Manzoni.

    • Concordo che il personaggio “pensante” debba essere considerato protagonista, ma credo che il discorso si possa anche ampliare, nel caso si scelga un PdV alternato a ogni capitolo. In questo caso, protagonista e co-protagonista, oppure antagonista, potrebbero mostrare il loro pensiero.

      • Sì, un po’ di ordine nel testo non fa mai male. 😉

      • mi è capitato che “occorresse” mostrare i pensieri di un personaggio del tutto secondario. Sinceramente l’ho fatto senza pormi il problema. Quanto al cambio del PDV non c’è una regola fissa ma molti in effetti fanno proprio così, e in effetti ha un senso. Evita di creare confusione.