Underground

Le creature angeliche di Amy Judd

Londinese, classe 1980, Amy Judd privilegia per i suoi dipinti il corpo femminile, accostandolo ripetutamente a una certa simbologia animale.
Ne consegue, incredibilmente, un’armonia di forma e colori, che appare perfetta nel raggiungimento ideale della vetta della ricerca estetica e nella perizia tecnica.
In special modo, nella riuscitissima fusione di DNA (quasi) apparentemente antitetici.
Anche se la cosmogonia egizia ci ha abituato storicamente a una concezione della divinità strettamente collegata a elementi umani e animali, quasi che, nel superamento della forma umana si celasse la via per l’eternità.


All’apparenza, quindi, le figure femminili di Judd sono complete, nei colori e nella forma, linee sinuose che si compenetrano e completano, quasi che il piumaggio, o le ali di farfalla, siano un prolungamento naturale di questa fusione interspecie, o divina.

Eppure, l’arte esprime concetti complessi attraverso le immagini. E le immagini altro non sono che simboli, ovvero contenitori di messaggi più profondi, quali che siano.
La forza di un simbolo è nella sua semplicità. Più semplice e chiaro è, più immediato è il messaggio che esso veicola.

E, guardando i dipinti di Amy Judd, considerando cosa stanno a rappresentare (e hanno rappresentato) gli elementi con cui contamina le figuri femminili, il messaggio appare oscuro, sepolcrale.

Le piume sono un tramite col mondo spirituale. Non dimentichiamo l’esempio più famoso e forse più antico: il dio Anubi pesava, all’ingresso dei defunti nel Regno dei Morti, i loro cuori con una piuma. Solo i possessori di cuori più leggeri della piuma poteva passare. Le piume venivano usate nei rituali per spazzare via i residui maligni nell’aria, per purificarla. Sono strettamente legate agli uccelli che, fin dall’antichità, certamente a causa della loro capacità di volare, sono stati considerati tramite e messaggeri degli dei, i cui voli andavano interpretati per conoscere il miglior modo di agire.
E quindi, chi s’ornava di piume aveva la capacità di parlare con esseri del mondo spirituale. Ovvero i defunti.

Le farfalle, d’altronde, erano simbolo dell’anima. La psiche. E, in certe filosofie, del controllo di essa, da esercitare tramite pratiche mentali.
Mettere a nudo la propria anima significa in qualche modo renderla oggetto e, quindi, in qualche modo, perdere su di essa il controllo, in favore di una forza esterna.

Forse sto sovrinterpretando, in questo caso, ma i lavori di Judd paiono suggerire un profondo disagio, o comunque rappresentare emozioni estreme, di fatto oggettivizzate (nelle tele), e quindi messe a disposizione del controllo altrui, nel più classico dei percorsi tra artista e fruitore dell’opera d’arte.
Si potrebbe aggiungere che non esiste, in realtà, un significato unico, in ciascuna creazione, e che esse abbiano tanti significati (neppure previsti dagli autori) quanti i fruitori.
Guardiamo la realtà come più ci piace. In questo caso, con una sfumatura sepolcrale potentissima.

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