Underground

Cavour Cacciatore di Vampiri – Capitolo 9: L’Odore della Notte

Attenzione! La seguente è un’opera di fantasia dai contenuti violenti, inadatta ai minori di spirito.

25 Dicembre 1835

Mi sembra di udire una risata infantile, giù dabbasso, in strada. Lascio stare la pistola, mi sporgo dalla balaustra. Pietro non è più nel vicolo. La notte sa di oppio, dolciastro e fetido, in qualche modo caldo. Mi arriva alle nari in mezzo al freddo.
I passi s’avvicinano, s’arrestano. La pianta d’uno stivale schianta i cardini arrugginiti. E poi, chiunque, sia, avanza piano, senza affanno.
Mi volto. L’uomo è magro, il capo chino e il viso scavato, coperto per metà dalla tesa del cappello. Il mantello è aperto, troppo in una notte dicembrina.
Germaine, dietro di lui, scende leggera, senza emettere un suono. Gli si fa dappresso. Poi diviene rapidissima. Le dita nell’incavo della spalla, nella clavicola, la destra sotto la mascella di quello, vicino all’orecchio. Il gesto, altrettanto naturale, è quello d’aprire una tenda.
Odo lo scricchiolio sinistro, sotto la carne e i muscoli. La testa dell’uomo si solleva d’un angolo inconsulto e poi s’affloscia, molle, dall’altra parte. La spalla sinistra s’allarga, i muscoli si tendono e si sfilacciano. Sulla camicia bianca, s’allarga veloce una macchia scura; fa un ricciolo di vapore, come un sussurro pronunciato a mezza bocca nell’aria gelida.
Lui invece resta immobile e zitto. Il cappello scivola a terra, si posa dopo aver compiuto un mezzo giro sulla tesa.
Lascia andare il corpo, e solo quando colpisce la pietra, distinguo netto il rumore dell’aria che schizza via dalla gola aperta.

Germaine si guarda le dita sporche. Poi guarda me. Mi accorgo solo allora che ho l’affanno. Deglutisco. Guarda ancora le dita, quindi mette in bocca l’indice. Sorride come una bambina, tenendolo tra i denti.
Sopraggiunge Pietro, pistola e coltello impugnato alla rovescia, per parare e poi squartare. Gli sfugge un grugnito di catarro.
«Felice sintesi» approvo.
Prendo Germaine per un braccio. Non m’asseconda. «Aiutami», mi rivolgo a Pietro.
Il cadavere dell’uomo si lamenta come una pecora, poi urla e si mette seduto, la testa penzoloni. La voce ormai esce dal collo, come l’aria.
Una goccia di sudore mi scivola sulla fronte, una punta di gelo. Il cuore pulsa e perde un battito, non mi capitava da quando ero ragazzo, quando incontrammo lo spettro delle risaie.
Pietro spinge via entrambi, poi calcia quella cosa sul mento. La testa ruota all’indietro, come il proietto d’una macchina d’assedio in tempi di spade e acciaio, neanch’egli fosse Orlando e possedesse tutta la sua forza.
Perché il senno, ormai, è perduto.

Vedo ancora Pietro che pianta lo stivale sul petto di quello, per tenerlo giù, fruga nelle tasche e prende la boccetta dell’olio per lanterna. La versa addosso e poi gli avvicina l’acciarino.
E lo vedo avvampare e scuotersi, come un ragno decapitato.
E ora la sua mano posa sul ripiano un pezzettino d’oppio. Incrocio il suo sguardo, senza proferir parola.
«Che intendi?» sbotto.
Afferra il mio coltello. Lo estrae dal fodero di cuoio. La lama è lucida d’olio. Splende. Ci tamburella sopra con le dita. Scuote la testa, scettico.
Prendo l’oppio. È ancora secco.
«Eri tu a fumare, prima?»

***

6 Dicembre 1844

Il rumore degli stivali rimbomba nel largo corridoio, sul marmo lucido e rosso alla luce del lume. Pietro, al mio fianco, trattiene il fiato osservando le steli d’alabastro disegnate di figure umane inespressive, intente ad assistere alla pesatura dell’anima.
L’aldilà non è luogo per sentimenti, quanto d’atarassia.
E caccia il respiro, soffocando una bestemmia, quando la testa di Anubi e i suoi occhi lucidi di pasta di vetro, vividi alla fiamma, sembrano posarsi su di noi. La statua è alta, su un basamento di pietra scura. Ai piedi, su un carrello di ferro battuto con ruote, il sarcofago. Polveroso e spoglio. Di legno che a guardarlo sembra marcio già da un secolo.
Sulla base della scultura, uno degli aiutanti della dama, che di giorno cataloga mummie, statuette votive e interpreta i disegni degli egizi, e di notte viola tombe, posa la lanterna. Dalla borsa di pelle attaccata al collo, prende un panno che adagia a terra, con suono metallico. Lo dispiega, srotolandolo. Sceglie un martello dalla testa quadrata, fatto d’ambra, e uno scalpello sottile. Li sfila dai passanti. Si fa accosto al sarcofago, individua la fessura, grattando via lo sporco, ci soffia sopra e, puntato il ferro, inizia a battere.
La Dama s’avvicina. «Dite, qual è stata la prima fanciulla assassinata?» chiede, nel frattempo osservando il lavoro.
«Una figlia di contadini, dalle mie parti. Solo che non è stata la prima a morire…»
Lo sguardo della donna s’accende, il sorriso si fa sornione e al tempo insolente. «E voi, come lo sapete?»
«Signora, queste intelligenze sono determinate da tempi ben precisi, come le sinfonie. Non una nota in più, non un giorno in più, o in meno.»
Si corruccia, dubbiosa, torna a fissare il sarcofago malmesso.
«Sapete cosa penso?» aggiungo, «Penso che questo dio sembra avere meno soldi del nostro Re.»

Tossisco fin sul portone di casa, ancora la polvere, e le migliaia di tarme alzatesi in una nuvola, all’apertura della tomba di Anubi. Un mucchio d’ossa fasciato di bende ammuffite su cui leggere una storia dei millenni, per chi ha occhi per capire. Nessun dio è risorto stanotte. Né da milleottocento anni a questa parte, così dicono.
Pietro ringhia. Poi sputa. Il portone è solo accostato.
Ci fermiamo un istante ad ascoltare. La strada è avvolta dalla sera nebbiosa. Nessun passante. Ci giunge lo sferragliare d’una carrozza, sembra lontano.
Michele è nel cortile, addossato a una colonna, la mano sul capo insanguinato, respira a stento. Più in là, le domestiche s’affacciano impaurite, una sull’altra, dietro una porta. Sorridono, ma hanno paura. Saliamo.
Una scia di sangue lungo il corridoio. Hanno trascinato fuori un corpo. La porta della stanza di Germaine sfondata a calci. A Pietro basta uno sguardo, poi s’affretta lungo il corridoio.
Fasci d’erbe bruciate e due teste d’aglio sparpagliate per terra, schizzi di sangue confusi, sul pavimento e sul muro accanto e più in là un pozza già rappresa.
Pietro ricompare sulla soglia, con in mano due moschetti. Un terzo in spalla. Me ne lancia uno. Poi s’incammina. Lo seguo.
Mentre scendiamo, colpi robusti al portone.
Apro, Pietro nascosto di fianco.
L’uomo in uniforme resta un attimo sorpreso. Lo riconosco, accompagnava il Re due notti fa.
«Eccellenza, d-dovete seguirmi, Signore.» balbetta. Le mani lungo i fianchi, la spada ancora legata.
«Cos’è successo?» faccio.
«Vostra Eccellenza…»
«Cosa! Dov’è il Re?» urlo.
«Il fatto è che… non se sono sicuro, Signore.»

Pagina del Risorgimento di Tenebra e capitoli precedenti QUI

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    • 12 anni ago

    Letto e apprezzato 😉
    Chiusura degna di un feutellion d’altri tempi.
    Bella la svolta action di questo capitolo.
    Avanti così, la rotta è giusta.

      • 12 anni ago

      Oh, grazie! ^^
      Le vicissitudini le sai, quindi tanto più gradito il tuo commento. 😉

    • 12 anni ago

    Niente, avevo detto che ti avrei letto dopo cena, ma non ho resistito. Cavour è Cavour, un pochino come ai tempi del Survival Blog che mi facevo le scorpacciate dei vari aggiornamenti in barba a impegni e quant’altro. E senza nulla togliere agli altri partecipanti del Risorgimento di Tenebra, Cavour è l’unico con cui sento questo attaccamento. 🙂

    Allora, ci sono due cose. La scena violenta nel pezzo del 1835. A tutti – a quanto vedo nei commenti – è rimasta impressa quella. Sì, è uscita bene, eh, molto di impatto. Però però, questa volta mi hai toccato in un altro punto, meno in primo piano, più subdolamente. Nel 1844, il pezzo da “Tossisco” fino a “sembra lontano”: mi ha dato questo senso di desolazione interiore veramente veramente violento. E non so nemmeno il perché. Mi ha colpito anche più dell’azione brutale di Germaine del 1835. 🙂

    La chiusura poi… cioè, c’è voglia di leggere ancora!

    Ciao,
    Gianluca

      • 12 anni ago

      Magari perché lì si respira un’aria apocalittica, in fondo. E noi a quella siamo legati, c’è poco da fare.
      Comunque, mi credi se ti dico che mi fa davvero, davvero piacere sapere che ti stia appassionando così tanto?
      Perché, inutile nasconderlo, io considero il mio Cavour una specie di esperimento, e per la storia del limite di parole, e per variare ritmo di narrazione rispetto al SB, stile e soprattutto per tentare una trama più complessa.
      Non hai idea, quindi, di quanto mi faccia piacere questo tuo commento. Vuol dire che sto arrivando al lettore e la cosa mi dà gioia.
      Grazie mille. ^^

    • 12 anni ago

    Allora, a questo punto Germaine è in assoluto il mio personaggio preferito. E questo capitolo è il migliore, almeno secondo i miei gusti di giovane violenta 😀
    E’ il più intriso di orrore fisico. Mi ha davvero mandato ai matti 😀

      • 12 anni ago

      Benissimo! Ora vado a stappare la bottiglia, devo festeggiare. Anche perché detto da te, è un complimentone, visto che so che ti piacciono (e parimenti temi) quel tipo di cose. ^^

    • 12 anni ago

    Bello, Germaine che “scosta la tenda” non è affatto male! La chiusura pulp ti è venuta molto bene, e la musica è… *__* A dir poco perfetta per Germaine! 🙂

      • 12 anni ago

      😀 Grazie, Marina. ^^

    • 12 anni ago

    se la lama è ingrassata non luccica, direi che è unta.

      • 12 anni ago

      Eh, hai colto un passaggio sul quale ho riflettuto parecchio. Allora, l’idea è che la lama comunque è unta per il freddo, per evitare che possa attaccarsi al fodero, cosa improbabile, ma possibile, però, contemporaneamente, ciò non evita il riflettersi della luce su di essa.
      E quindi, mi sono trovato in un circolo vizioso. Volevo anche sottolineare il fatto che fosse intonsa dal sangue. In quel momento Pietro ha capito che il tizio è stato attaccato non da Billo, ma da Germaine, in qualche modo.
      E allora, tu che suggerisci? ^^

        • 12 anni ago

        E giustamente, la luce non si riflette. Perfect. Thanks a lot! 😉

        • 12 anni ago

        al tempo di Cavour il grasso era solo animale e quindi opaco, certo se fosse ora una bella spruzzata di silicone spray o di crc e via!

        • 12 anni ago

        Ma perché, poi, il grasso diventa opaco? Io avevo in verità pensato a una distribuzione non uniforme.
        Comunque ho corretto. 😉

        • 12 anni ago

        Ok, adesso intervengo, vediamo come viene. Grazie, intanto! 😉

        • 12 anni ago

        direi lucida d’olio

    • 12 anni ago

    Bello bello bello!

      • 12 anni ago

      Thanks! 😉

    • 12 anni ago

    Una notte di Natale così… wow! Uno dei capitoli full-action migliori fin ora.

      • 12 anni ago

      Be’, mi fa proprio piacere. 😉 È che Germaine la vedo mentre fa quelle cose. 😀

    • 12 anni ago

    “La faccenda si complica” (cit.)
    Ed io sono curioso di sapere come 🙂
    Bella anche la scena di agressione vampirica con Germaine e complimenti per la scelta del quadro di Munch come illustrazione.

      • 12 anni ago

      Thanks!
      Vedremo come andrà a finire. 😀

    • 12 anni ago

    «Cosa! Dov’è il Re?» urlo.
    «Il fatto è che… non se sono sicuro, Signore.»
    TA TA TA TAAANNN !
    Ed il resto nella prossima parte !

      • 12 anni ago

      Che dici? Chiusura da libricino pulp, nevvero? 😀

        • 12 anni ago

        Ottimo. Ché stavolta l’ho proprio cercata l’atmosfera pulp. 😀 Anche nei dialoghi.

        • 12 anni ago

        Lo spirito è quello ! 😉

    • 12 anni ago

    Un po’ di musica. 😀 http://www.youtube.com/watch?v=WhTDOp4l8DU&feature=related