La Stanza Bianca

I difensori della normalità

Oggi ho discusso con qualche amico. E discutendo m’è tornato in mente un episodio che m’è capitato tempo fa.
E ve lo voglio raccontare.

Da circa due anni vivo in Alto Adige.
Ma sono nato giù, nel profondo sud.

Ci sono venuto prima col treno, ma le mie valige non erano di cartone eh, e poi, quando ho trovato l’amore, con la mia auto.

Sapete qual è stata una delle prime frasi che mi sono state rivolte poco dopo il mio trasferimento, dopo aver parcheggiato la macchina?

Eccola:

“Ehi, guarda che qua NOI parcheggiamo nelle strisce, mica come voi terroni!”

Ecco, sapete che questa frase non la dimenticherò mai?
Sono grande e grosso, mi so difendere da solo. Ma questa frase non la dimenticherò mai. Anche perché veniva da una donna…
Un misto di superiorità morale, genetica forse, e culturale.
Ah, OVVIAMENTE, terrone era detto per scherzo eh… OVVIAMENTE.

Mica come voi stronzi terroni che parcheggiate in doppia fila o come cazzo vi pare!

Poco conta che avessi parcheggiato perfettamente, all’interno delle strisce.

Sono un terrone, e quindi appartengo a un determinato gruppo sociale che condivide medesime caratteristiche.
Per cui sono abituato, e peggio ancora trovo lecito, violare il codice della strada come cazzo mi pare.

“Questa è l’essenza della discriminazione: il formulare opinioni sugli altri non basate sui loro meriti individuali, quanto alla loro appartenenza ad un gruppo con presunte caratteristiche.”

Non conta come io parcheggi. Siccome sono nato in meridione, allora parcheggio male.

Che poi, è vero, non mi nascondo dientro un filo d’erba, da me il traffico è più selvaggio, caotico, disordinato. C’è gente maleducata.
Ma io sono un individuo. Unico. Come tutti gli altri.
Non è la maggioranza dei comportamenti deteriori a determinare la mia essenza.

In parole povere: non è il mio essere nato in meridione che fa di me una creatura volgare tendente a violare la legge. A rubare. A commettere crimini e a sporcare in giro.

Sono un uomo che ha la sua vita, i suoi gusti, le sue passioni e le sue idiosincrasie come tutti gli altri uomini. E che, più di altri, è incline al confronto.

Per sgombrare il campo dai dubbi: non penso affatto che “quaggiù al nord” la popolazione sia razzista.
Lo penserei se stessi discriminando. Ma non lo penso, perché non è vero.
Sono stato accolto con affetto e simpatia.
Mi sono trovato bene. Mi sento a casa. È la verità.

Eppure, il virus della distinzione discriminante serpeggia sempre.
È difficile da eradicare.

È mascherato da battutine e da giochi di parole. E tu, tu che lo subisci, cosa sei, sei così sensibbbile, che non sai stare al gioco?
Non sai scherzare?

Sarà che riesco a distinguere uno scherzo da una cattiveria… sarà forse questo. Sarà che certe frasi, dette con un certo tono, danno fastidio.

È che per taluni sarà sempre più facile pensare a me come al “terrone”, piuttosto che come a Germano. Sarà sempre più facile pensare che una donna malmenata è una puttana che se l’è cercata, piuttosto che a una vittima di violenza, ai gay, gente strana a cui piace metterselo in culo, piuttosto che a persone con gusti differenti, agli immigrati come ladri e assassini piuttosto che come a gente che ha perso tutto a causa della guerra, e che sta impazzendo perché ha fame. Ha fame, cazzo. E non ha più speranza.

È sempre questione di punti di vista. Ma non tutti i punti di vista sono legittimi.

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