L'Attico

Melancholia

A tredici anni, il personal computer lo manovravo già da quattro. “Colpa” di papà, che nel Natale dell’85 decise di comprarmi un MSX. Modello già all’avanguardia, con lettore di cartucce a due slot incorporato. Non era un Apple, ché già all’epoca i costi erano esorbitanti e proibitivi per certe fasce di reddito, ma non era male.
Quattro anni dopo, fu la volta delle sale giochi, e, nel frattempo avendo appreso tutto il possibile in quanto a figaggine da un certo Jack Burton, bevendo filtri magici mescolati a sangue nero della terra, e rimasto folgorato e deluso, diciamocelo, dal non-bacio dato a Kim Cattrall, avevo un certo sogno per il futuro: una Ferrari Testarossa.
Vettura con la quale sfrecciare a tutta velocità su autostrade assolate, ai lati palme e cespugli che scorrevano velocissimi, traffico lento, utilitarie che erano scatole di sardine per cadaveri, bionda coi capelli frustati dall’aria a fianco, bellissima. Che rimaneva con me anche dopo esserci cappottati in curva, e aver sfasciato la Testarossa.
Un dettaglio su tutti, il cavallino che guardava a destra o a sinistra, a seconda della sterzata con la levetta del joystick…
Out Run, uno di quei giochi pericolosi che ti fa sognare la libertà selvaggia a tredici anni.
E poi capita che ventidue anni dopo, girovagando in internet, m’imbatto in questa foto qui a sopra, una macchina arcade per Mortal Kombat, abbandonata e impolverata come fosse sopravvissuta a un olocausto nucleare.
E arrivano i ricordi, confrontati con il presente. Tutto in questo post.

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Diversamente dai miei coetanei, non ho amato molto Dragon’s Lair. Non dico che non mi piacesse, ma… un tipo da GdR lo sono diventato tempo dopo, intorno ai sedici anni, per caso e per una breve parentesi, sono sempre stato più il tipo alla Double Dragon, Mortal Kombat, che era figherrimo perché i personaggi erano iperrealistici (be’, all’epoca lo erano ^^) e, per l’appunto, Out Run.
Oggi parliamo di archeologia, del passato ci restano i flipper, abbastanza resistenti, anche alle mode, per essere ancora prodotti, e qualche videogame sperduto in depositi dimenticati, che è un miracolo se funziona ancora. Meno male che ci sono i collezionisti…
Proprio così, siamo diventati adulti nell’era del passaggio al digitale, non essendoci fermati un attimo a soppesarne i rischi, perché il progresso era fantastico, e l’idea di vivere in un mondo buio solcato da luci color pastello, in cui programmi senzienti combattevano tra loro per la supremazia, non era affatto male. Sotto sotto, ci spero ancora adesso, di poterci riuscire, a raggiungere Quorra…
Pac-Man, ecco, lui ancora sussisteva in due piani, l’immateriale, al PC, e il materiale, il gioco da tavolo con fantasmini di plastica, dadi e palline di pasta di vetro bianche e gialle, pericolosissime.
Anche Zaxxon aveva una duplice natura.
Poi i giochi sono diventati solo byte e pixel e si sono traferiti in video. E, una volta passato il loro tempo, sono rimasti lì, a mettere polvere, o in streaming, su youtube, postati da spiriti affini e malinconici, che a vederli adesso, a scoprire che per finire Double Dragon, che in sala giochi pareva impresa impossibile, anche perché le monete non bastavano mai, occorre meno di un’ora, ti rendi conto di essere stato un fesso.

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Ma forse no, non era questione di abilità, era questione di immaginazione febbrile. I giochi non venivano giocati tanto per finire, quanto per viverli.
Il paradosso è che, a vederli con gli occhi di oggi, sembrano orribili. Ok, sono orribili. Sgranati, approssimativi, sostanzialmente stupidi, perché basati su meccanismi meccanici, non su vere e proprie trame.
Ma, e qui sta il punto, a tali grezzi e approssimativi supporti, arrivava la nostra fantasia, a colmare tutto. Ed ecco, ci apparivano fantastici, I migliori giochi a cui, a tutt’oggi, abbiamo avuto la fortuna di giocare.
Stesso discorso per i Librigame. Lupo Solitario e i Ramas, valgono da soli, quanto e più di mille film d’azione stupidi prodotti in serie. Perché le nostre avventure ce le siamo costruite. Non solo col tiro dei dadi.
Da un certo punto di vista, quindi, siamo abituati a sopperire alle presunte carenze, cosa che oggi non si fa più. Anche perché si ricerca un iperrealismo, nella confezione, che poi sfocerà nel più reale del reale, accompagnato dall’angoscia per essere finiti a pesce nella Zona Perturbante.
Pensavo, da scribacchino, che Fallout, uno dei giochi apocalittici più famosi, ha richiami stilistici ben precisi, non a caso. Ci si rifà all’era atomica, gli anni Cinquanta.
E, in un ipotetico futuro apocalittico, console di videogiochi abbandonate staranno a testimoniare l’inizio di tutto questo.
Un mondo in cui il fantastico lasciava ancora tracce di sé, quanto meno involucri colorati che, messi a nuovo, qualcuno ancora sfrutta come oggetti di arredamento a cui si guarda con una smorfia. Ché ancora non ci crediamo di essere finiti nella storia.
Oggi sono blu-ray e dvd a doppia densità. E merchandising che, a comprarlo, devi impegnare casa, ché laggiù in Giappone, ci credono ancora ai pupazzetti. Solo che oggi costano trecento euro, non tredicimila lire.
Un olocausto cancellerebbe gli ultimi trent’anni di storia, di giochi, di fantasie. Quelle che ormai si vivono senza alcun tipo di supporto, o per lo meno, non paragonabile in nessun modo a queste strane scatole coi televisori incorporati e scritte che stavano li apposta per toglieri gli spiccioli dalle tasche, sempre leggere, in ogni caso.
Per cui, quella foto, quel dragone nero con la lingua guizzante, è, in un certo senso, testimonianza della nostra era. Il confine ultimo. Nostro vanto, in quanto pionieri. Nostra soave malinconia, da adulti, guardando a un futuro immateriale.
Bellissimo.

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  • Un amico, ha un cabinato multigioco in sala. Dentro ci sono quasi 1000 giochi dell’epoca. Quando capito da quelle parti, non resisto e mi metto a giocare a Vendetta. Il bello è che se conosci la gente del giro, te lo porti a casa con poco, così anche i flipper.

    • Strano, perché i flipper ben tenuti, ormai sono oggetti di antiquariato, possono arrivare a costare anche 3000 euro. ^^

      • Magari col volante e i pedali. Per giocare Outrun come si deve. ^^

      • Conosco chi ha fatto un accordo, e con 500/800 euro iniziali, fa girare i flipper, cambiandoli una volta che è stanco. In effetti ci sono flipper rarissimi, ma tanti comuni. Io sarei più per il cabinato multigioco però 😉

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  • Ho passato la mia infanzia, e non solo, a mettere monetine o gettoni dentro queste macchinette, cercando sempre di fare quelloc he nessun altro era riuscito a compiere.
    I videogiochi erano un sogno (chi non ha mai dato di matto con la rotella di Arkanoid?) e devo ammettere che ancora oggi, al pensiero di averne uno in casa (magari proprio quel Wonder Boy che tanto mi ha derubato…) un brivido lo provo.

    Siamo cresciuti con Ken, Subzero, un dragghetto verde che sparava bolle e un bambino che lanciava arcobaleni… come si fa a dimenticarli?
    Io, perlomeno, non posso farlo, e forse non voglio farlo. Perché fanno parte di me, sono un pezzo della mia storia e credo sia giusto così.

    Mi ricordo ancora che ci si scambiavano segreti, metodi per superare quello o l’altro livello, sempre però rimanendo sul vago “perché dovevi essere tu quello figo”…
    Ecco, ora guardo il mondo e mi chiedo se anche i giovani d’oggi potrebbero, un giorno, avere gli stessi ricordi, provare quelle stesse emozioni, e finisco per capire che non è possibile, che loro hanno tutto già detto, già scritto, come un bel libro di cui si sa già il finale…

    • Sì, ma il bello è che, grazie a quella foto, ho scoperto che sono fighissimi anche oggi, spenti e coperti di polvere. Hanno una loro dignità. Sono come dei mostri addormentati.
      O forse sono il solito romantico… ^^

  • Beh , ma allora ci deve essere qualcosa nell’aria ! In questi ultimi giorni mi sentivo malinconico pure io…

    • Fino a qualche anno fa, ogni tanto rimettevo in moto il mega-drive. Ma già si sfocia negli anni ’90, che non mi sono mai piaciuti tanto. ^^

  • Sfondi una porta aperta, perché sai che adoro questo genere di post.
    Commentare è difficile, perché non so mai se parla l’Alex nostalgico dell’adolescenza passata, o se le mie sono osservazioni un minimo oggettive.
    Sta di fatto che, come dici tu, io i videogames dei nostri tempi non li “giocavo” soltanto, li vivevo. Ci pensavo anche quando erano spenti, pensavo alle partite fatte e a quelle da fare.
    Non solo: coi miei amichetti abbiamo riprodotto più di un videogioco a “gioco su carta”, stilando poche semplici regole copiate dai librogame. Un paio di dadi facevano il resto.
    Sicché c’era il gioco a dadi di Double Dragon, quello di Gauntlet (chi si ricorda Gauntlet?!?), quello di Street Fighter e via dicendo.
    Quello del calcio! Uno dei più riusciti 🙂

    Insomma, erano tutto fuorché attività passive.
    I videogiochi di adesso sono bellissimi, dettagliati a livello di film, eppure mi attirano poco. Sarà proprio perché lasciano pochissimo spazio all’immaginazione. Ti mostrano tutto (ti raccontano tutto). Non c’è spazio per far lavorare la materia grigia.
    Ovvio: è una considerazione generalista.
    Mi potrebbero smentire in molti, a partire da Giovanni di Minuetto Express

    Però le differenze le vedo, credo siano innegabili. Proprio quell’iperrealismo che citi tu mi fa passare la voglia di giocare. A questo punto datemi direttamente un film animato con le tecnologie da videogames (il che mi andrebbe bene), dove posso fare da spettatore.
    Ma se voglio stimolare la mia immaginazione preferisco tornare nei tunnel di Doom, a bassa definizione, ma inquietanti come pochi altri giochi visti da allora a oggi.

    Sono vecchio, lo so ^_^’

    • Io ricordo che sbavavo, quando si trovavano, sulle riviste di computer, piccoli trafiletti descrittivi dei personaggi di un gioco, persino giochi arcade di combattimento. Presupponevano un mondo più ampio, che magari ci sarebbe stato rivelato. E invece niente. Però era bello illudersi. Era bello attribuire personalità ai personaggi che governavamo con le levette.
      Erano belli anche i supporti, tutto sommato. Non si sarebbe saputo dove poterli mettere, dentro casa, ma l’idea di portarsi via qualche gioco dalla sala giochi era fortissima, ammettilo. 😀
      Adesso prendono polvere e ci regalano queste splendide fotografie. ^^

      • MASK! Hai tirato fuori una roba che avevo quasi rimosso… che storia! *__*

      • Ecco, io al massimo sognavo il Red Rose, che non mi fu concesso. Ma avevo già sedici anni, e dopo due anni avrei avuto la patente, più che l’automobile.
        E il fatto è che quelle avventure erano infinite, come infiniti erano i film tipo Gremlins, Indiana Jones. Cioè, duravano poco, ma non nella nostra testa. 😀
        Esatto, chi non sognava di essere addestrato da Tana delle Tigri? Be’, quello no, però avere delle maschere fighe come queste:

        http://www.youtube.com/watch?v=RQdgbs0IUDg

        magari, queste sì. 😀

      • Anche molte trame distopiche si sono avverate… Non le più pesanti, ma non siamo poi molto lontani dalle atmosfere del Running Man o di videogiochi come Double Dragon 😛
        A noi però sono stimoli che han fatto bene.
        Ne parlo spesso con la mia ragazza, che lavora in una scuola. A sedici anni ora il ragazzino-medio ha l’immaginazione settata sullo zero al quoto. Si pensa già a cose molto pratiche: l’auto (quelle senza patente qui vendono molto!), l’alcool, i locali, i vestiti etc etc. Tutto il percorso di creazione di un immaginario “fantastico” sta a zero, o al massimo si appoggia a qualche blockbuster di successo che va per la maggiore al cinema.
        E’ come se avessero cancellato quella fascia tra i 14 e i 18 anni, in cui era sacrosanto sognare di essere un karateka come Ryu o di guidare una Ferrari come in OutRun.
        A me questa cosa fa un po’ paura.

      • I bulli facevano parte del percorso di vita. 😀
        Erano anni molto ambiziosi anche, basta vedere i film che tanto ci piacciono ancora oggi. In teoria, eravamo convinti di riuscire a fare qualsiasi cosa. Be’, i touch screen, che già si vedevano in qualche film sci-fi, sono arrivati con un ritardo di vent’anni.
        Però, la cosa attraente è che quasi tutte le idee visualizzate in quel periodo, poi si sono avverate. A pensarci, è anche inquietante… ^^”

      • Sì, qualche bullo l’ho incontrato spesso anch’io, più nei bar qui in paese che al mare. Ci si spintonava un po’, volavano insulti alle rispettive madri, ma in fondo faceva parte della sana educazione di ogni ragazzo degli anni ’80 😀
        Riguardo alle questioni stilistiche devo dire che gli anni ’80 non erano secondi a nessuno. Io odiavo le pettinature delle ragazze, ma per il resto era tutto molto colorato, molto futuristico. Tra videogiochi, film di Italia 1 e cartoni animati ti sentivi parte di un mondo più grande, anche se magari vivevi in un paesino mortifero della Pianura Padana (o della provincia di Taranto).

      • Io qualche brutto incontro lo feci, in sala giochi, ma si trattava di bulli che ti maltrattavano per avere qualche gettone. Sì, come nei manga. XD
        Per il resto erano locali malfamati, ma in realtà molto tranquilli. E c’era gente che ci campava, facendo quel mestiere, rincoglionendosi a stare tutto il giorno in quei locali pieni di suoni sintetizzati. Ahahahah Xd
        Ora che ci penso, anche Vampire Bloodlines si rifa agli anni Ottanta, come scelta stilistica, monitor a fosfori verdi, vecchie macchie arcade per i videogiochi. Fu un epoca fighissima, anche dal punto di vista stilistico, al di là delle pettinature a panettone e delle giacche con le spalline. 😀

      • Sì, è vero, andavo matto per quei trafiletti!
        Tipo i personaggi di Street Fighter, in cui si svelavano nomi, origine, peso e altezza dei vari combattenti. Fantastici. Noi ci ricamavamo su un casino.

        L’atmosfera della sala giochi era unica! Io andavo al mare coi miei (Rimini) solo per due cose: per le bancarelle che vendevano fumetti usati a pochi spiccioli e per le sale giochi.
        Dopo cena loro andavano a passeggiare sul lungo mare e io stavo lì per un’ora abbondante a sera. Senza il pericolo di essere avvicinato da pedofili o chissà chi.
        Vent’anni che sembrano essere un’epoca geologica…